L’inchiesta sull’omicidio del giudice Antonino Scopelliti, assassinato il 9 agosto 1991 a Piale, frazione di Villa San Giovanni, registra un importante slittamento nelle attività investigative. A causa di un difetto nella notifica, la Direzione distrettuale antimafia di Reggio Calabria ha deciso di posticipare al 4 giugno gli accertamenti tecnici non ripetibili di tipo biologico. Questi accertamenti, fondamentali per chiarire alcuni aspetti dell’omicidio, rientrano in una serie di procedimenti che la Dda porta avanti da anni contro i vertici della criminalità organizzata coinvolti nell’episodio.
Il problema delle notifiche e la nuova calendarizzazione degli esami tecnici
Le operazioni previste in un primo momento per la data odierna si sono dovute fermare a causa di mancate notifiche indirizzate a indagati e parti offese. L’avviso era stato firmato dal procuratore Giuseppe Lombardo e dal pm Sara Parezzan, responsabile dell’inchiesta. Diversi indagati, molti già in carcere, assieme ai familiari del giudice assassinato, avrebbero dovuto ricevere queste comunicazioni. Alcune notifiche non sono andate a buon fine, quindi la Dda ha coinvolto la segreteria dell’ufficio requirente e la Squadra mobile di Reggio Calabria per notificarle nuovamente.
Le nuove comunicazioni specificano anche il luogo degli accertamenti: i laboratori del Gabinetto regionale di polizia scientifica. Qui un perito incaricato dalla Procura svolgerà le analisi biologiche. Gli indagati avranno la possibilità di nominare consulenti tecnici per partecipare a queste operazioni e garantire la loro presenza durante i test. Solo dopo questa fase si potrà definire esattamente quando partiranno le operazioni materiali di accertamento, che si preannunciano decisive per l’evoluzione dell’inchiesta.
Leggi anche:
Gli indagati e il contesto criminale del procedimento
All’avvio dell’indagine, i soggetti iscritti nel registro degli indagati erano 24. Negli anni, tre di loro sono deceduti: il noto boss di Castelvetrano Matteo Messina Denaro, il capo della cosca di Archi Giovanni Tegano e Francesco Romeo, legato alla famiglia di Cosa nostra catanese tramite matrimoni. Romeo è ancora presente nella lista degli indagati, tuttavia nei suoi confronti non sono consentite ulteriori azioni processuali per il delitto Scopelliti, dopo l’assoluzione in un procedimento precedente.
Gli altri venti indagati sono esponenti di vertice delle organizzazioni mafiose di Catania e della ‘Ndrangheta calabrese. La Procura muove loro accuse pesanti, fra cui l’omicidio del magistrato, avvenuto più di trent’anni fa. L’inchiesta prosegue con l’obiettivo di ricostruire ruoli e responsabilità, facendo luce su un agguato rimasto senza risposte definitive per lunghi anni.
Le tappe principali degli accertamenti tecnici nella ricostruzione del delitto
Il processo investigativo ha visto diverse fasi importanti. Nel marzo 2019, erano stati eseguiti accertamenti su un fucile, rinvenuto sepolto a Belpasso, provincia di Catania, grazie alla collaborazione di un pentito di mafia, Maurizio Avola. Successivamente, nell’aprile scorso, la Dda ha svolto un esperimento giudiziale sul luogo dell’assassinio di Scopelliti, ricostruendo la dinamica dell’agguato attraverso il posizionamento della vettura del magistrato, per tentare di far luce sulla sparatoria avvenuta nel 1991.
Nuovi accertamenti biologici non ripetibili
Ora la Direzione distrettuale antimafia dovrà effettuare nuovi accertamenti biologici non ripetibili, che verteranno sull’autovettura Bmw condotta da Scopelliti il giorno dell’attentato. Questi elementi tecnici serviranno a confrontare materiali biologici con quelli già analizzati sulle parti del veicolo e sul fucile sequestrato. È ancora da chiarire se si tratti di impronte digitali, tracce di sangue o altro materiale, né si sa se questo materiale provenga dalla vettura conservata dalla famiglia del magistrato o dall’arma seppellita e ritrovata grazie alla collaborazione di Avola.
Questi esami potrebbero offrire nuovi indizi, importanti per eventualmente risolvere un delitto che ha segnato la storia giudiziaria della Calabria e dell’Italia, aggiungendo dettagli concreti alla lunga indagine su una delle pagine più oscure della lotta contro le mafie.
“Un passaggio cruciale per la giustizia che attende risposte da oltre trent’anni,” commentano gli esperti.