Raid Usa contro sito nucleare iraniano: bomba bunker buster non utilizzata per profondità e posizione sotterranea

Raid Usa contro sito nucleare iraniano: bomba bunker buster non utilizzata per profondità e posizione sotterranea

Le operazioni militari Usa in Iran hanno evitato l’uso di bombe bunker buster su Isfahan per la profondità delle strutture, impiegando missili Tomahawk e bombardieri B-2 per colpire altri siti nucleari.
Raid Usa Contro Sito Nucleare Raid Usa Contro Sito Nucleare
Gli Stati Uniti hanno condotto raid mirati su siti nucleari iraniani, evitando l’uso di bombe bunker buster a Isfahan a causa della profondità delle strutture, impiegando invece missili Tomahawk per colpire obiettivi sotterranei più protetti. - Gaeta.it

Le operazioni militari Usa contro alcune installazioni nucleari in Iran nel fine settimana scorso hanno ricevuto particolare attenzione per l’assenza di bombe bunker buster sul sito di Isfahan. Nonostante la consistenza del programma nucleare iraniano e la profondità delle sue strutture, le forze armate americane hanno scelto armi diverse, suscitando interrogativi su motivazioni e strategie impiegate.

Le ragioni dietro l’assenza delle bombe bunker buster nei raid su isfahan

Durante un briefing riservato rivolto ai senatori americani, il generale Dan Caine, capo degli Stati Maggiori Riuniti, ha spiegato che le bombe bunker buster non sono state usate sul sito nucleare di Isfahan a causa della profondità delle strutture. Le edificazioni sotterranee sono troppo profonde per poter essere raggiunte efficacemente da questa tipologia di ordigni, che quindi avrebbero potuto risultare inutili. Questo dettaglio, emerso da fonti vicine a Caine e riportato dalla Cnn, fornisce chiarimenti sulla scelta tattica sbagliata per molti esperti.

Dettagli sulla bomba massive ordnance penetrator e la sua capacità

La bomba in questione, conosciuta come Massive Ordnance Penetrator , è progettata per penetrare diverse decine di metri nel terreno e distruggere obiettivi sotto la superficie. Eppure, nel caso di Isfahan, la struttura si trova ad una profondità tale che il suo impiego non sarebbe stato determinante. L’ibrido tra l’ubicazione e la natura dell’obiettivo ha quindi impedito l’utilizzo di questa arma pesante. Gli ufficiali americani ritengono infatti che circa il 60% delle scorte di uranio arricchito iraniano si trovi proprio nelle gallerie e nei tunnel sotterranei di quel sito, rendendo inutile un’arma incapace di penetrare tali barriere.

Dettagli dell’operazione e strumenti impiegati nei raid

Nel corso dell’azione militare del fine settimana sono stati impiegati bombardieri B-2, i quali hanno lanciato più di dieci bombe bunker buster sui siti nucleari di Fordow e Natanz. In questi punti, le bombe di tipo penetrante hanno avuto un ruolo nella strategia di colpire strutture sotterranee diffuse nel terreno, ma con caratteristiche di profondità differenti rispetto a quelle di Isfahan.

Per il sito iraniano situato nella zona centrale, invece, sono stati lanciati missili Tomahawk a guida di precisione direttamente da un sottomarino. Questa scelta di armi a distanze diverse indica un adattamento della strategia alle condizioni di ogni specifico obiettivo: missili a lungo raggio per target profondi e bunker buster per strutture a profondità minore.

La Cnn ha narrato anche di un briefing tenuto da Caine, dal segretario alla Difesa Pete Hegseth, dal segretario di Stato Marco Rubio e dal capo della Cia John Ratcliffe, che avrebbe approfondito le motivazioni della missione. Un portavoce di Caine ha però risposto con un secco “no comment” alle richieste di dettagli da parte della stampa.

Ruolo strategico delle diverse armi utilizzate

L’uso combinato di bombardieri stealth per aree più accessibili e missili a lungo raggio per obiettivi altamente protetti riflette una strategia modulata per evitare sprechi e massimizzare l’efficacia in base alla conformazione dei siti.

Le immagini satellitari e la situazione attuale delle scorte nucleari iraniane

Jeffrey Lewis, esperto di armamenti e docente presso il Middlebury Institute of International Studies, ha fornito alcune osservazioni incoraggianti per chi segue gli sviluppi del dossier nucleare. Sulla base di immagini satellitari, il ricercatore ha rilevato la presenza di ingressi ai tunnel nel sito di Isfahan, con movimentazioni di mezzi il 26 giugno. Il giorno successivo, almeno un varco risultava libero da ostacoli.

Secondo Lewis, se il materiale nucleare, ovvero le scorte di uranio altamente arricchito, si trovavano ancora dentro quei tunnel quando l’Iran ha sigillato gli ingressi, è possibile che ora siano stati spostati altrove. Le immagini riprese da Planet Lab il 27 giugno mostrano una delle entrate nuovamente aperta, indicando possibili movimenti o spostamenti interni.

Implicazioni e scenari aperti

Questo rilievo apre nuovi interrogativi sul reale posizionamento dello stock di sostanze sensibili, e sulla possibilità che l’Iran abbia intenzione di mantenere il materiale lontano da punti vulnerabili, dopo gli attacchi. L’interpretazione precisa resta in mano agli analisti, ma appare chiaro che la situazione sul campo è fluida e complessa.

Considerazioni sugli effetti dei raid e prospettive future

I recenti raid rappresentano un nuovo capitolo delle tensioni attorno al programma nucleare iraniano. L’uso selettivo di armi e strumenti indica una valutazione attenta delle caratteristiche tecniche dei siti e delle protezioni adottate da Teheran. Il rifiuto di impiegare bombe bunker buster a Isfahan conferma la difficoltà tecnica di affrontare strutture sotterranee costruite con scelte mirate a difendere scorte preziose.

L’impiego dei missili Tomahawk, più adatti a colpire in modo preciso e da distanza esterna, suggerisce una strategia volta a limitare rischi e danni collaterali, mantenendo al contempo la pressione militare sul regime. Gli sviluppi successivi, anche in seguito alle evidenze via satellite, potrebbero indirizzare nuove azioni o cambiamenti nella politica di difesa Usa.

La situazione resta in evoluzione, mentre le mosse di Iran e Stati Uniti continueranno a influenzare equilibri regionali. Le operazioni del fine settimana costituiscono un messaggio chiaro sull’attenzione americana, ma le prossime mosse dipenderanno dall’analisi delle capacità e dei movimenti di Teheran nei prossimi giorni.

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