Al Senato arriva il ddl 1353, già approvato alla Camera, che rivoluziona l’ordinamento giudiziario con la separazione delle carriere dei magistrati e la nascita di nuovi organi di autogoverno. Il testo, ancora da completare in commissione, sarà discusso in aula nel formato trasmesso da Montecitorio. Tra le novità più rilevanti l’istituzione di due consigli superiori della magistratura distinti e di un’Alta Corte disciplinare con poteri specifici verso i magistrati.
Cosa prevede il ddl 1353 sulla magistratura
Il disegno di legge costituzionale 1353 si propone di modificare articoli fondamentali della Costituzione legati all’ordinamento giudiziario. Il cuore del provvedimento è la separazione netta delle carriere tra magistrati giudicanti, cioè coloro che emettono sentenze, e magistrati requirenti, ovvero chi svolge funzioni inquirenti o di pubblico ministero.
Il ddl prevede la creazione di due organi distinti di autogoverno: il Consiglio superiore della magistratura giudicante e quello della magistratura requirente. Entrambi verrebbero presieduti dal presidente della Repubblica, confermando così un ruolo di garanzia istituzionale.
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Questo assetto punta a diversificare le modalità di gestione e rappresentanza delle due categorie di magistrati che finora condividevano una stessa struttura di governo, secondo il modello vigente.
Al momento l’esame in commissione al Senato non si è ancora concluso. Il provvedimento, arrivato in aula senza mandato al relatore, conserva le caratteristiche del testo uscito dalla Camera.
Come sono composti e funzionano i nuovi consigli superiori
I due nuovi consigli superiori della magistratura si differenziano per composizione e rappresentanza, mantenendo però principi di indipendenza istituzionale.
Al Consiglio superiore della magistratura giudicante partecipa di diritto il primo presidente della Corte di Cassazione, mentre al corrispettivo della magistratura requirente siede il procuratore generale della stessa Corte.
Restano componenti estratti a sorte in parte da liste di professori ordinari di discipline giuridiche e avvocati con almeno quindici anni di attività. Questi elenchi vengono redatti dal Parlamento in seduta comune, entro sei mesi dall’insediamento dei consigli, tramite elezioni specifiche.
Un terzo dei membri proviene da questa procedura di sorteggio, mentre i restanti due terzi sono magistrati scelti tra le rispettive categorie: giudicanti o requirenti. Ciascun consiglio nomina un vicepresidente estratto proprio tra i membri designati per sorteggio.
I componenti destinati per sorteggio durano in carica quattro anni e, per evitare conflitti di interesse, non possono iscriversi ad albi professionali né ricoprire cariche parlamentari o regionali durante il mandato. Non partecipano inoltre a successivi sorteggi durante il loro mandato.
Questi meccanismi puntano a garantire un equilibrio tra professionalità giuridica esterna e esperienza interna alle due magistrature, limitando influenze esterne ai consigli.
L’istituzione e i compiti dell’alta corte disciplinare
La creazione dell’Alta Corte disciplinare rappresenta un punto centrale della riforma. Questa nuova corte ha il compito esclusivo di giudicare i magistrati ordinari, sia giudicanti che requirenti, in materia disciplinare.
La composizione prevedrebbe quindici giudici con caratteristiche diversificate: tre nominati direttamente dal presidente della Repubblica tra professori ordinari di diritto e avvocati con almeno venti anni di esercizio professionale, tre estratti a sorte da un elenco compilato dal Parlamento con gli stessi requisiti e nove magistrati estratti a sorte, sei giudicanti e tre requirenti.
Il Parlamento ha sei mesi dall’insediamento per organizzare le liste e selezionare i membri per sorteggio. Questo sistema tenta di combinare competenze esterne accademiche e professionali con la presenza di magistrati ordinari, per un giusto bilanciamento.
La riforma prevede anche la possibilità di impugnare le sentenze adottate dall’Alta Corte davanti alla stessa, che giudicherà però in una composizione diversa rispetto alla prima istanza. Questa procedura introduce un grado ulteriore di controllo sulle decisioni disciplinari.
Perché nasce l’alta corte disciplinare
L’istituzione di questa corte speciale mira a rendere più rigoroso e trasparente il trattamento delle violazioni disciplinari all’interno del mondo giudiziario, separando l’ambito disciplinare dall’autogoverno consueto affidato ai consigli superiori.
L’arrivo in aula al Senato segnerà la fase più delicata del dibattito, soprattutto alla luce delle profonde modifiche alle strutture storiche della magistratura italiana. La discussione si preannuncia complessa, con impatti rilevanti sull’assetto istituzionale e sulle dinamiche interne dei magistrati.
“La riforma rappresenta un cambiamento significativo nel modo in cui viene gestita e controllata la magistratura, con una chiara separazione di ruoli e responsabilità”, sottolineano alcuni osservatori.