Renato Vallanzasca: la storia del bandito milanese ora in regime di detenzione domiciliare

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Renato Vallanzasca: la storia del bandito milanese ora in regime di detenzione domiciliare - Fonte: Adnkronos | Gaeta.it

La figura di Renato Vallanzasca, uno dei più noti e controversi criminali italiani, continua a suscitare interesse e discussioni. Condannato a quattro ergastoli e 295 anni di reclusione, la sua vita di criminalità è documentata nel libro autobiografico “Il fiore del male. Bandito a Milano” e nel film “Vallanzasca – Gli angeli del male“. Recentemente, a causa di un riconoscimento di decadimento cognitivo, Vallanzasca ha ottenuto il trasferimento in una struttura assistenziale con differimento pena.

L’infanzia di Vallanzasca e i primi reati

Nato a Milano il 4 maggio 1950, Renato Vallanzasca cresce in un contesto familiare complesso. Riceve il cognome materno poiché il padre, Osvaldo Pistoia, non può riconoscerlo a causa delle leggi dell’epoca riguardanti i figli nati al di fuori del matrimonio. Questa situazione segna l’inizio della sua vita, che sarà caratterizzata da una serie di scelte discutibili.

La sua carriera criminale sembra iniziare in tenera età, quando a soli otto anni Vallanzasca, insieme a un amico e a suo fratello, tenta di liberare gli animali di un circo vicino a casa. La sua prima esperienza con la legge arriva rapidamente, culminando in un arresto e successivo trasferimento al carcere minorile Cesare Beccaria. Qui si avvia verso un percorso che lo porterà a commettere reati sempre più gravi, dall’espediente dei furti e taccheggi a Milano, fino alla formazione della famigerata “banda della Comasina“. Questo gruppo criminale diventa uno dei più influenti della città, segnando l’inizio della violenza e della delinquenza organizzata nel capoluogo lombardo.

Le origini della banda della Comasina

La banda della Comasina prende piede negli anni Settanta, quando Vallanzasca, un giovane carismatico e astuto, riesce a radunare attorno a sé un gruppo di delinquenti. Lasciano il segno in una Milano già colpita da una crescente violenza di strada. La popolarità del gruppo cresce, così come la loro audacia. Le rapine cominciano a diventare sempre più violente, comportando rischi e conseguenze letali. Vallanzasca diventa un faro di questo mondo criminale, pronto ad affrontare ogni sfida con determinazione e spietatezza.

Il primo arresto e le continue evasioni

Il 1972 segna una tappa cruciale nella vita di Vallanzasca, che viene arrestato insieme al fratello Roberto per la rapina a due supermercati. La condanna lo porta nel carcere di San Vittore, dove la sua vita dietro le sbarre non è affatto tranquilla. Renato avrebbe dovuto scontare dieci anni, ma a causa di una serie di tentativi di evasione, riesce a uscire dopo solo quattro anni. Durante la sua detenzione si rende responsabile di risse e sommosse, cambiando in totale ben 36 penitenziari diversi, in un clima di costante tensione.

La fuga dall’ospedale

Uno dei momenti più audaci della sua carriera criminale avviene quando, con un piano di evasione particolarmente macabro, si inietta urine infette e inala gas tossici per contrarre l’epatite. Dopo un ricovero in ospedale, riesce a sfuggire nuovamente alla prigione. La sua abilità nel fuggire e nel riprendere in mano la criminalità milanese è un chiaro segno della sua natura indomita e della mentalità pericolosa che lo ha accompagnato per tutta la vita.

La violenza in aumento: omicidi e sequestri

Durante il periodo di latitanza, Vallanzasca non si ferma. Riassembla una nuova banda e riprende le rapine a mano armata, aumentando il grado di violenza delle sue azioni. Queste rapine portano a omicidi; si stima che durante le sue azioni violente circa settanta persone perdono la vita. Con il passare del tempo, i suoi crimini si evolvono ulteriormente, portandolo a importanti sequestri di persona, che contribuiscono a incrementare la sua notorietà.

Gli arresti di Vallanzasca

Nel 1977, dopo aver passato anni nel sottobosco della criminalità, Vallanzasca viene infine catturato e ritornato in carcere. Gli anni che seguono vedono una serie di rocamboleschi tentativi di evasione, che culminano in una fuga nel 1980 durante un’operazione che coinvolge ostaggi. Ma le sue scappatoie non durano a lungo; una sparatoria in strada lo ferisce e lo riporta in prigione. Altre fughe seguiranno negli anni, tra cui un’evocativa fuga dal traghetto nel 1987 e un tentativo di evasione nel 1995.

Richieste di grazia e libertà condizionale

Nonostante i ripetuti tentativi di ottenere la grazia, Renato Vallanzasca ha sempre visto le sue richieste bocciate. In particolare la madre aveva intensamente implorato il presidente della Repubblica, Carlo Azeglio Ciampi, ma i risultati non sono mai stati positivi.

Il 13 giugno 2014, durante un regime di semilibertà, Vallanzasca è colto sul fatto mentre tenta di taccheggiare un supermercato, venendo arrestato di nuovo. Le autorità competenti negano costantemente la libertà condizionale, giustificando la loro decisione con motivazioni tra cui la mancanza di un ravvedimento e di risarcimenti per le vittime.

La svolta per Vallanzasca

Oggi, la situazione di Vallanzasca subisce un cambiamento significativo. Il tribunale di Sorveglianza di Milano ha disposto il trasferimento dall’assegnazione penitenziaria a una struttura assistenziale. Questo cambiamento è stato effettuato dopo aver riconosciuto il decadimento cognitivo del detenuto. Un passo che, secondo gli avvocati Corrado Limentani e Paolo Muzzi, permette un nuovo inizio per un uomo che ha segnato con la sua vita le cronache italiane e che oggi affronta un nuovo capitolo della sua esistenza.

Ultimo aggiornamento il 13 Settembre 2024 da Elisabetta Cina

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