Un caso di sfruttamento lavorativo ha scosso Palermo nel 2024. Sei cittadini cinesi, titolari di un’impresa locale nel commercio di prodotti non alimentari, sono stati denunciati per caporalato. Le indagini, partite da un controllo a sorpresa, hanno fatto emergere condizioni di lavoro durissime per decine di dipendenti, quasi tutti italiani. L’attività è stata sospesa per un anno, mentre i responsabili sono ora sotto accusa per gravi violazioni delle leggi sul lavoro e la sicurezza.
I controlli della procura e le motivazioni delle denunce
Gli inquirenti palermitani hanno aperto le indagini a seguito di un’ispezione effettuata nel settembre 2023. Il blitz ha coinvolto diverse forze dell’ordine, tra cui il nucleo operativo del gruppo tutela lavoro e il comando provinciale dei carabinieri, che insieme al nucleo ispettorato del lavoro hanno passato al setaccio la società. L’azione fa parte di una più ampia campagna di verifiche contro il caporalato nella città e provincia.
L’accusa di caporalato
L’accusa di caporalato si basa su un metodo sistematico con cui i titolari dell’impresa hanno imposto condizioni di lavoro degradanti. Ai sei cinesi si contestano anche molteplici trasgressioni in materia di sicurezza nei luoghi di lavoro e di norme giuslavoristiche, per un ammontare complessivo di sanzioni vicine ai 200.000 euro. Un provvedimento interdittivo impone loro di restare lontani dall’attività aziendale per dodici mesi.
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Condizioni di lavoro disumane con dipendenti sfruttati e paghe irrisorie
Le verifiche all’interno dei negozi hanno mostrato un quadro particolarmente grave. Su 30 lavoratori in forza, 27 operavano senza nessun contratto regolare. Erano costretti a turni massacranti, che raggiungevano anche le 12-13 ore giornaliere, sette giorni su sette, senza alcun giorno di riposo o ferie. Chi lavorava affrontava un ambiente malsano, privo di misure di tutela.
Sorveglianza e intimidazioni
Oltre allo sfruttamento fisico e legale, i lavoratori vivevano sotto una sorveglianza severa. I loro movimenti erano monitorati da un sistema di telecamere installato dagli imprenditori, personale costantemente controllato e intimidito. La minaccia del licenziamento, in condizioni economiche difficili, li ha portati a subire questo trattamento senza poter reagire.
Le misure giudiziarie e le prospettive per i lavoratori coinvolti
Dopo la denuncia, il gip di Palermo ha ordinato la sospensione della società per un anno, vietando ai sei indagati di svolgere attività di impresa o di ricoprire incarichi direttivi. Queste misure limitano l’operato dei responsabili mentre proseguono le indagini per chiarire eventuali ulteriori illeciti.
Per i lavoratori coinvolti si apre ora un percorso di regolarizzazione e di tutela. Gli enti preposti potrebbero intervenire per offrire assistenza e garantire la corretta applicazione dei diritti. Il caso sottolinea la necessità di continue azioni contro il caporalato, fenomeno ancora radicato in alcune realtà produttive, che pesa su chi cerca di vivere con il lavoro onesto.