La recente operazione di restauro sul film muto La spedizione Franchetti nella Dancalia etiopica riporta alla luce un documento storico raro, legato alla storia della cinematografia documentaristica italiana e alle vicende coloniali degli anni ’20. Il lungometraggio, girato nel 1929 durante la spedizione in Etiopia, torna accessibile grazie al lavoro congiunto tra l’Università di Udine e Cinecittà – Archivio storico Luce. Alcuni estratti restaurati, accompagnati da un volume dedicato, verranno mostrati al festival Il cinema ritrovato di Bologna, riaffermando la vitalità del patrimonio audiovisivo d’epoca.
La presentazione al festival il cinema ritrovato e il valore culturale del progetto
L’ateneo di Udine ha informato che alcuni estratti del documentario restaurato congiuntamente al volume di approfondimento saranno mostrati al festival Il cinema ritrovato di Bologna, evento noto per la valorizzazione del patrimonio cinematografico storico. Questa occasione segna la prima visibilità pubblica in anni di un oggi raro reperto, capace di testimoniare un’epoca e allo stesso tempo la storia del cinema documentaristico italiano.
Il filmato serve a riflettere non soltanto su un episodio della memoria coloniale, ma anche su come l’immagine e la narrazione abbiano giocato un ruolo centrale nella costruzione del consenso. Ogni fotogramma restaurato rappresenta un pezzo di passato che, rinnovato, si fa strumento nelle mani della ricerca storica e delle istituzioni culturali. Lo sappiamo, riscoprire questi materiali significa tenere in vita tracce preziose, senza effettismi o esaltazioni, ma collocate nel loro giusto contesto storico e artistico.
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Il ritrovamento della copia originale della famiglia franchetti
Un elemento che aggiunge valore a questo restauro è la scoperta di una copia positiva della pellicola legata direttamente alla famiglia Franchetti. Questo filmato, sino a poco tempo fa considerato perduto, è stato ritrovato e archiviato dagli studiosi coinvolti nell’operazione. Il ritrovamento consente di confrontare e verificare alcune sezioni della ricostruzione e favorisce un’ulteriore comprensione della storia del documento.
Questa copia storica è fondamentale al di là dell’aspetto tecnico. Permette di entrare in contatto diretto con l’interpretazione visiva e narrativa voluta dagli stessi protagonisti della spedizione, offrendo uno spaccato su come la famiglia baronale e i loro contemporanei hanno rappresentato quelle vicende. La pellicola, silent e in bianco e nero, con didascalie incisive, rimane un testimone visivo che richiama tanto l’antropologia quanto la politica di quegli anni.
La genesi del film documentario e il contesto storico
La spedizione del barone Raimondo Franchetti in Dancalia, regione remota dell’Etiopia, si svolse tra novembre 1928 e giugno 1929 e rappresentò un momento significativo nella propaganda e nell’immagine coloniale italiana. L’ideazione del film nacque dall’Istituto Luce, che inviò l’operatore Mario Craveri per documentare questi eventi, realizzando così un cortometraggio muto in bianco e nero con didascalie esplicative.
Non si trattava solo di un resoconto visivo, ma di uno strumento che voleva mostrare al pubblico italiano le attività di esplorazione e consolidamento dell’impero nel Corno d’Africa. Sebbene oggi rappresenti un documento storico, all’epoca il film ebbe immediato risalto. La pellicola fu concepita appositamente per la famiglia Franchetti e presentata con due differenti versioni, il 19 novembre 1929 a Treviso, al teatro Garibaldi, e il giorno dopo al teatro Augusteo di Roma, in presenza della famiglia reale. Queste prime proiezioni divisero la pellicola in quattro o sei parti a seconda dell’edizione, con montaggi diversi per adattare il racconto alle diverse platee.
Il lungo percorso del restauro e le fasi della ricostruzione
Il restauro di questo documentario è il risultato di un progetto di ricerca iniziato nel 2017 e condotto attraverso un intenso lavoro tra il Dipartimento di Studi umanistici e del patrimonio culturale dell’Università di Udine e i laboratori tecnici coinvolti. Il materiale di partenza ha incluso i negativi originali conservati dall’Archivio storico Luce di Cinecittà. La complessità è stata dovuta all’assenza di copie positive complete o versioni originali ben conservate, soprattutto della versione più estesa in sei parti, che rappresentava la proiezione più articolata e significativa.
Gli studiosi Andrea Mariani e Serena Bellotti si sono occupati della direzione scientifica, garantendo l’aderenza storica e filologica del lavoro. Gianandrea Sasso ha seguito la direzione tecnica. Grazie a questa collaborazione è stato possibile produrre una “edizione critica” del film, che per la prima volta restituisce un’immagine il più fedele possibile di come la pellicola veniva presentata nel 1929. Non a caso, Mariani e Bellotti specificano che questa versione è un’approssimazione convalidata dalla documentazione sopravvissuta, poiché manca una copia positiva autentica della versione completa.