Ritorno a casa di harold pinter: la messa in scena di Massimo Popolizio al teatro Argentina tra grottesco e tensione

Ritorno a casa di harold pinter: la messa in scena di Massimo Popolizio al teatro Argentina tra grottesco e tensione

La nuova edizione di “Ritorno a casa” di Harold Pinter, diretta da Massimo Popolizio al Teatro Argentina, esplora tensioni familiari e conflitti emotivi in una casa vittoriana attraverso un cast intenso e una regia coraggiosa.
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La nuova edizione di "Ritorno a casa" di Harold Pinter, diretta da Massimo Popolizio al Teatro Argentina, esplora con intensità le tensioni familiari e i conflitti emotivi in una casa vittoriana, attraverso una regia coraggiosa che valorizza silenzi, ambiguità e un sottile equilibrio tra dramma e umorismo nero. - Gaeta.it

La stagione teatrale romana ospita una nuova edizione di “ritorno a casa” di harold pinter, firmata dalla regia di Massimo Popolizio. Lo spettacolo si svolge fino al 25 maggio al teatro Argentina e offre una lettura intensa e ricca di sfumature del testo originale. La messa in scena evidenzia le dinamiche familiari, il conflitto tra i personaggi e l’atmosfera claustrofobica di questa trama ambientata in una vecchia casa vittoriana. In scena, Popolizio dirige una compagnia di attori capaci di dar vita a personaggi segnati da frustrazioni e tensioni emotive che si mescolano a momenti di umorismo nero e colpi di scena.

L’approccio registico di Massimo Popolizio e le sfide di pinter

Mettere in scena harold pinter rappresenta sempre una sfida particolare, perché il drammaturgo britannico si basa molto sui silenzi, le pause e ciò che resta non detto tra le battute. Massimo Popolizio ha deciso di assecondare questa complessità e di puntare su un ritmo incalzante, senza nessuna esitazione o rallentamento. Il tono si fa spesso grottesco, sfiora la farsa negli eccessi e nei comportamenti sopra le righe, seguendo così una linea interpretativa coraggiosa e poco scontata.

Il ruolo di attori e regia nella costruzione della tensione

L’attenzione della regia non cade solo sulle parole ma anche sulle azioni e le espressioni degli attori, capaci di rendere presente un sottotesto fatto di rabbia repressa e rancore. Durante tutta la rappresentazione si percepisce una tensione che permea ogni scambio, un sentimento che si intensifica nel finale in cui i ruoli di genere si ribaltano inaspettatamente. Popolizio evita che la tensione si sciolga in dramma melodrammatico, mantenendo invece una recitazione netta, spesso icastica e a tratti perentoria, fatta di taglienti momenti emotivi.

La trama e i personaggi principali nella casa vittoriana

La storia ruota attorno alla figura di Max, un padre anziano e ex macellaio, che fatica a mantenere il suo ruolo di capo di famiglia. È un uomo storto, segnato dal tempo e dal peso delle responsabilità, che si aggrappa a un bastone come simbolo di autorità. Massimo Popolizio dà vita a Max con una voce profonda e un misto di rabbia, ironia e occasionali sfumature di tenerezza. La casa vittoriana in cui si svolge l’intera vicenda è decadente, come i ricordi di un tempo ormai passato, enfatizzata dalla scenografia realizzata da Maurizio Balò che include un ritratto di Elisabetta e una testa di mucca, un richiamo diretto all’attività familiare di macellai.

Oltre a Max, la famiglia comprende i suoi tre figli maschi: Lenny interpretato da Christian La Rosa, personaggio ambiguo e a tratti spregiudicato, Joey , che coltiva il sogno di diventare pugile, e Sam , un autista che subisce il peso del ruolo familiare. Il ritorno a casa di Teddy , professore di filosofia che vive negli Stati Uniti, fa scatenare nuove tensioni. Con lui arriva anche Ruth , una donna dal passato da modella, madre di tre figli che gestisce con consapevolezza il proprio potere femminile in un ambiente dominato dagli uomini.

Il contrasto tra i personaggi e l’ambiguità dei rapporti

Il dramma si costruisce sul conflitto evidente e nascosto fra i personaggi, dove la convivenza si trasforma in una guerra continua di piccoli soprusi e diffidenze. Ruth è la figura chiave nel gioco di potere, davvero fuori dall’ordinario in un contesto di maschilismo radicato. Il suo ruolo è ambiguo: qualcuno la vede come madre affidabile, altri come presenza minacciosa o persino come un’arma di ricatto. I suoi atteggiamenti carichi di provocazione mettono a nudo le dinamiche profonde e i rancori in un mondo dove la solidarietà di genere resta fragile e ostacolata da gelosie e astuzie.

La chiusura ambientale e la complessità emotiva

L’ambiente chiuso e carico di ricordi dolorosi rende ancora più difficile ogni tentativo di riconciliazione o dialogo. I personaggi restano spesso prigionieri di loro stessi, di una realtà che non li lascia uscire dalle proprie contraddizioni. I toni si alternano tra momenti di crudezza e passaggi ironici, mentre i silenzi si trasformano in assalti carichi di tensione psicologica. Il finale squarcia questa routine imposta, mostrando un forte gesto di rovesciamento che mette in discussione equilibri stabiliti da tempo, lasciando il pubblico con un’immagine di vulnerabilità e violenza reciproca.

L’allestimento di Popolizio vuole mettere in evidenza proprio questa complessità che si nasconde dietro a ogni parola e gesto. Un gioco teatrale che non si limita a raccontare una storia familiare ma porta in scena un vero e proprio scontro tra verità nascoste e segreti di famiglia, con una cura particolare per l’interpretazione di ogni singolo attore. Questo ritorno a casa si fa allora viaggio dentro le paure, le ambizioni e le delusioni di un nucleo famigliare, dove l’affetto è avvolto da un’insidia costante.

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