La riapertura del caso chiara poggi ha riportato l’attenzione su alcuni aspetti poco chiari e figure coinvolte già nelle prime indagini del 2007. Tra queste, spiccano le cugine gemelle della vittima, stefania e paola cappa, che pur non essendo indagate oggi, restano al centro di diverse supposizioni emerse dal processo. Le nuove analisi hanno anche riacceso il dibattito sull’identità del possibile assassino, aprendo la strada a ipotesi diverse dalla sentenza che ha condannato alberto stasi.
Le cugine stefania e paola cappa e il loro ruolo nel caso
Le gemelle stefania e paola cappa comparirono fin da subito nelle indagini sul delitto di chiara poggi, avvenuto il 13 agosto 2007 a garlasco, in provincia di pavia. All’epoca vennero esaminate come possibili persone di interesse ma non indagate formalmente. La loro presenza nell’inchiesta emerge da varie testimonianze e dalla circolazione di voci che indicavano contrasti familiari, anche se nessuna prova diretta le ha mai collegate all’omicidio.
Il fatto che siano state coinvolte fin da subito indica che gli investigatori non trascurarono le piste alternative rispetto alla versione che ha portato alla condanna dell’ex fidanzato di chiara. Nel corso degli anni, tuttavia, le gemelle non sono mai state portate a giudizio né hanno subito azioni legali formali. Il loro ruolo resta ambivalente, accompagnato da sospetti mai confermati da elementi concreti.
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Nel corso della riapertura, la compressione degli accertamenti ha permesso di rimettere in luce questa presenza con l’obiettivo di approfondire tutti i dubbi. Rimane dunque sempre possibile che la verità sia più complessa del racconto ufficiale e che altre persone abbiano avuto un ruolo, sebbene finora nessuno abbia documentato responsabilità dirette delle cugine.
Le ipotesi di un’assassina donna e i dati emersi dalle prime indagini
Già pochi giorni dopo il ritrovamento del corpo di chiara poggi, comparvero sul quotidiano la provincia pavese articoli che suggerivano un profilo diverso per l’omicida rispetto a quello che sarebbe stato poi processato. Nel pezzo datato 15 agosto 2007 si leggeva di una scena in cui la vittima avrebbe aperto in pigiama la porta a una persona nota, e subito dopo sarebbe stata colpita violentemente alle spalle con un colpo alla nuca.
Gli inquirenti dell’epoca tentarono di spiegare che il gesto di assalto alle spalle rendeva plausibile l’ipotesi di un omicidio commesso da una donna, poiché non fu necessario sopraffare fisicamente la vittima. Questa tesi si rafforzava dal ritrovamento di un’impronta di scarpa femminile nella villa, che venne riportata come un elemento in grado di aprire una nuova pista investigativa.
Questo dettaglio mise in discussione la linea accusatoria che puntava tutto su alberto stasi, ampliando lo spettro dei sospetti anche a figure femminili vicine o meno note a chiara poggi. L’ipotesi di un’assassina donna circolò in modo concreto, spingendo allora l’inchiesta a sondare ruoli e frequentazioni dell’ambiente familiare e sociale della vittima.
La dinamica del delitto e le testimonianze raccolte il giorno dopo il fatto
Il 13 agosto 2007 chiara poggi venne trovata morta nella sua abitazione di garlasco. Già dalle ore seguenti cominciarono le prime rilevazioni scientifiche e l’intervista di vicini e conoscenti. La scena del crimine indicava uno scontro improvviso, con un colpo alla nuca che paralizzò la vittima senza possibilità di difesa.
Le testimonianze del giorno successivo, poi riprese da la provincia pavese, raccontavano che chiara aveva aperto la porta a qualcuno che conosceva, una persona che fu accolta senza sospetti in vestaglia. Questo aspetto segnala un legame stretto tra vittima e assassino, elemento su cui si concentrò la ricerca del colpevole.
Le impronte, anche quelle della scarpa femminile, accompagnarono un quadro complesso in cui nessun dettaglio venne tralasciato. Nonostante le stigmate iniziali verso stasi, che fu infine condannato, si creò uno scenario investigativo dove tutti i soggetti presenti nel contesto di chiara poggi venivano valutati con attenzione.
Questi elementi hanno mantenuto vivo il dibattito processuale per anni, soprattutto alla luce di successive revisioni della sentenza e della riapertura dell’istruttoria che cerca di capire se il vero responsabile possa essere effettivamente un altro, anche donna.