Sondaggio choc su femminicidi in una scuola di bassano del grappa: la protesta di Women for Freedom

Sondaggio choc su femminicidi in una scuola di bassano del grappa: la protesta di Women for Freedom

Un sondaggio in una chat di studenti a Bassano del Grappa ha suscitato indignazione per i toni crudeli sul femminicidio; Women for Freedom denuncia la necessità di educazione al rispetto nelle scuole.
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Un sondaggio offensivo su femminicidio in una chat scolastica di Bassano del Grappa ha suscitato indignazione, evidenziando la necessità di educazione al rispetto e sensibilizzazione contro la violenza di genere nelle scuole. - Gaeta.it

Un sondaggio comparso in una chat di studenti a Bassano del Grappa ha sollevato proteste e indignazione per i toni crudeli con cui è stato affrontato il tema del femminicidio. La chat Whatsapp chiedeva agli studenti di esprimersi sul “merito” delle vittime di tre episodi di violenza estrema, generando una reazione forte da parte di associazioni e opinione pubblica. Women for Freedom, attiva nella lotta contro la violenza di genere, ha denunciato la gravità di questo fatto. Il caso mette in luce la necessità di educazione al rispetto nelle scuole e la sensibilizzazione su fenomeni sociali così delicati.

Il contesto del sondaggio e la sua diffusione

Il fatto è emerso a Bassano del Grappa, in provincia di Vicenza, dove in una chat tra studenti è stato condiviso un sondaggio che chiedeva di valutare chi tra tre donne uccise in casi di femminicidio “si meritasse di più di essere uccisa”. Un messaggio con contenuti così crudeli e insensibili è stato segnalato e pubblicato dal profilo social di Women for Freedom, che ha denunciato immediatamente la gravità della situazione. La chat risale a un gruppo scolastico, anche se l’associazione non ha voluto rivelare né il nome della scuola, né l’identità di chi ha promosso il sondaggio.

Questo episodio ha creato indignazione perché mostra un problema culturale radicato: non solo il femminicidio rimane un’emergenza reale con frequenti casi di cronaca, ma a volte la società ancora non comprende, o rifiuta di comprendere, la profondità della ferita che queste violenze lasciano. L’associazione ha definito questo sondaggio come una “mancanza totale di empatia”, non una semplice bravata o una battuta fuori luogo.

Il fatto è rilanciato in un momento in cui in Italia si registrano ancora episodi gravissimi di violenza contro le donne, come dimostra la notizia di tre nuovi femminicidi avvenuti proprio il giorno successivo alla scoperta del sondaggio. La vicenda va inserita quindi in un quadro più ampio di riflessione sulla cultura del rispetto e dell’educazione che manca, soprattutto tra i giovani.

La posizione di women for freedom e la richiesta di responsabilità

Women for Freedom ha sottolineato la serietà dell’accaduto e il danno reale inferto quando si scherza con temi come la vita e la morte di persone vittime di violenza. L’associazione critica chi tende a minimizzare tali situazioni invocando la scusa che “sono solo ragazzi”. Chi ha ideato il sondaggio, infatti, ha consapevolmente scelto di ignorare il dolore provocato, calpestando la memoria e la sofferenza delle vittime.

Luisa Rizzon, presidente di Women for Freedom, ha poi evidenziato che questa vicenda non è un problema che può rimanere confinato tra le mura di una classe. La gravità di quel messaggio impone un intervento degli educatori, delle famiglie e dell’intera comunità scolastica. L’associazione invita a una riflessione complessiva che parta da un lavoro di educazione al rispetto.

Il contributo di ogni individuo, dal singolo studente fino agli insegnanti e i genitori, diventa fondamentale. Piccoli gesti, parole scelte e la lotta quotidiana contro stereotipi e pregiudizi possono cambiare quella mentalità che troppo spesso tollera o giustifica violenze e discriminazioni. Rizzon ha inoltre comunicato la disponibilità di Women for Freedom a incontrare docenti e allievi per confronti educativi, sempre rispettando l’anonimato sia degli studenti coinvolti sia della scuola.

Implicazioni educative e sociali per il mondo scolastico

Il caso di Bassano propone uno spunto importante su quanto serve nelle scuole oggi. Educare a riconoscere la violenza non come un tema distante o astratto, ma come una realtà che colpisce persone in carne e ossa. Le parole e i messaggi trasmessi tra studenti, anche quelli condivisi in chat private, riflettono la capacità o meno di una comunità di studenti e insegnanti di affrontare temi impegnativi.

Serve un lavoro capillare per spezzare quelle narrazioni sbagliate e spesso stereotipate su genere, rancore, sopraffazione. La presenza costante di nuove sfide come l’uso dei social e delle chat rende necessari strumenti più efficaci per prevenire atteggiamenti di indifferenza, derisione o violenza simbolica.

Il ruolo degli educatori e delle famiglie

L’episodio, proprio per la sua crudezza, rappresenta un campanello d’allarme per chi nella scuola lavora quotidianamente con i giovani. È chiaro che non bastano conoscenze superficiali o lezioni sporadiche sull’argomento. Le storie tragiche delle vittime di femminicidio devono essere occasione di riflessione profonda, confronto, educazione civica e umana.

Donne, uomini, educatori e famiglie hanno un compito complesso nel costruire ambienti scolastici in cui non si respiri odio o ignoranza ma rispetto e consapevolezza. Questa vicenda dimostra quanto sia ancora lontana questa meta.

La cronaca dei femminicidi ancora in aumento

Non a caso la diffusione del sondaggio fa seguito a nuovi casi gravi avvenuti in Italia. Il giorno dopo la scoperta del fatto a Bassano, altre tre donne sono state uccise nel nostro Paese. Questi numeri raccontano che il femminicidio resta un problema drammatico e reale, con vittime che ogni volta segnano la cronaca nera nazionale.

La continuità di questi episodi mette in evidenza il fallimento di molti tentativi di prevenire la violenza. Lo sdegno pubblico può portare alla segnalazione e a iniziative di contrasto, ma le cause profonde restano radicate in una cultura spesso ancora indifferente o permissiva.

Per questo si richiede che scuole, istituzioni, associazioni e società civile aprano nuovi fronti di impegno. La violenza contro le donne riguarda tutti, la sua prevenzione parte anche dalle comunità più piccole, dalle aule scolastiche, dalle famiglie, dai dialoghi quotidiani.

Questa vicenda così vicina nel tempo e nello spazio, diventa quindi simbolo di una sfida sociale ancora aperta. La strada per un cambiamento culturale e civile efficace è lunga e richiede azioni concrete, responsabilità collettive e un lavoro costante nella vita di tutti i giorni.

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