Richieste di pene severe nel processo "Assedio": 148 anni per i vertici di mafia a Roma

Richieste di pene severe nel processo “Assedio”: 148 anni per i vertici di mafia a Roma

Il processo “Assedio” a Roma coinvolge 63 imputati, con richieste di pene per 148 anni e arresti legati a una rete mafiosa che minaccia l’economia locale e la sicurezza pubblica.
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Richieste di pene severe nel processo "Assedio": 148 anni per i vertici di mafia a Roma - Gaeta.it

Nel processo “Assedio”, che ha coinvolto diversi esponenti della criminalità organizzata a Roma, il pubblico ministero Francesco Cascini ha presentato richieste di pene complessive pari a 148 anni di carcere per 24 dei 63 imputati. Questa operazione, partita a luglio dalla Direzione Distrettuale Antimafia, ha portato a 18 arresti e al sequestro di beni per un valore di 131 milioni di euro. Tra i nomi più noti spiccano i figli di Enrico Nicoletti, storico boss della Magliana, e altri membri di organizzazioni mafiose come ‘ndrangheta e camorra, che avrebbero creato una rete di infiltrazione nell’economia capitolina.

Un’operazione contro le mafie romane

L’inchiesta “Assedio” scoperchia un sistema di riciclaggio e usura radicato nell’economia legale della capitale. Secondo il racconto del pubblico ministero, i reati commessi non si limitano ai confini delle tipiche dinamiche mafiose. Infatti, l’indagine rivela una mafia peculiare, una “mafia romana”, con una rete di politici, imprenditori e gruppi di estrema destra coinvolti. Tra i più emblematici c’è Antonio Nicoletti, che ha mantenuto rapporti con figure cruciali della criminalità, come testimoniato da intercettazioni nelle quali discutono su come utilizzare la propria influenza per controllare l’ambito locale.

Il profilo di questi criminali è complesso e articolato. Non ci si limita a semplici attività fuori legge, ma si instaura un gioco di potere che coinvolge anche l’amministrazione pubblica. Le intercettazioni rivelano frasi che rimarcano la loro consapevolezza del potere che detengono: “…dobbiamo distruggere o dobbiamo creare?…”, evidenziando l’approccio pragmatico e spietato verso l’economia e le relazioni sociali nel cuore di Roma. Gli incontri tra boss avvengono in luoghi emblematici della città, da ristoranti frequentati da benestanti a zone più periferiche, delineando l’ampio raggio d’azione di questa rete malavitosa.

I protagonisti del processo e le pene richieste

Tra i nomi più rilevanti nel processo emergono quelli di Vincenzo, un camorrista di alto rango, Sergio Gangemi, noto esponente dell’ndrangheta, e Anna Bettozzi, soprannominata “lady Petrolio“. Le richieste per i loro coinvolgimenti e per altri sodali indicano una grave responsabilità in attività come il riciclaggio di denaro e l’estorsione, leggi che affondano le radici nell’usura. Il pm ha chiesto pene severe, tra cui dieci anni per Antonio Nicoletti, accusato di favorire il superlatitante Matteo Messina Denaro.

Importante è anche il caso di Daniele Muscariello, produttore cinematografico, per il quale si richiedono dodici anni di reclusione. I collegamenti tra sport e malavita emergono chiaramente, come nel caso di Giorgio Bresciani, ex calciatore accusato di riciclaggio di denaro. La rete di Nicoletti ha come obiettivo il controllo dell’economia illecita e la costruzione di alleanze strategiche con vari gruppi, inclusa l’estrema destra, rafforzando così la propria influenza.

Il clima di paura e violenza

Lo scenario descritto dall’inchiesta offre un quadro allarmante di una Roma dove la violenza e l’intimidazione sono parte del quotidiano per numerosi imprenditori. Salvatore Pezzella, uno dei leader del sodalizio, ha particolarmente messo in risalto la delicatezza della situazione, affermando che chi opera nella capitale deve sempre essere consapevole della presenza della mafia: “…devi essere una persona seria insieme a loro…”. Questa affermazione riflette un clima di paura che circonda le attività legali, dove la criminalità cerca di estorcere sommarie ricchezze senza scrupoli.

L’influenza delle organizzazioni mafiose nei vari settori economici non è un fenomeno isolato, ma distribuito su un ampio numero di attività, che abbracciano dal traffico di sostanze fino al riciclaggio di fondi sporchi. Ciò sottolinea la necessità di una vigilanza costante da parte delle forze dell’ordine e delle istituzioni, che devono rispondere con forza per proteggere l’integrità economica e sociale della capitale. La criminalità organizzata a Roma sembra quindi aver trovato un terreno fertile, e il lavoro della magistratura è cruciale per restituire legalità e sicurezza ai suoi cittadini.

Ultimo aggiornamento il 23 Gennaio 2025 da Laura Rossi

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