Serve un piano industriale per l’Italia tra competitività digitale e costi energetici alle stelle

Serve un piano industriale per l’Italia tra competitività digitale e costi energetici alle stelle

Italia deve rilanciare la competitività industriale puntando su un piano industriale chiaro, sviluppo digitale e riduzione dei costi energetici, secondo Emanuele Orsini di Confindustria su Rai3.
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L’Italia deve adottare un piano industriale urgente per rilanciare la competitività, puntando su digitale e riduzione dei costi energetici, come sottolineato da Emanuele Orsini di Confindustria. - Gaeta.it

L’Italia si trova davanti a una sfida importante: creare un piano industriale che rilanci la competitività del Paese, soprattutto nei settori più maturi e strategici. Emanuele Orsini, presidente di Confindustria, ha sottolineato l’urgenza di questa esigenza durante la trasmissione In Mezz’Ora su Rai3, mettendo in rilievo due aspetti chiave: lo sviluppo del digitale e la questione dei costi energetici. Questi fattori influenzano direttamente il tessuto produttivo e la capacità di competere sul mercato europeo e internazionale.

Le sfide per la manifattura italiana

Orsini ha richiamato l’attenzione sul fatto che senza un piano industriale chiaro e condiviso, il sistema produttivo italiano rischia di rimanere indietro rispetto ai competitor europei. I settori maturi, che compongono una larga fetta della manifattura nazionale, necessitano una trasformazione concreta. La competizione non è più solo sul prezzo, ma riguarda innovazione e produttività.

L’intervento del governo come chiave

Il presidente di Confindustria ha indicato che serve un intervento mirato del governo, capace di indirizzare risorse e politiche verso una strategia di sviluppo che favorisca la crescita reale delle imprese italiane. Questa non può che passare attraverso una revisione degli investimenti, una riorganizzazione delle filiere produttive e un supporto deciso alle nuove tecnologie.

Rafforzare il digitale per la crescita

Il digitale rimane un settore fondamentale su cui puntare per far decollare la competitività dell’Italia. Orsini ha specificato che il Paese ha ancora ampi margini di miglioramento in questo campo, per cui bisogna accelerare gli interventi infrastrutturali e la diffusione di strumenti digitali in azienda.

Non si tratta solo di connettività o infrastrutture informatiche, ma dell’adozione di tecnologie capaci di semplificare i processi produttivi e di aumentare la qualità. Le imprese devono acquisire competenze digitali più avanzate per stare al passo con i trend globali. Il avanzamento digitale è decisivo per evitare l’erosione del tessuto industriale, specie nei settori tradizionali che vanno ripensati in chiave innovativa.

Impatto del costo energetico sulla competitività

Uno dei punti più critici che Orsini ha evidenziato riguarda i costi dell’energia, un elemento che pesa molto sulla capacità di competere dell’Italia in Europa. Sul fronte energetico, i costi pagati dalle imprese italiane sono superiori a quelli dei principali Paesi vicini.

La spesa energetica in Italia è del 38% più alta rispetto alla Germania e del 78% più cara rispetto alla Francia. Un dato preoccupante se si considera che il prezzo medio si assesta su 158 euro al megawattora. Questo gap rende difficile mantenere industrie e produzioni ad alta intensità energetica sul territorio nazionale, incidendo negativamente sui margini di profitto e sull’attrattività del sistema produttivo italiano.

Scelte urgenti per il futuro industriale

I dati sui costi dell’energia e la necessità di un piano industriale non sono elementi distaccati. Anzi, si intrecciano direttamente con le scelte politiche e strategiche da intraprendere subito. Il presidente di Confindustria ha lanciato un messaggio chiaro al governo, invitandolo a prendere decisioni rapide per mettere in sicurezza il futuro dell’industria italiana.

Riformulare il modello produttivo italiano significa anche intervenire urgentemente sul costo dell’energia, magari puntando a soluzioni a lungo termine, come incentivi per fonti rinnovabili o accordi con fornitori europei. Senza un’azione concreta, il rischio è che molte aziende possano perdere terreno o spostare la produzione all’estero, soprattutto in un contesto come quello europeo dove la competizione si fa sempre più agguerrita.

Il dibattito di questi giorni conferma che il tema industriale rimane centrale, soprattutto in un momento storico segnato da tensioni sui mercati globali, rischi geopolitici e cambiamenti climatici che impattano anche sull’approvvigionamento energetico. Il futuro del Paese passa da queste sfide e dalla capacità di riorganizzarsi in modo deciso e puntuale.

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