Il Senato ha dato l’ok definitivo a un pacchetto di norme che modifica profondamente il quadro legislativo italiano in materia di sicurezza. Il decreto-legge, partito come disegno di legge nel novembre 2023, introduce diversi elementi nuovi per contrastare il terrorismo, la criminalità organizzata e rafforzare la protezione delle forze dell’ordine. Questi cambiamenti riguardano nuove fattispecie di reato, misure preventive antimafia e la gestione dei beni confiscati. Il provvedimento ha acceso le proteste delle opposizioni, soprattutto per la parte che penalizza il blocco stradale come forma di protesta. Ripercorriamo i dettagli delle novità e le implicazioni più importanti.
Approvazione e contestazioni parlamentari
Il 3 giugno 2025 il Senato ha approvato, in seconda lettura e con voto di fiducia, il decreto sicurezza che era stato convertito da disegno di legge a decreto durante il suo iter. L’ok è arrivato dopo passaggi rapidi nelle commissioni Affari costituzionali e Giustizia, che l’hanno esaminato per poche ore prima di trasmetterlo in aula senza mandato specifico al relatore. La maggioranza ha spinto perché la discussione avvenisse velocemente, causando la protesta delle opposizioni, in particolare PD, M5S e Avs. I senatori di questi gruppi sono rimasti seduti a terra in aula per esprimere il loro dissenso, denunciando quello che definiscono un decreto che limita il diritto di manifestare e criminalizza certe forme di protesta, come il blocco stradale realizzato attraverso il corpo umano.
Il blocco stradale e le tensioni in aula
La principale spina nel fianco è stata proprio l’introduzione del reato di blocco stradale, segno che la norma colpisce soprattutto gli ambientalisti e manifestanti. Il governo ha definito la manovra necessaria per garantire ordine pubblico e la sicurezza mentre l’opposizione la vede come un modo per reprimere la libertà di espressione. Le tensioni si sono riversate in aula durante tutta la seduta, confermando la polarizzazione che ha accompagnato l’intero percorso della legge.
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Nuove fattispecie di reato contro il terrorismo e responsabilità estese
Uno dei punti principali del decreto riguarda la modifica del codice penale per introdurre il reato di detenzione di materiale con finalità di terrorismo. Chiunque venga trovato con istruzioni o materiale che spiega come costruire ordigni, armi chimiche o biologiche rischia dai 2 ai 6 anni di reclusione. Inoltre, chi diffonde o pubblicizza simili documenti incontra una soglia di punibilità anticipata, rafforzando così la repressione preventiva.
Il decreto amplia la sorveglianza e i controlli in diversi ambiti strettamente legati alla prevenzione di atti terroristici. Per esempio, chi gestisce servizi di noleggio di veicoli senza conducente ha l’obbligo di comunicare al centro dati le informazioni sul cliente e sul veicolo utilizzato. Questa misura serve a facilitare l’identificazione degli utilizzatori in attività illecite come quelle terroristiche, ma anche contro la criminalità organizzata, il traffico di droga e altre forme di illegalità.
Le sanzioni diventano quindi più severe e la rete di controlli si estende agli operatori economici potenzialmente coinvolti in attività fraudolente o pericolose. Lo scopo è evitare che strumenti apparentemente innocui vengano impiegati per pianificare o mettere in atto reati gravi.
Le verifiche antimafia e i nuovi controlli nel tessuto economico
Il testo prevede un ulteriore giro di vite contro la criminalità organizzata attraverso la revisione delle norme antimafia. Viene inserita la figura del cosiddetto «contratto di rete» tra le imprese da sottoporre a verifica antimafia. Questo strumento giuridico, ormai diffuso nelle relazioni commerciali, così assume una nuova rilevanza per valutare i rischi di infiltrazioni mafiose e impedire che gruppi criminali sfruttino questi contratti per aggirare le interdittive.
