Stefano delbarba primo italiano a completare il triple everesting per sostenere la ricerca su malattie rare

Stefano delbarba primo italiano a completare il triple everesting per sostenere la ricerca su malattie rare

Stefano Delbarba ha completato il triple everesting sul monte Cima Trentapassi in 96 ore per raccogliere fondi destinati alla ricerca sulla cistinosi, coinvolgendo la comunità di Iseo e Brescia.
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Stefano Delbarba, ultratrail runner italiano, ha completato nel maggio 2025 il triple everesting sul monte Cima Trentapassi per raccogliere fondi a favore della ricerca sulla cistinosi, una malattia metabolica rara, unendo sport estremo e solidarietà. - Gaeta.it

Un’impresa sportiva senza precedenti ha visto protagonista stefano delbarba, ultratrail runner italiano che, nel maggio 2025, ha portato a termine il triple everesting, un’impresa estrema che consiste nell’affrontare tre volte consecutive il dislivello pari all’altezza dell’Everest. Lo scopo era raccogliere fondi per la ricerca su una malattia metabolica rara che colpisce pochi pazienti in italia. Questa sfida estrema si è trasformata in un momento di solidarietà e vicinanza verso chi combatte con malattie poco conosciute.

La sfida del triple everesting e il percorso su cima trentapassi

Stefano Delbarba, originario di Iseo vicino a Brescia, ha deciso di affrontare il triple everesting scegliendo come punto di riferimento il monte cima trentapassi, una salita impegnativa che ha scalato 52 volte di seguito per coprire quasi 27mila metri di dislivello totale. In 96 ore e mezza, senza mai fermarsi completamente, ha percorso la salita e la discesa, alimentandosi con ciò che riusciva a tollerare. Nei primi giorni ha consumato cibi solidi come pane e pasta, poi ha dovuto ridurre la dieta a yogurt e minestre liquide a causa di problemi allo stomaco.

Il percorso ha richiesto una resistenza notevole, sia fisica sia mentale: passare così tante ore in movimento continuo rappresenta una prova dura anche per un atleta esperto. Stefano ha affrontato ogni tratto mantenendo il ritmo e focalizzandosi sull’obiettivo solidale. Non è stato solo un test di forza e resistenza, ma anche una dimostrazione di volontà e dedizione, perché la sua fatica era finalizzata a qualcosa di più grande: sostenere la ricerca scientifica contro una malattia rara.

L’impegno per la cistinosi e il sostegno alla ricerca

Una delle motivazioni principali di questa impresa è stato il supporto alla raccolta fondi per la cistinosi, una malattia metabolica ereditaria che colpisce in italia circa cinquanta persone. Questa condizione limita le opzioni di trattamento e le case farmaceutiche mostrano scarso interesse verso i farmaci necessari a curarla. Stefano ha incontrato alcune associazioni un anno prima, ed è nato il progetto di usare questo tipo di impresa sportiva per raccogliere risorse.

Le cure sono disponibili solo fino ai diciotto anni, ma superata questa soglia i pazienti devono fare affidamento su sé stessi, con costi e difficoltà elevate. Stefano già l’anno precedente aveva aiutato a organizzare eventi simili, validi ma meno evidenti. Stavolta, per attirare un’attenzione maggiore, ha scelto di triplicare il traguardo classicamente raggiunto con il double everesting. Questo ha portato non solo visibilità ma anche donazioni che, sommate alle offerte di sponsor e partner, hanno superato i cinquemila euro.

Come la solidarietà ha sostenuto la corsa di stefano delbarba

Durante le quattro giorni di corsa, la presenza di Stefano non é passata inosservata alla comunità locale. Sua sorella si è posizionata all’inizio del percorso con un gazebo informativo e ha raccolto donazioni da chi vedeva l’atleta affrontare la salita più volte. Alcuni passanti, spinte dal gesto, hanno deciso di accompagnare parte del percorso a piedi e in questo modo condividere almeno una parte dello sforzo. La scelta temporale, in concomitanza con il ponte del primo maggio, ha permesso un afflusso maggiore di curiosi e sostenitori.

L’evento ha combinato sport e solidarietà in un momento di aggregazione. L’attenzione su malattie poco conosciute si è alimentata grazie a questa iniziativa sul territorio. L’impegno personale di Delbarba è stato un catalizzatore per coinvolgere altri cittadini nel dare un contributo concreto. Lo sport, nelle sue forme piu estreme, in questo caso ha fatto leva su valori umani e sociali restituendo attenzione a chi lotta con problemi difficili e poco visibili al grande pubblico.

Il percorso sportivo di stefano delbarba e la disciplina quotidiana

Stefano Delbarba ha alle spalle numerose imprese di ultratrail. Nel corso degli anni si è misurato per due volte con il Tor des Geants, considerato il trail più duro del mondo. La passione per la corsa nasce circa dieci anni fa dopo un periodo difficile della sua vita personale. Ha trovato nella fatica fisica una valvola di sfogo e ha iniziato a cimentarsi con la salita della cima trentapassi, un percorso impegnativo dove la stanchezza si fa sentire fin dalla prima volta.

Oggi Stefano coniuga l’attività sportiva con il lavoro da carpentiere, organizzando allenamenti con Metodo scientifico e una routine precisa. Ama correre di notte, spesso in solitudine, per affrontare percorsi che richiedono concentrazione e tranquillità. La giornata tipo prevede allenamenti prima e dopo il lavoro, due momenti dedicati alla corsa, con un ritmo che sembra scandire anche i pensieri più importanti della sua vita. La fatica non viene mai sottovalutata, ma l’impegno continua senza pause inutili.

La concentrazione e la forza mentale durante l’impresa estrema

Durante le 96 ore e più della sua impresa, stefano delbarba ha mantenuto una tenuta mentale notevole. La testa si riempiva di pensieri legati alla famiglia, al lavoro e quello che lo aspettava dopo la prova. Nonostante la stanchezza crescente, non ha mai perso il controllo e non ha percepito la fatica come un limite insuperabile.

La motivazione a sostenere la ricerca e aiutare i malati ha giocato un ruolo centrale. E’ emerso come, in situazioni estreme, lo sguardo verso un obiettivo altruistico renda le ore di corsa meno pesanti e più sopportabili. Entrare in quello che lui chiama il suo mondo, perso tra scalinate su e giù, ha funzionato da elemento salvifico. In questo senso, l’esperienza di Delbarba dimostra anche come la mente e il corpo si sostengano a vicenda nello sport agonistico di lunga durata.

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