La Flai Cgil ha promosso una mobilitazione davanti alla Prefettura dell’Aquila per denunciare il lavoro nero e lo sfruttamento nella filiera agroalimentare, con particolare attenzione all’agricoltura locale. La protesta ha coinvolto rappresentanti territoriali di Chieti, L’Aquila, Pescara, Teramo e del Molise. Tra i punti cardine della manifestazione, la richiesta di misure di sicurezza più stringenti per i lavoratori e un monitoraggio più incisivo del fenomeno, anche in vista dei prossimi referendum.
La mobilitazione contro il lavoro nero e la violenza sul lavoro nella filiera agroalimentare
I sindacati hanno scelto di scendere in piazza all’Aquila per richiamare l’attenzione su un tema che rimane ancora molto presente nel territorio abruzzese e molisano. Il lavoro nero rappresenta una piaga soprattutto nelle aree agricole della Marsica e del Fucino, tra le zone più colpite da forme di caporalato e sfruttamento. Durante il sit-in è stato ricordato il recente episodio del bracciante ferito, abbandonato davanti all’ospedale di Pescina , che ha riacceso il dibattito sulle condizioni di sicurezza in campo agricolo.
La protesta si è concentrata anche sull’impatto delle pratiche illegali nella gestione dei lavoratori, con richieste rivolte alle istituzioni affinché si adottino misure più efficaci per prevenire incidenti e abusi. La filiera alimentare, spingendosi ben oltre l’agricoltura, coinvolge anche l’agroindustria e la pesca, dove le condizioni di lavoro restano precarie e spesso fuori da ogni controllo.
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La richiesta di attivare sezioni inps territoriali per controllare il lavoro irregolare
Tra le istanze portate avanti dalla Flai Cgil emerge la necessità di attivare sezioni territoriali dell’Inps dedicate, così da rendere più semplice il monitoraggio delle aziende agricole e degli altri settori coinvolti. Questi presidi locali sarebbero fondamentali per applicare davvero la Legge 199/2016 contro il caporalato e mettere sotto osservazione le situazioni di irregolarità.
La segretaria della Flai Cgil Abruzzo Molise, Nadia Rossi, ha sottolineato che attualmente mancano dati affidabili sull’entità del lavoro irregolare in regione. Sul piano nazionale, invece, sono segnalati circa 200mila lavoratori sfruttati, mentre in Abruzzo il tasso di irregolarità nelle imprese agricole nel 2024 ha superato il 68%, un aumento notevole rispetto all’anno precedente. Senza un numero certo su cui basarsi, il sindacato fatica a elaborare strategie efficaci per contrastare il fenomeno.
Attenzione a lavoratori agricoli, pesca e agroalimentare nelle aree interne e costiere dell’abruzzo
Non è solo l’agricoltura in senso stretto a subire l’impatto dello sfruttamento. Anche chi opera nella pesca commerciale e nell’agroindustria artigianale sperimenta condizioni di precarietà e abuso. La presenza del sindacato all’Aquila vuole testimoniare un’attenzione estesa, non limitata alle zone costiere, ma che riguarda anche le aree interne più isolate dove i lavoratori affrontano difficoltà analoghe.
Nadia Rossi ha richiamato l’esigenza di risposte legislative che coprano tutte le categorie di lavoratori interessate, non solo quelle agricole. La sensibilità sui temi della sicurezza, della legalità e dei diritti lavorativi deve includere chi opera lungo tutta la filiera. La mobilitazione di oggi segue una linea di intervento collettivo, al quale servirà dare continuità nel prossimo futuro, anche attraverso la collaborazione con istituzioni e organizzazioni datoriali.
Richieste in vista dei referendum dell’8 e 9 giugno e l’appello alle istituzioni
Con i referendum dell’8 e 9 giugno, la protesta della Flai Cgil si inserisce in un contesto politico importante, chiedendo che i temi del lavoro irregolare e dello sfruttamento trovino spazio nelle decisioni pubbliche. Il riconoscimento di diritti come la cittadinanza per i lavoratori stranieri, spesso coinvolti nelle pratiche illegali, rappresenta una delle richieste portate al centro del dibattito.
Gli organizzatori del sit-in hanno invitato le istituzioni a mostrare una presenza più concreta, lavorando di concerto con forze dell’ordine, sindacati e associazioni di categoria. Controlli più serrati e azioni sincronizzate possono ridurre l’incidenza del caporalato, valorizzando al contempo chi opera nel rispetto delle regole. La mobilitazione evidenzia quindi una volontà precisa di cambio, auspicando che le parole diventino provvedimenti attuabili.