Rischio calo demografico in italia entro 2080: ministra economia segnala perdita di 7,9 milioni di abitanti al sud

Rischio calo demografico in italia entro 2080: ministra economia segnala perdita di 7,9 milioni di abitanti al sud

Il calo della natalità e l’invecchiamento della popolazione in Italia, con particolare impatto sul Mezzogiorno, influenzano lavoro, finanze pubbliche e richiedono un intervento coordinato del governo guidato da Giancarlo Giorgetti.
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L’articolo analizza il calo demografico in Italia, evidenziando le sfide legate alla denatalità, all’invecchiamento della popolazione e al loro impatto su lavoro, finanze pubbliche e territori, con particolare attenzione al Mezzogiorno. - Gaeta.it

L’andamento demografico in italia rappresenta un punto critico per le politiche pubbliche dei prossimi decenni, specie alla luce dei dati recenti sul calo della natalità e dell’invecchiamento della popolazione. Il ministro dell’Economia, Giancarlo Giorgetti, ha illustrato in commissione transizione demografica numeri preoccupanti, soprattutto riguardo il Mezzogiorno. Questo fenomeno modifica equilibri sociali ed economici, esponendo il paese a cambiamenti importanti nell’assetto del lavoro, delle finanze pubbliche e della stessa struttura demografica territoriale.

La denatalità come questione centrale nelle strategie di governo

Nel corso dell’audizione, il ministro ha indicato la denatalità come una delle criticità strutturali più rilevanti per l’economia italiana. Questo fenomeno non riguarda solo l’Italia, ma anche molte altre nazioni con economie avanzate. Il segnale che arriva è chiaro: la questione non è isolata o unica, ma parte di un fenomeno globale. La sfida posta dalla diminuzione dei nati tocca vari ambiti, dai sistemi previdenziali ai servizi sanitari.

Un tema trasversale per il governo

Giorgetti ha definito la risposta alla denatalità un “tema trasversale”. È necessaria una collaborazione ampia, che coinvolga istituzioni, territori e società civile per tentare di arrestare o quantomeno rallentare il trend negativo. L’attenzione del governo si è concentrata su un approccio articolato, un piano di azioni che si sviluppa su più livelli e che non considera misure singole ma un disegno complessivo.

Nel contempo, è stato sottolineato che non si può contare su risultati immediati: la curva demografica negativa è il risultato di decenni di andamenti e non si possono invertire in pochi anni. Ma i numeri, seppure spietati, devono rappresentare uno stimolo a impegnarsi concretamente.

Implicazioni della transizione demografica sui conti pubblici e il lavoro

Il ministro ha spiegato come i cambiamenti demografici influenzano direttamente la struttura finanziaria dello stato, aumentando la pressione su pensioni, sanità e assistenza a lungo termine. Nel corso del tempo si prevedono aumenti rilevanti della spesa in questi comparti, mentre un lieve effetto compensativo arriva dalla riduzione dei costi per l’istruzione, legata alla diminuzione dei giovani.

Secondo i dati dell’UE, a partire dal 2030 la forza lavoro italiana contribuisce in modo negativo alla crescita economica. Questo dato non è solo italiano, ma interessa molte economie europee. I problemi maggiori sono attesi soprattutto nella prima metà degli anni ’40, quando la generazione dei baby boomers uscirà gradualmente dal mercato del lavoro, lasciando un vuoto difficile da colmare.

Effetti sulla pressione fiscale

Oltre alla spesa, la riduzione della popolazione giovane comporta diminuzioni nelle entrate fiscali e contributive. Gli ultimi dati sulle dichiarazioni dei redditi evidenziano una contrazione della quota di contribuenti sotto i 45 anni e un aumento di quelli con più di 65, che pesa di più sulla distribuzione del reddito e quindi anche sui gettiti fiscali.

Sud italia al centro del declino demografico italiano

Il quadro territoriale mette in evidenza una disparità importante tra nord, centro e sud del paese. Nel breve periodo il nord registra un leggero aumento della popolazione, mentre il centro subisce un modesto calo. Il Mezzogiorno invece sta affrontando un calo ben più marcato dei residenti.

Nel medio e lungo termine la contrazione coinvolgerà tutto il territorio nazionale, ma nelle regioni meridionali si rischia una perdita drammatica di abitanti, stimata fino a 3,4 milioni entro il 2050 e 7,9 milioni entro il 2080. La portata di questo calo rischia di modificare in modo profondo la composizione sociale ed economica di queste aree.

L’esecutivo riconosce questo scenario come una delle maggiori sfide, consapevole che il declino viene da una serie intrecciata di cause economiche, sociali e culturali accumulate nel tempo. Contrastare questa tendenza non è semplice e necessita di un impegno costante e coordinato che tocchi vari aspetti della società.

Dati demografici e modifiche nel profilo dei contribuenti italiani

Un aspetto emerso dall’audizione riguarda le trasformazioni demografiche riflesse nella distribuzione dei contribuenti per età. Nel 2004, chi aveva meno di 45 anni componeva il 41% dei contribuenti; nel 2023 questa quota è scesa al 31%. Nello stesso arco di tempo la percentuale di reddito dichiarata dai contribuenti con più di 65 anni è salita dal 24% al 35%.

Cambiamento nella base imponibile

Questo cambia le basi imponibili principali, in quanto il gruppo più anziano tende a contribuire in modo diverso rispetto ai giovani. Inoltre nel 2023 il numero dei contribuenti con almeno 65 anni risultava pari alla metà di quelli con meno di 65 anni, un incremento significativo rispetto al passato.

Tali dati supportano il quadro di una popolazione che invecchia e che gradualmente modifica anche le dinamiche fiscali. Si riflettono sulle casse pubbliche e sulle prospettive di sostenibilità economica, richiedendo una riflessione sulle politiche di welfare, previdenza e lavoro.

Giorgetti ha infine ribadito che il governo non si sottrae alla realtà e che il confronto con il declino demografico passa attraverso un lavoro collettivo, con azioni mirate e una visione aperta alle variabili complesse che regolano questo fenomeno.

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