Un clamoroso sequestro ha scosso il mondo della vela a Trieste. La Guardia di finanza, su indicazione della Procura della Repubblica Europea di Venezia, ha imposto i sigilli alla barca a vela “Wild Thing”, accusata di non aver versato l’Iva all’importazione, per un importo totale di 600 mila euro. Il noto velista Furio Benussi, suo ex proprietario e rappresentante attuale, ha già dichiarato l’intenzione di presentare un ricorso contro questa decisione. Il fatto ha attirato l’attenzione degli appassionati e delle autorità, dato il prestigio della barca, che ha collezionato vittorie in diverse competizioni internazionali, tra cui tre trionfi nella storica regata Barcolana a Trieste.
La storia della “Wild Thing”
La “Wild Thing”, imbarcazione di 100 piedi, è conosciuta per la sua eccellenza nelle competizioni velistiche. Ha conquistato numerosi trofei e si è distinta in eventi prestigiosi a livello globale. In particolare, tre edizioni della Barcolana le sono valse un posto di rilievo nella storia nautica triestina. Attualmente, la barca si trova nel Marina di Monfalcone per i lavori di manutenzione, in vista della prossima stagione agonistica, programmata per partire nei primi giorni di aprile. La celebre imbarcazione, posseduta dalla società australiana BC39, è ora coinvolta in una battaglia legale per dimostrare la propria innocenza riguardo alle accuse di evasione Iva.
Accuse di evasione Iva: il parere legale
Il sequestro della “Wild Thing” è stato attuato con l’accusa di evasione Iva all’importazione, una questione che non è di poco conto. L’avvocato Piero Fornasaro de Manzini, che rappresenta Benussi, ha chiarito che il contenzioso riguarda la presunta mancanza di pagamento dell’Iva all’atto dell’ingresso della barca in acque comunitarie. Secondo la legge, qualora un’imbarcazione rimanga nel territorio europeo per più di 18 mesi, essa diviene soggetta al pagamento di questa imposta. Tuttavia, l’avvocato Perna sostiene che la situazione possa essere più complessa, in quanto la barca era considerata un relitto nel 2014, dopo un naufragio avvenuto a Minorca.
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Tale condizione potrebbe complicare ulteriormente la posizione legale degli interessati, aprendo la strada a interpretazioni diverse in merito all’obbligo di pagamento dell’Iva in questioni di questo tipo. La questione è resa ancora più intricata dalla difficoltà nel valutare il momento esatto in cui è stata stabilita l’obbligazione di pagamento.
Le conseguenze sul mondo della vela
Il sequestro della “Wild Thing” potrebbe avere ripercussioni significative non solo per i diretti interessati ma anche per il circuito velistico. La barca, simbolo di successo e competizione, rappresenta un punto di riferimento nel panorama nautico triestino e internazionale. Furio Benussi, noto velista e figura di spicco nel settore, ha espresso il suo desiderio di difendere la reputazione della barca e di continuare a partecipare a competizioni prestigiose, tra cui quelle di Portofino e la storica Viareggio-Bastia-Viareggio.
Questa situazione fa sorgere interrogativi sulle procedure fiscali che riguardano l’importazione di imbarcazioni e la loro permanenza all’interno del territorio europeo. La vicenda della “Wild Thing” evidenzia l’importanza di una regolamentazione chiara e ben definita, capace di evitare conflitti tra appassionati di vela e autorità fiscali. L’evoluzione di questa storia sarà seguita da vicino, non solo dal settore nautico ma anche da chi si occupa di normativa fiscale e diritti del consumatore. La tenacia di Benussi e del suo team legale potrebbe fare da apripista a futuri sviluppi in questo ambito.