Sciopero nazionale di 4 ore negli stabilimenti ex ilva il 21 maggio per chiedere risposte sul futuro del gruppo

Sciopero nazionale di 4 ore negli stabilimenti ex ilva il 21 maggio per chiedere risposte sul futuro del gruppo

Sottotitolo: sciopero nazionale di quattro ore negli stabilimenti ex Ilva per chiedere al governo interventi urgenti sulla sicurezza, il futuro di Acciaierie d’Italia e la trattativa con Baku Steel, a tutela di 20.000 lavoratori.
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Il 21 maggio 2025 si terrà uno sciopero nazionale di quattro ore negli stabilimenti ex Ilva per chiedere al governo interventi urgenti sulla crisi occupazionale e produttiva, aggravata da un recente incidente a Taranto e dall’incertezza sulla trattativa con Baku Steel. - Gaeta.it

Il 21 maggio 2025 è stato indetto uno sciopero nazionale di quattro ore in tutti gli stabilimenti dell’ex Ilva, coinvolgendo migliaia di lavoratori. L’iniziativa arriva in vista di un incontro atteso presso la presidenza del Consiglio dei ministri dedicato alla situazione della siderurgia italiana, con particolare attenzione alla vicenda complicata del gruppo Acciaierie d’Italia. Le sigle sindacali Fim, Fiom e Uilm hanno spiegato le ragioni dello sciopero, legate a diversi problemi che pesano sulla stabilità occupazionale e produttiva dell’ex Ilva, soprattutto dopo l’incidente avvenuto pochi giorni fa nello stabilimento di Taranto.

Motivazioni dello sciopero e richieste sindacali

Le organizzazioni sindacali hanno scelto la strada dello sciopero nazionale di quattro ore in tutti gli stabilimenti dell’ex Ilva per chiedere al governo un intervento immediato. Tra le motivazioni principali emerge la necessità di chiarimenti sul futuro del gruppo Acciaierie d’Italia, soprattutto dopo un grave incidente avvenuto allo stabilimento di Taranto la scorsa settimana. L’evento ha provocato un grave rallentamento della produzione e ha portato all’annuncio di un raddoppio delle ore di cassa integrazione per i lavoratori coinvolti.

I sindacati lamentano una mancanza prolungata di informazioni sulla situazione della trattativa in corso con Baku Steel, possibile nuovo acquirente del gruppo siderurgico. L’incertezza riguarda la gestione della gara per l’assegnazione dell’ex Ilva e blocca qualsiasi piano di rilancio. Non solo, la sospensione del Piano di Ripartenza, dovuta a carenze di risorse economiche, pesa sulla capacità produttiva e sull’occupazione. Fim, Fiom e Uilm sottolineano come da troppo tempo non arrivino risposte chiare e definitive. La vertenza si trascina senza soluzione mentre migliaia di famiglie restano in difficoltà.

Il contesto industriale e occupazionale degli stabilimenti ex ilva

L’ex Ilva da anni rappresenta un punto nodale nella siderurgia italiana, con un ruolo fondamentale per l’economia di Taranto e delle regioni limitrofe. La gestione del gruppo ha subito una serie di cambiamenti dopo il passaggio sotto Acciaierie d’Italia. Nonostante ciò, i risultati sul piano industriale e il mantenimento dei livelli occupazionali sono risultati insufficienti. L’incidente recente nello stabilimento di Taranto ha messo ulteriormente in crisi la situazione, rallentando la produzione e aggravando la precarietà del lavoro per circa 20.000 operai e per le imprese dell’indotto.

La situazione disastrosa riguarda non solo la sicurezza sul lavoro ma anche il futuro dell’azienda e dei suoi lavoratori. L’annuncio di aumentare le ore di cassa integrazione è stato accolto con grande preoccupazione dall’intera comunità. Le strutture produttive appaiono ferme per problemi finanziari e gestionali, mentre le trattative con possibili acquirenti come Baku Steel non sembrano progredire. Questi elementi contribuiscono a creare un clima di incertezza difficile da gestire per i sindacati e per le famiglie coinvolte.

La trattativa con baku steel e l’incertezza sul destino del gruppo

La possibile vendita dell’ex Ilva a Baku Steel rappresenta uno degli elementi più delicati della vertenza. Le sigle sindacali Fim, Fiom e Uilm denunciano la mancanza di comunicazioni e aggiornamenti precisi sullo stato della trattativa, definendo la situazione come uno stallo grave. Senza segnali chiari sulle decisioni in corso, la gestione dell’ex Ilva permane in una fase di sospensione che blocca qualsiasi piano di sviluppo o investimento.

Le risorse economiche necessarie per garantire la continuità produttiva e la sicurezza degli impianti risultano insufficienti. Questo impedisce la ripresa prevista dal Piano di Ripartenza, lasciando sospesi migliaia di lavoratori e dipendenti delle aziende collegate. La totale assenza di notizie ufficiali o di date certe accentua la frustrazione del personale, che si sente abbandonato dalle istituzioni e da chi dovrebbe prendersi la responsabilità di disegnare un futuro per il polo siderurgico.

Appello al governo e impatto sociale per i lavoratori e le loro famiglie

Al centro dello sciopero del 21 maggio c’è la richiesta diretta al governo di adottare misure urgenti capaci di spezzare l’attuale impasse. Fim, Fiom e Uilm evidenziano che i lavoratori e le loro famiglie vivono da anni in una condizione di instabilità provocata da scelte politiche e gestionali rimaste in sospeso o sbagliate. Circa 20.000 dipendenti, tra Acciaierie d’Italia in AS, ex Ilva e aziende dell’indotto, rischiano di pagare un prezzo elevato in termini di futuro e sicurezza economica.

I sindacati sollecitano con forza un cambio di passo, una presa di posizione concreta da parte del governo e degli enti coinvolti per mettere fine al clima di incertezza e garantire continuità. Lo sciopero serve a dare visibilità a una vertenza che si protrae senza esiti da troppo tempo, sottolineando l’urgenza di affrontare con decisione le questioni rimaste aperte. La mobilitazione coinvolge gli stabilimenti in tutta Italia, segno della portata nazionale di una crisi che ha radici profonde nella storia dell’ex Ilva e della siderurgia italiana.

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