Riapertura dei cold case in Italia: l'approccio attuale alle indagini su delitti irrisolti

Riapertura dei cold case in Italia: l’approccio attuale alle indagini su delitti irrisolti

Le forze di polizia italiane, con l’Unità Delitti Insoluti e il Servizio Centrale Operativo, riaprono cold case storici come quelli di Manuela Murgia e Pierangelo Fioretto grazie a nuove tecnologie scientifiche e indagini approfondite.
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L’articolo descrive come l’Unità Delitti Insoluti della polizia italiana riapre e analizza cold case grazie a nuove tecnologie scientifiche e un lavoro investigativo approfondito, offrendo nuove speranze di giustizia per vittime e famiglie. - Gaeta.it

Negli ultimi anni molte inchieste archiviate o considerate concluse tornano al centro dell’attenzione degli investigatori. Questi cosiddetti cold case, anche dopo decenni, riprendono vita grazie a nuove tracce e tecnologie scientifiche. Le forze di polizia italiane, con l’Unità Delitti Insoluti , hanno esaminato centinaia di casi irrisolti, cercando risposte per famiglie ancora senza giustizia. Gli esempi sono molteplici e rivelano il lavoro paziente e dettagliato svolto tra archivi, reperti e testimonianze, nella speranza di svelare verità rimaste nascoste.

L’attività dell’unità delitti insoluti e il ruolo degli ultimi progressi tecnici

L’UDI della polizia di stato ha scandagliato circa 300 casi chiusi, riaprendone oltre sessanta con riscontri concreti. Tra i casi tornati al vaglio c’è la morte di Manuela Murgia a Cagliari, 16enne trovata senza vita trent’anni fa e classificata come suicidio, e l’omicidio di Nadia Cella, segretaria assassinata a Chiavari nel 1996. Questi esempi dimostrano come fascicoli una volta accantonati possano restituire nuovi scenari quando analizzati con l’approccio odierno.

Parole di pamela franconieri sul lavoro di squadra

Il vice questore Pamela Franconieri, responsabile della sezione “reati contro la persona” del Servizio Centrale Operativo, spiega che molti fascicoli sono rimasti fermi e “sono venuti rispolverati solo grazie a un lavoro di squadra.” Non si tratta di inseguire numeri, ma di “restituire dignità alle vittime e alle loro famiglie.” Ogni volta che un caso viene riaperto, c’è la consapevolezza che il colpevole potrebbe non averla fatta franca. Il coordinamento coinvolge il Servizio Scientifica, le squadre mobili territoriali e il centrale operativo, per un’indagine che associa competenze diverse e strumenti più aggiornati rispetto al passato.

Un esempio recente: il caso fioretto e begnozzi

Tra le inchieste riaperte spicca l’omicidio di Pierangelo Fioretto e Mafalda Begnozzi, uccisi a Vicenza nel 1991 davanti a casa senza un movente chiaro. La rivalutazione del caso è stata possibile grazie a nuove analisi DNA su reperti conservati e mai analizzati con tecnologie moderne. Il laboratorio della polizia scientifica ha estratto un profilo genetico decisivo, che ha permesso di confrontare i dati con le banche dati nazionali. Questo ha portato a individuare un sospettato dopo più di trent’anni, un passo avanti rilevante grazie alla scienza forense che “non dimentica.”

Importanza della conservazione delle tracce biologiche

Questo caso sottolinea come la conservazione accurata degli elementi fondamentali, come le tracce biologiche, sia cruciale per la ricostruzione e risoluzione di delitti rimasti senza colpevoli. Gli strumenti attuali offrono potenzialità che non erano a disposizione all’epoca dei fatti, rendendo possibile rimettere in piedi indagini ferme da tempo.

L’importanza della rivisitazione scientifica e investigativa

Nei cold case la scienza gioca un ruolo chiave per recuperare prove che sembravano perdute. La corretta conservazione dei reperti permette infatti di sottoporli a nuovi test. Ma la parte tecnica va sempre accompagnata da un lavoro investigativo approfondito. Rivedere il contesto, le abitudini della vittima, le relazioni personali può offrire piste prima non esplorate. Nel caso di un omicidio avvenuto in spazio aperto, ad esempio, gli investigatori hanno riesaminato planimetrie, fotografie storiche e perfino le condizioni meteo del giorno del delitto per ricostruire la scena in modo più preciso.

Non si tratta di criticare le ricerche precedenti ma aggiornare l’approccio con metodi oggi disponibili. L’analisi combinata tra nuove tecniche scientifiche e una ricostruzione attenta degli eventi aiuta a individuare elementi che potevano sfuggire. “È una strategia sorta da esperienze sul campo, dove la lettura fresca di un caso può aprire nuove strade.”

Motivazioni e procedure per la riapertura di un fascicolo

La riapertura di un caso non è casuale. Serve una decisione formale da parte del giudice su richiesta del pubblico ministero. La richiesta deve basarsi su elementi concreti: la possibilità di nuove prove, reperti ben conservati ancora da analizzare o nuove testimonianze. Solo se sussistono queste condizioni, le indagini possono tornare operative.

L’attenzione è alta perché dietro ogni fascicolo ci sono vite spezzate e famiglie in cerca di risposte. Ogni nuovo dettaglio deve essere verificato con cura, per evitare errori ma anche per non chiudere porte che rimangono aperte per troppo tempo. A volte nuove informazioni emergono da fonti inattese o sviluppi scientifici, ma qualsiasi passo è preso con cautela e rispetto per chi aspetta verità.

Unire tecnologie avanzate e metodi tradizionali

La metodologia unisce quindi l’uso di tecnologie di analisi avanzate, come il DNA e l’indagine balistica, all’esame tradizionale di testimonianze e prove documentali. Alcune piste ritenute impensabili anni fa ora si possono ricostruire grazie a strumenti più precisi.

Il lavoro sulle indagini riaperte è un’attività che si regge su pazienza e aggiornamento costante, capace di dare nuova voce a delitti che sembravano chiusi, dimostrando che in certi casi “il tempo non cancella tutti i dubbi o le responsabilità.”

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