Roma resta un crocevia decisivo per le attività criminali delle diverse mafie italiane, non soltanto per il traffico di stupefacenti ma soprattutto per il reinvestimento dei profitti illeciti nell’economia. La capitale si conferma un terreno fertile per intrecci tra criminalità organizzata e affari legali, soprattutto attraverso appalti pubblici, locali e altre attività commerciali. I dati emersi dalla direttiva della direzione investigativa antimafia delineano nel 2024 uno scenario in cui si moltiplicano le operazioni di prevenzione e contrasto.
Roma come centro di affari mafiosi e riciclaggio di denaro
La direzione investigativa antimafia ha illustrato come Roma abbia sviluppato un modello mafioso peculiare attorno alla sua posizione politica ed economica. La città ospita diversi gruppi criminali che agiscono non solo nella droga, ma soprattutto nel riciclaggio e nella penetrazione nel tessuto imprenditoriale. La mole di risorse pubbliche legate al Pnrr ha attirato l’interesse dei clan, che utilizzano società di comodo per introdurre capitali sporchi nel mercato legale.
Il generale Michele Carbone, direttore della Dia, ha evidenziato il 2024 come “anno della prevenzione amministrativa antimafia”. Diverse indagini hanno mostrato come i gruppi, attraverso bonifici frammentati, criptovalute e fatturazioni fasulle, riescano a spostare milioni di euro senza lasciare tracce facilmente individuabili. Gli appalti pubblici diventano quindi strumenti chiave per espandere il loro potere economico e consentire il riciclaggio attraverso metodi sempre più sofisticati.
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L’unicità del territorio romano deriva anche dalla sovrapposizione di interessi mafiosi di stampo tradizionale e nuove forme di organizzazioni, con la presenza di gruppi nostrani e l’emergere di comunità criminali albanesi. Questa pluralità alimenta un sistema in cui le diverse mafie si accordano per spartirsi i mercati, mantenendo però un controllo rigoroso grazie all’uso di metodi mafiosi consolidati.
Il pluralismo delle organizzazioni criminali nel lazio e il loro metodo mafioso
Nel Lazio le forme di criminalità organizzata si mescolano e convivono, anche se mantengono strutture differenti. Si contano presenze di ‘ndrangheta, camorra e cosa nostra, insieme ad organizzazioni nate direttamente nel territorio, oltre alla recente ascesa dei gruppi albanesi. La relazione della Dia descrive questi agglomerati come parte di una rete ampia che sfrutta l’uso del metodo mafioso, ovvero intimidazioni, controllo del territorio e infiltrazioni nell’economia.
L’obiettivo comune riguarda sia il controllo dei mercati illeciti come estorsioni e usura, ma anche la ricollocazione di capitali illeciti all’interno del mercato legale. Per la Dia, Roma rappresenta un “laboratorio” in cui questa strategia si sta perfezionando, creando un modello criminale capace di aumentare progressivamente il proprio raggio d’azione e limitare il rischio di interventi delle forze dell’ordine.
Dal punto di vista istituzionale, la risposta arriva soprattutto dalle prefetture di Roma, Latina e Viterbo. In questi territori, sono stati emessi 55 provvedimenti interdittivi contro il rischio di infiltrazione attraverso attività economiche e pubblica amministrazione. Questi provvedimenti mirano a bloccare le aziende e le persone coinvolte prima che i clan possano consolidare la loro presenza.
Operazioni anti mafia e il ruolo delle indagini nel contrasto alle infiltrazioni
Nel corso del 2024, la Prefettura di Roma ha adottato 31 provvedimenti interdittivi, molti legati alle indagini “Tritone” ed “Eureka”. Queste operazioni hanno colpito gruppi di ‘ndrangheta attivi nel territorio di Nettuno e Anzio, smantellando strutture legate al traffico di droga e al riciclaggio. Allo stesso modo l’operazione “Assedio” ha rivelato un sistema complesso con cui i clan manipolano appalti nel settore petrolifero per nascondere flussi di denaro illecito e commettere frodi fiscali.
Le indagini hanno portato alla luce connessioni tra criminalità e imprenditoria romana. Nomadi come Roberto Macori, ex autista di Gennaro Mokbel e riconosciuto tramite l’inchiesta come intermediario tra clan e mondo economico, sono tra i principali coinvolti. Alcuni membri di famiglie note, come i fratelli Nicoletti o i figli di Michele Senese, appaiono nei fascicoli per i loro legami con attività criminali. Anche il settore cinematografico è risultato usato come canale per riciclare denaro, con figure come Daniele Muscariello, legato al clan D’Amico-Mazzarella.
Questi casi confermano la rete ramificata e multidimensionale che la mafia costruisce attorno alle sue attività, mettendo in seria difficoltà il sistema di controllo. Plateali sono stati i tentativi di infiltrazione in settori tradizionali quali bar, ristoranti, attività automobilistiche, dimostrati da diversi provvedimenti emessi nel 2024 dalla prefettura romana.
Impatto sulla città e caratteristiche del modello criminale romano
Roma si distingue quindi per condizioni ambientali e sociali che favoriscono una convivenza tra organizzazioni criminali diverse, creando un contesto dove il pluralismo mafioso non sfocia necessariamente in violenze aperte ma in accordi taciti e spartizioni. La posizione al centro della politica nazionale e la disponibilità di grandi fondi pubblici la collocano in una posizione speciale.
Il sistema mafioso romano riesce a muoversi tra illegalità e formalità, sfruttando la letteratura del nostro tempo e la capacità di aggirare le norme amministrative. L’uso esteso di società di comodo e intermediari, unito all’abilità nel muovere cifre consistenti tra conti esteri e strumenti finanziari complessi come le criptovalute, rafforza la lunga durata degli interessi criminali.
Anche nelle attività economiche più semplici, come la ristorazione o i servizi automobilistici, si osservano soggetti legati ai clan che cercano di inserirsi con metodi subdoli. Le amministrazioni pubbliche hanno reagito ampliando le misure interdittive, ma la sfida resta alta, considerata la continua capacità dei gruppi di moltiplicare e diversificare i mezzi per espandersi senza attirare attenzioni immediate.