Statuette con tratti africani nel deserto del Negev riscrivono la storia culturale del VI secolo

Statuette con tratti africani nel deserto del Negev riscrivono la storia culturale del VI secolo

Scoperta a Tel Malḥata nel Negev di statuette antropomorfe con tratti africani in tombe cristiane del VI secolo d.C., che testimoniano migrazioni, scambi culturali e continuità etnica nelle comunità locali.
Statuette Con Tratti Africani Statuette Con Tratti Africani
Il ritrovamento di statuette antropomorfe con tratti africani a Tel Malḥata nel Negev evidenzia nel VI secolo d.C. un intenso scambio culturale e un equilibrio tra tradizioni etniche e pratiche cristiane nelle comunità locali. - Gaeta.it

Un ritrovamento archeologico vicino a Tel Malḥata, nel Negev meridionale, sta offrendo nuove informazioni sui legami culturali tra diverse comunità del VI secolo d.C.. Le statuette antropomorfe scoperte nella necropoli della valle di Arad rappresentano figure umane con distinti lineamenti africani e provengono da contesti funerari cristiani abitati da donne e bambini. Questi oggetti illustrano come le popolazioni locali intrecciassero tradizioni lontane, facendo emergere una storia di migrazioni e scambi culturali mai documentata prima con tale chiarezza nell’area.

Il ruolo strategico di tel Malḥata nelle rotte antiche del deserto

Tel Malḥata fungeva da snodo centrale lungo le rotte commerciali che collegavano la penisola arabica con il Mediterraneo, passando per il subcontinente indiano e l’Africa orientale. Gli scavi hanno portato alla luce oggetti provenienti da aree distanti, come vetri finemente lavorati, pietre preziose rare, braccialetti in bronzo e alabastro. In mezzo a questi reperti spiccano le statuette, scolpite in materiali preziosi come osso e legno di ebano, questo ultimo proveniente dall’India meridionale e dallo Sri Lanka.

Forme umane con tratti africani

Le forme umane raffigurate rivelano tratti somatici africani marcati, una chiara testimonianza di contatti con quella regione. Alcune statuette presentano fori nelle sommità, probabilmente per indossarle come amuleti o pendenti. Questo uso suggerisce che i viaggiatori o le famiglie locali le considerassero simboli portatori di protezione o di identità, custoditi o tramandati nel tempo. In effetti, la presenza di questi oggetti conferma la natura multiculturale di quel luogo, punto di passaggio e scambio tra persone di origini diverse.

Statuette e significato nelle sepolture cristiane del VI secolo

Le statuette non sembrano aver avuto solo una funzione decorativa. I ritrovamenti si trovano accanto a corpi sepolti, in tombe riconducibili al periodo romano-bizantino, in particolare nel VI-VII secolo d.C. Il loro posizionamento accanto ai defunti indica un valore affettivo o spirituale importante, legato a pratiche rituali cristiane. Scavando nella doppia sepoltura di una donna e un bambino, forse madre e figlio, sono state rinvenute due statuette. Questo dettaglio rafforza l’ipotesi che tali oggetti accompagnassero i defunti come segni di protezione o ricordo.

Un legame tra fede e tradizione etnica

La presenza di questi artefatti lascia intendere che le comunità cristiane dell’epoca mantenessero consuetudini antiche non del tutto soppresse dalla nuova fede. L’uso di statuette con caratteristiche africane rivela un legame con le origini etniche, preservato malgrado la conversione al cristianesimo seguisse un quadro rituale diverso. I reperti testimoniano quindi una stratificazione di significati, dove il culto religioso si affianca a pratiche familiari o tribali resistenti al cambiamento.

Continuità etnica e culturale nelle comunità del negev antico

Lo scavo coordinato dall’Israel Antiquities Authority, con la partecipazione di studiosi come il dottor Noé D. Michael e altri esperti, evidenzia come queste statuette rappresentino un ponte tra culture e tempi. Su queste basi, si ipotizza la presenza di gruppi con radici africane migrati nel Negev, composti da mercanti, famiglie miste o persone di passaggio. Le statuette, infatti, sembrano incarnare memorie ancestrali, probabilmente fungevano da simboli identitari.

Un equilibrio tra religiosità e tradizione

Questa doppia appartenenza si manifesta come un equilibrio tra nuove forme di religiosità e la conservazione di elementi della tradizione etnica. Le statuette non sono solo reperti artistici, ma testimonianze tangibili di chi si muoveva dentro un intreccio di culture diverse, tra radici africane e vita nel deserto israeliano. In quel periodo, molte comunità affrontavano trasformazioni religiose e sociali; questi oggetti rivelano come una parte di identità personale e collettiva fosse preservata anche dentro le pratiche cristiane.

Un messaggio storico che risuona oggi nei contesti di migrazione

Il direttore dell’Israel Antiquities Authority, Eli Escusido, ha definito la scoperta importante dal punto di vista umano e archeologico. Questi oggetti, emersi da un deserto abitato secoli fa, raccontano incontri tra popoli diversi e movimenti di persone che hanno lasciato tracce di sé, oltre i confini geografici. Il ritrovamento di Tel Malḥata rimanda a un passato in cui migrazione ed integrazione sono stati parte integrante delle società.

Le statuette, con le loro forme e le storie racchiuse, invitano a riflettere sulle complesse sovrapposizioni di identità che caratterizzavano il VI secolo nel Negev. In un tempo in cui la ricerca di radici culturali è attuale, questi reperti offrono uno specchio su come l’uomo abbia sempre dialogato con diverse origini e tradizioni. Oltre all’interesse storico, emergono così temi di identità e memoria che ancora oggi attraversano le comunità umane.

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