L’attacco israeliano contro un sito nucleare iraniano ha scatenato reazioni diplomatiche in tutto il mondo. Stati Uniti hanno riaffermato il proprio sostegno militare a Israele, mentre la Russia propone un ruolo di mediazione per fare da ponte tra le parti. Le cancellerie europee, invece, chiedono moderazione per evitare ulteriori tensioni in una regione già segnata da conflitti. La situazione resta fluida e sotto osservazione, con il rischio concreto di un’escalation.
Sostegno militare degli stati uniti a israele e limiti dell’intervento diretto
Dopo l’attacco israeliano a un impianto nucleare in Iran, l’ex presidente degli Stati Uniti Donald Trump ha ammesso di essere stato avvisato in anticipo sull’operazione. Ha però negato un ruolo diretto americano nell’attacco, specificando che Israele ha impiegato materiale militare «eccezionale», in parte fornito dagli Stati Uniti. Ha lasciato intendere che gli Stati Uniti continueranno a rifornire Israele con armi e tecnologie militari.
Nonostante questo supporto, Trump ha spiegato che Washington non può consegnare a Israele le cosiddette «bunker buster», bombe in grado di colpire strutture sotterranee come quelle di Natanz, l’impianto nucleare iraniano preso di mira. Questi ordigni sono troppo pesanti per essere trasportati dagli aerei israeliani, richiedendo velivoli specializzati come i bombardieri strategici B-2 o B-52. Israele non dispone di questi mezzi, limitando così le possibilità di condurre attacchi diretti contro obiettivi profondamente protetti.
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Strategia statunitense fra sostegno indiretto e autonomia israeliana
L’ammissione mostra una strategia americana improntata a un sostegno indiretto, pur mantenendo un ruolo importante nell’appoggio a Israele sul piano logistico e tecnologico. Gli Stati Uniti forniscono arsenale e informazioni riservate, ma permettono a Israele un margine di autonomia sul terreno. Questo approccio consente a Washington di evitare un coinvolgimento formale diretto, salvaguardando allo stesso tempo la propria posizione strategica nella regione.
Trump ha anche richiamato la sua linea severa nei confronti del programma nucleare iraniano, ricordando di aver dato a Tehran un ultimatum di sessanta giorni per arrivare a un accordo. Proprio nel giorno della scadenza, ha avvertito che le conseguenze potrebbero diventare gravi, lasciando intendere che gli attacchi israeliani potrebbero essere solo l’inizio di una pressione più forte.
Reazioni diplomatiche globali e ruolo dell’onu
Lo scenario diplomatico si è mosso rapidamente subito dopo l’attacco israeliano, con molte capitali mondiali in attesa della situazione. Il consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite si è riunito in sessione straordinaria su richiesta dell’Iran la sera del 13 giugno 2025, per affrontare le conseguenze dell’incursione sul suolo iraniano. Parallelamente, Rafael Grossi, direttore dell’Agenzia Internazionale per l’Energia Atomica, ha stigmatizzato l’attacco definendolo una «grave violazione del diritto internazionale».
Impegno dell’Aiea per la sicurezza nucleare in iran
Grossi ha confermato la disponibilità dell’Aiea a inviare ispettori agli impianti nucleari iraniani, per controllare che la sicurezza delle strutture non sia compromessa. È prevista una nuova riunione straordinaria dell’agenzia per lunedì, durante la quale dovrebbero essere discussi ulteriori provvedimenti per monitorare la situazione e prevenire un’escalation militare.
Anche i leader europei sono intervenuti rapidamente. Il premier britannico Keir Starmer, il cancelliere tedesco Friedrich Merz e il presidente francese Emmanuel Macron hanno avuto scambi telefonici con il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu. Macron ha sottolineato il diritto di Israele a difendersi, mentre Merz ha riconosciuto la legittimità della protezione della sicurezza israeliana, ma ha avvertito entrambi i paesi a evitare azioni che potrebbero destabilizzare la regione.
Starmer ha ribadito la necessità di un’immediata riduzione delle tensioni, chiedendo cautela e misura nelle risposte militari. La presidente della commissione europea Ursula von der Leyen ha espresso un appello per la massima moderazione da parte di tutti gli attori coinvolti, evitando comportamenti che potrebbero provocare un’escalation incontrollata.
Offerta di mediazione della russia e la tensione in medio oriente
La posizione russa ha assunto un ruolo chiave nell’orientare gli sviluppi del conflitto. Il presidente Vladimir Putin ha condannato con fermezza l’attacco israeliano, definendolo «categoricamente inaccettabile». Durante una telefonata con Netanyahu, ha enfatizzato la necessità di riprendere un dialogo diplomatico per risolvere le controversie sul programma nucleare iraniano senza ricorrere alla forza.
Putin ha offerto la disponibilità della Russia a mediare tra Israele e Iran, proponendo di mantenere aperti canali di comunicazione diretti con entrambe le parti. L’obiettivo dichiarato è prevenire una crisi ancora più vasta che potrebbe coinvolgere l’intera regione mediorientale. La proposta di Mosca vuole affiancarsi agli sforzi diplomatici internazionali, inserendosi come interlocutore capace di dialogare con attori spesso percepiti come lontani da Washington o dalle capitali europee.
La tensione in Medio Oriente resta alta, e la reazione internazionale si concentra ora sulla capacità di evitare che scontri localizzati si trasformino in un conflitto su larga scala. L’attenzione è tutta sulle prossime mosse di Israele, Iran, Stati Uniti e attori europei, mentre il rischio di una destabilizzazione regionale incide sulle strategie e le risposte dei governi coinvolti. La mobilitazione di organismi internazionali come l’Onu e l’Aiea testimonia la delicatezza del momento e la necessità di un confronto serrato sui fatti verificati più che sugli annunci.