Un episodio di violenza avvenuto nel contesto di una marcia per la legalità ha portato a un’importante condanna da parte del giudice di Roma. Nel mese di agosto 2023, don Antonio Coluccia, prete attivo nella lotta contro la mafia, è stato vittima di un tentativo di investimento da parte di un uomo di trent’anni. Questo evento ha suscitato un ampio dibattito sulla sicurezza e il rispetto delle figure impegnate nella promozione della legalità nelle aree problematiche della capitale.
L’episodio violento a Tor Bella Monaca
Durante una manifestazione pacifica organizzata per sostenere i principi di legalità a Tor Bella Monaca, hinterland romano noto per le sue problematiche legate alla criminalità, don Antonio Coluccia è stato avvicinato da un trentenne alla guida di uno scooter. Con atti dimostrativi e mirati, il prete ha cercato di richiamare l’attenzione su temi cruciali e di denuncia sociale, ma è stato brutalmente attaccato quando il giovane ha tentato di investirlo, passando in prossimità delle strisce pedonali. Questo atto violento ha messo in pericolo non solo la vita del sacerdote, ma ha altresì messo in luce l’intolleranza e l’aggressività che persiste in alcune aree della città.
Il momento è diventato teso e caotico, scatenando una reazione immediata sia da parte degli agenti di scorta che si trovavano a protezione del prete, sia di altri partecipanti. L’azione impulsiva del giovane, che ha mostrato segni di violenza e disprezzo per la manifestazione pacifica, ha portato a un intervento necessario da parte delle forze dell’ordine.
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Gli sviluppi dell’intervento delle forze dell’ordine
La reazione delle forze dell’ordine è stata tempestiva; un agente del servizio di scorta, rendendosi conto del pericolo imminente, ha estratto la pistola e, per fermare l’aggressore, ha fatto fuoco, colpendo l’uomo all’avambraccio. L’intervento delle forze dell’ordine ha quindi ingenerato una breve colluttazione, che ha visto l’aggressore tentare la fuga, ma i poliziotti sono riusciti a fermarlo dopo un inseguimento. Durante questa fase, l’uomo ha ferito un altro agente utilizzando un collo di bottiglia, necessitando l’intervento immediato dei soccorsi, portando l’agente in ospedale.
Le ferite riportate dall’agente, sebbene non gravi, evidenziano la pericolosità della situazione e l’assoluta mancanza di rispetto verso chi, come don Antonio Coluccia, si batte per la legalità e il benessere della comunità. La scena ha lasciato il segno nei partecipanti alla marcia, molti dei quali hanno espresso indignazione e preoccupazione per l’aumento della violenza, che sembra contrapporsi agli sforzi volti a promuovere la sicurezza e la pacifica convivenza.
La condanna e le ripercussioni sociali
A seguito di quanto avvenuto, il giovane è stato portato davanti al giudice monocratico di Roma, il quale ha emesso una condanna di tre anni di carcere per i reati di lesioni personali, resistenza a pubblico ufficiale e violenza privata. Questa sentenza rappresenta un chiaro messaggio del sistema giudiziario italiano riguardo alla tolleranza zero verso la violenza, specialmente in contesti che vedono protagoniste figure impegnate nella legalità.
Il caso di don Antonio Coluccia e l’aggressione subita gettano luce su un fenomeno inquietante che continua a minacciare non solo l’integrità fisica di coloro che si oppongono alla mafia, ma anche il tessuto sociale di quartieri già compromessi da anni di degrado e mancanza di fiducia nelle istituzioni. L’augurio è che episodi come questo possano servire da spinta, sia per intensificare le azioni di prevenzione, sia per creare spazi di dialogo e unità tra le forze dell’ordine e la comunità, affinché si possano coadiuvare sforzi per una coesistenza pacifica e sicura.