Il fenomeno del lavoro nero continua a persistere, lasciando segni profondi nel panorama lavorativo italiano. Recentemente, Fabiana, una giovane donna romana di trentatré anni, ha condiviso la sua esperienza, rivelando come per ben tredici anni abbia lavorato senza contratto in un negozio del prestigioso quartiere Parioli. La sua storia, fresca di eventi, offre uno spaccato della dura realtà che molti giovani si trovano a fronteggiare nel mercato del lavoro odierno.
un’esperienza di sfruttamento prolungato
La prima esperienza lavorativa
Fabiana avvia il suo racconto spiegando di aver iniziato a lavorare nel negozio a soli vent’anni, con l’intenzione di avere un primo impiego. Tuttavia, la sua permanenza si è prolungata per tredici anni, durante i quali non ha mai ricevuto un contratto di lavoro. “Dicono che nessuno fa contratti, che costano troppo,” racconta ferita. Le sue richieste, ripetute nel tempo, sono state sempre accolte con la stessa risposta: “Non è possibile.” Nonostante l’ubicazione del negozio in un’area rinomata di Roma e con una clientela benestante, Fabiana non ha mai ottenuto quella sicurezza professionale che avrebbe dovuto essere la norma.
Una vita lavorativa senza tutele
Durante il lungo periodo di lavoro, Fabiana ha affrontato diverse difficoltà , tra cui turni massacranti. “Lavoravo dalle 9:30 del mattino fino alle 19:30 di sera, con un giorno di riposo la domenica. Durante le festività , il lavoro era incessante, con turni sette giorni su sette,” racconta. La paga di 300 euro a settimana, un totale di 1200 euro al mese, è risultata inadeguata rispetto alle ore lavorative; Fabiana, infatti, ha stimato di aver lavorato quasi 60 ore settimanali.
una mancanza di diritti e sicurezza
Pressioni e discriminazioni
La mancanza di un contratto regolare ha avuto ripercussioni dirette sulla vita quotidiana di Fabiana. Era molto raro che potesse prendersi giorni di malattia o ferie. La titolare, ad esempio, le ha imposto di lavorare anche quando era risultata positiva al COVID-19: “Mi diceva di indossare la mascherina e di continuare a lavorare, perché non poteva affrontare il lavoro da sola,” racconta con rassegnazione.
La solitudine del lavoro non regolarizzato
La scarsità di personale nel negozio ha aggravato ulteriormente la situazione. Fabiana si sentiva costantemente sotto pressione e incapace di prendersi una pausa. La macchina lavorativa andava avanti senza considerare le esigenze individuali. Quando ha insistentemente richiesto un contratto regolare e un adeguamento dello stipendio, ha ottenuto solo un modesto incremento di 100 euro, senza mai ricevere risposte positive sul contratto di lavoro.
una nuova opportunità emerge
La decisione di cambiare
Dopo tredici lunghi anni, Fabiana ha finalmente deciso di lasciare quel lavoro. Spiega di aver inviato il curriculum ad altri negozi e di essere stata contattata immediatamente. Finalmente, ha trovato un’occupazione che le garantisce le tutele e i diritti che le spettano. “La titolare ha cercato di farmi sentire in colpa, sostenendo che mi avesse offerto un contratto. Ma dopo anni di sfruttamento, non avrei accettato di tornare a una situazione simile,” afferma.
Una riflessione sul futuro
Oggi, Fabiana guarda avanti con ottimismo, sebbene il ricordo delle sofferenze passate rimanga. Riconosce l’importanza di una maggiore valorizzazione dei giovani lavoratori e del bisogno di migliorare le condizioni lavorative in Italia. La sua storia serve da monito: nonostante le false narrazioni sulla mancanza di voglia di lavorare, ci sono moltissimi giovani pronti a impegnarsi, purché vengano rispettati diritti e dignità nel lavoro.