Ruolo del prefetto e limitazioni agli effetti dell’interdittiva
Il prefetto potrà limitare gli effetti dell’interdittiva antimafia solo su richiesta dell’imprenditore e dopo una valutazione istruttoria del gruppo interforze. Tale limite rappresenta un cambiamento rispetto al passato, quando poteva intervenire d’ufficio in questo tipo di procedimento. Nel caso, servirà una domanda motivata da parte dell’interessato e un esame approfondito delle condizioni.
I benefici previsti per i superstiti delle vittime di mafia sono stati estesi. Ora possono richiedere supporto anche i familiari che, al momento dei fatti, avevano interrotto i rapporti con la persona sottoposta a misura di prevenzione o procedimento penale. Questo riguarda coniugi, conviventi, parenti e affini fino al quarto grado, se sussiste la prova della rottura definitiva dei legami personali e patrimoniali.
Strumenti per la gestione e la tutela dei beni confiscati
Il decreto interviene anche sulle modalità di gestione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata. Prevede l’immediato coinvolgimento degli enti locali per amministrare immobili abusivi, accelerando così il recupero e la destinazione di questi beni alla collettività. Il giudice che dispone la confisca può ordinare la demolizione delle costruzioni abusive, dando attuazione concreta a un principio di legalità negli interventi legati al recupero del territorio.
Tra le novità importanti c’è la possibilità per collaboratori e testimoni di giustizia di costituire società considerate «fittizie», cioè società create per motivi di sicurezza rafforzata, allo scopo di facilitare la loro protezione e reintegrazione nell’ambiente lavorativo. Questa misura punta a tutelare maggiormente chi collabora, riducendo il rischio di ritorsioni o azioni criminali.
Il decreto introduce divieti precisi per i soggetti vicini ai destinatari di confische definitive. Non potranno impiegarsi nelle aziende confiscate in alcun ruolo lavorativo. Analogamente, si definisce la cancellazione più rapida delle modifiche societarie e delle imprese inattive, con iscrizioni gratuite al registro aziende. Infine, si stabilisce un meccanismo per soddisfare i creditori prededucibili attingendo ai fondi disponibili nel patrimonio delle aziende confiscate.
Queste misure formalizzano un sistema più severo e operativo per impedire che gruppi mafiosi possano rientrare nelle attività economiche attraverso prestanome o condizionamenti esterni. La semplificazione delle procedure favorisce una gestione più celere, fondamentale per non sprecare risorse e garantire trasparenza.
Riflessi sulle scuole e contributi agli enti locali
Durante la discussione alla Camera, prima del passaggio finale al Senato, è stato esteso da 10 a 30 giorni il termine per impugnare le misure di prevenzione personali adottate dall’autorità giudiziaria. Questo allunga il tempo utile per tutelare i diritti in materia di sicurezza.
Un capitolo dedicato riguarda l’utilizzo dei contributi pubblici per migliorare la sicurezza e l’efficienza energetica degli edifici scolastici. Il decreto autorizza l’impiego di queste risorse anche per la messa in sicurezza dei beni confiscati destinati agli enti locali. Così sarà possibile riparare, recuperare e destinare scuole o strutture confiscate al territorio, ponendo attenzione non solo al livello di sicurezza ma anche alla riqualificazione di immobili prima abbandonati o sottratti alla criminalità.
Questo aspetto sottolinea la volontà di connettere i piani di lotta alla mafia con interventi concreti sul territorio, facendo dei beni confiscati una risorsa pubblica utile alla comunità, in particolare nello spazio scolastico, dove si formano le nuove generazioni. L’intervento quindi guarda alla ricaduta sociale delle misure di contrasto, ancorandole a una dimensione pratica e quotidiana.
Il testo del decreto sicurezza ora passa alla fase di attuazione, mentre il dibattito politico resta acceso sulle scelte legislative, soprattutto quelle contro le forme di protesta. Il governo sottolinea la necessità di rafforzare gli strumenti per la sicurezza, mentre le opposizioni continuano a denunciare potenziali rischi per libertà civili e diritti di manifestazione. Risulta evidente che le modifiche introdotte in questa legge segneranno il modo in cui verranno affrontate azioni terroristiche, infiltrazioni mafiose e questioni di ordine pubblico nel prossimo futuro.