Milano si conferma la città italiana con il maggior numero di pazienti sieropositivi registrati nell’ultimo decennio. L’evoluzione delle cure e l’impegno di medici e ricercatori offrono nuove possibilità di gestione della malattia anche per chi fatica a seguire le terapie tradizionali. Al contempo, resta aperta la questione delle persone non diagnosticate a causa di barriere sociali e stigma persistenti.
Nuovi orizzonti nella terapia a lunga durata per i pazienti con hiv a milano
La terapia a lunga durata, basata sui farmaci cabotegravir e rilpivirina, rappresenta un passo avanti importante nella lotta all’Hiv. Questa terapia prevede un’iniezione ogni due mesi, offrendo una valida alternativa alla classica terapia orale giornaliera. L’Università Bicocca e l’Ospedale Niguarda di Milano hanno condotto uno studio su pazienti con carica virale ancora rilevabile, spesso dovuto a scarsa adesione alla terapia orale quotidiana.
Un dato significativo dallo studio
Il dato più significativo dello studio è che, anche nei casi più complessi, oltre il 75% dei partecipanti ha raggiunto la soppressione virale. Questo dimostra che la terapia a lunga durata può garantire un controllo efficace del virus, anche in pazienti considerati fragili o discontinui nel trattamento. In città , dove il numero di casi è così alto, queste novità rappresentano un’opportunità concreta per migliorare la gestione clinica. La modalità di somministrazione meno frequente può ridurre il peso delle terapie e migliorare la qualità della vita dei pazienti.
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Questi risultati sono stati presentati durante l’Icar che si è svolta a Padova, un evento che ha radunato oltre 1.200 tra medici, ricercatori, infermieri e operatori del settore. La conferma dell’efficacia della long-acting therapy apre la strada a un ampliamento degli approcci terapeutici contro l’Hiv, soprattutto in contesti urbani come Milano dove il fenomeno resta particolarmente rilevante.
Il problema delle diagnosi mancanti e il peso dello stigma sociale
Milano non ha solo il più alto numero di pazienti diagnosticati, ma deve fare i conti anche con un ampio numero di persone che convivono con l’Hiv senza saperlo. Secondo le stime emerse a Icar, almeno 9.000 persone positive al virus non si sono sottoposte al test. La difficoltà nell’accesso al controllo sanitario è aggravata da pregiudizi sociali e stigma che spingono molti a evitare il screening.
Gruppi a rischio e sfide sociali
Gli esperti sottolineano che gruppi come i migranti e chi vive situazioni di marginalità sociale sono tra i soggetti più a rischio e più difficili da raggiungere. Paolo Meli, di Comunità Emmaus e referente di Ftc Bergamo, ha indicato queste persone come una priorità per le campagne di screening e cure. La mancata diagnosi e l’interruzione delle terapie aumentano il rischio di trasmissione e ostacolano l’azzeramento della diffusione del virus.
Il raggiungimento della soppressione virale non protegge solo chi vive con l’Hiv, ma agisce anche come misura di salute pubblica per impedire nuove infezioni. Secondo le stime, circa 25mila persone in Italia hanno un’infezione attiva, ma gran parte di esse fatica a mantenere il trattamento o non è ancora stata diagnosticata. Puntare su una maggiore diagnosi e sul supporto all’adesione alle terapie favorirebbe una diminuzione netta del contagio.
Iniziative di prevenzione e screening nel cuore di padova durante il convegno icar
Durante i tre giorni della conferenza Icar a Padova, la prevenzione si è spostata anche in strada, coinvolgendo i giovani con iniziative pratiche. In collaborazione con la Fondazione Carlo Foresta e la Croce Rossa Italiana, presso gli spazi della rassegna Il Naviglio, è stata allestita una clinica mobile rivolta soprattutto ai più giovani.
Dati e obiettivi delle campagne di screening
I dati confermano che la fascia giovane è particolarmente sensibile alle prevenzioni sulle malattie sessualmente trasmissibili, e i test rapidi rappresentano uno strumento efficace per identificare nuovi casi in tempo. L’obiettivo delle serate di screening è arrivare a 2.000 test rapidi in totale sulle varie giornate programmate, compresa una sessione supplementare prevista per il 28 maggio.
Questa presenza sul territorio, in un contesto universitario e accessibile, facilita l’accesso al test per chi potrebbe avere difficoltà o timori nel rivolgersi ai servizi tradizionali. La partecipazione al convegno guidato da Annamaria Cattelan, direttore dell’Uoc Malattie Infettive di Aou Padova, ha evidenziato come l’integrazione di eventi scientifici e interventi concreti possa sostenere la lotta all’Hiv sia nella diagnosi precoce che nel trattamento.