L’omicidio di Chiara Poggi, avvenuto nel 2007 a Garlasco, continua a essere oggetto di accertamenti da parte degli inquirenti. Un’indagine parallela, condotta dal Nucleo investigativo dei carabinieri di Milano e dalla Procura di Pavia, propone una versione diversa rispetto a quella ormai definitiva che ha condannato Alberto Stasi. Il punto centrale riguarda la presenza o meno di un accurato lavaggio delle tracce di sangue nel bagno della casa, e il modo in cui l’aggressore avrebbe lasciato gli elementi utili alle indagini. Questo articolo analizza le nuove dinamiche e le evidenze emerse, nel tentativo di fare chiarezza su alcuni dettagli cruciali del caso.
dubbi sul lavaggio delle tracce nel bagno di Chiara Poggi
L’indagine alternativa solleva dubbi importanti sull’ipotesi che l’aggressore si sia lavato le mani e abbia pulito il dispenser del sapone e il lavabo, come invece indicato dalla sentenza di condanna di Alberto Stasi. Secondo la sentenza che ha condannato Stasi a 16 anni, furono trovate due impronte sul dispenser usato verosimilmente per detergersi dopo il delitto. Questi segni, uniti al fatto che il dna della vittima non fosse mischiato alle impronte, vennero interpretati come una prova che chi ha commesso l’omicidio aveva lavato accuratamente sia le mani sia gli strumenti usati, cancellando qualsiasi traccia di sangue.
Analisi del Nucleo investigativo e del Ris di Milano
Gli investigatori ora contestano questa dinamica. Si basano sulle analisi effettuate dal Ris che confermano l’assenza di tracce ematiche sul lavandino, ma sollevano il problema della presenza di più impronte papillari sovrapposte sul dispenser. Questi segni non si sarebbero conservati se il lavandino e il dispenser fossero stati puliti davvero. Inoltre, sono stati rilevati dna di Chiara e sua madre su questi oggetti, un ulteriore indizio che il lavaggio accurato, così come descritto nella sentenza, non sarebbe avvenuto.
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Le prove contraddittorie rilevate sul campo dagli investigatori
Altri elementi che stanno mettendo in discussione l’ipotesi ufficiale emergono dalla documentazione raccolta durante i primi sopralluoghi nella casa. Una foto mostra la presenza di quattro capelli neri lunghi, posizionati vicino allo scarico del lavandino del piano terra. Secondo gli esperti che seguono il caso, questi capelli non possono essere stati trovati con quell’ordine se fosse stato effettuato un lavaggio: l’acqua avrebbe infatti portato via questi residui.
Queste evidenze spingono a ritenere che il bagno non sia stato pulito come descritto dalla sentenza e che la scena del crimine potrebbe conservare più indizi utili. La presenza delle numerose impronte sovrapposte, insieme al dna rilevato, sembra indicare che l’aggressore abbia lasciato tracce più evidenti di quanto ritenuto fino ad ora.
Impronta sulla porta d’ingresso e ipotesi di più autori del delitto
Un altro elemento analizzato dagli investigatori riguarda l’impronta, nota come numero 10, trovata sulla maniglia interna della porta d’ingresso di casa Poggi. Questa traccia è stata considerata potenzialmente lasciata da una persona presente durante o subito dopo l’omicidio, probabilmente l’assassino o un complice, prima che fuggisse dall’abitazione.
Le indagini in corso considerano l’ipotesi che il delitto non sia stato compiuto da una sola persona. Alcuni dettagli, come appunto questa impronta e le modalità di gestione della scena del crimine, aprono la possibilità che più individui abbiano partecipato. L’esame delle prove biologiche e delle impronte rimane fondamentale per chiarire questa eventualità.
Il fascicolo a carico di Andrea Sempio, indagato insieme ad altri per concorso nel delitto, rappresenta la nuova direzione verso cui si muovono gli accertamenti degli investigatori. Le novità nelle indagini mostrano come alcuni particolari fondamentali possano gettare nuova luce sulla vicenda, rimettendo in discussione alcune certezze giudiziarie e stimolando approfondimenti anche dopo più di quindici anni dal fatto.