L’attacco israeliano di inizio 2025 ha colto di sorpresa la leadership iraniana pochi giorni prima del previsto incontro con gli Stati Uniti a Muscat, poi annullato. Il New York Times ha rivelato che i vertici della repubblica islamica non hanno adottato le misure di sicurezza militari normalmente previste in questi casi, lasciando le strutture strategiche e i comandanti esposti a danni gravi. Il contesto di crescente tensione sul nucleare e le minacce israeliane non hanno convinto Teheran a mettere in allerta le proprie difese, fattore che ha permesso a Israele di eseguire un’operazione militare articolata e incisiva su più fronti.
La gestione inaspettata della minaccia israele da parte di teheran
Teheran non si aspettava un attacco prima dell’avvio della nuova tornata di colloqui nucleari con gli Stati Uniti programmata per il 10 febbraio 2025 a Muscat, incontro poi saltato senza una data alternativa. La leadership iraniana aveva infatti valutato le minacce di Tel Aviv come una manovra di pressione diplomatica, più che come un concreto pericolo militare. Questo errore di valutazione ha portato a ignorare avvertimenti importanti e a non mettere in atto i protocolli di sicurezza militare previsti in casi di conflitto imminente.
Nella notte del raid, molti ufficiali rimanevano nelle proprie abitazioni invece che in siti protetti. Tra loro c’era Amir Ali Hajizadeh, capo della forza aerospaziale delle Guardie della rivoluzione, che nonostante un ordine di sicurezza stringente ha convocato una riunione urgente nel suo ufficio a Teheran. Quel luogo è stato poi colpito direttamente durante il bombardamento, causando vittime fra alti ufficiali e provocando gravi danni alle strutture. Questi comportamenti testimoniano una sottovalutazione dell’attacco in arrivo e un’assenza di coordinamento necessario a prevenire il disastro.
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Caratteristiche e strategia dell’operazione militare israeliana
L’attacco israeliano si è distinto per una pianificazione molto complessa, inedita per la regione sia per ampiezza che per modalità. Il New York Times segnala che Israele ha combinato attacchi aerei di precisione con attività segrete condotte da agenti infiltrati già inseriti nel territorio iraniano. Questi ultimi avrebbero contribuito a far entrare missili e droni nascosti, facilitando così il colpire obiettivi strategici dall’interno.
Le fonti iraniane citate confermano che questo elemento ha aumentato la portata dell’operazione, consentendo a Israele di sorprendere i sistemi di difesa aerea, che non erano stati messi in allerta, e colpire con successo basi militari, impianti radar e siti nucleari fondamentali come quello di Natanz. Nelle ore seguenti, almeno 15 località sparse in tutto il Paese, fra cui Isfahan, Shiraz, Qom e Kermanshah, hanno subito raid aerei con danni sia militari che civili.
Le conseguenze militari e l’impatto sulla popolazione iraniana
L’attacco ha inoltre causato esplosioni anche nel centro di Teheran, investendo zone con edifici civili e alimentando il panico fra la popolazione. Le comunicazioni interne delle autorità mostrano disagio e confusione sulle ragioni della mancata attivazione delle difese, con interrogativi come “Dov’è la nostra contraerea?” ormai diffusi nei circoli ufficiali.
Il colpo israeliano ha ridotto in modo significativo le capacità missilistiche iraniane, distruggendo basi e depositi fondamentali per un possibile lancio di attacchi su larga scala. Teheran, secondo fonti interne, aveva pianificato di sparare fino a mille missili contro Israele in risposta a un’eventuale offensiva. L’azione israeliana ha però reso questa risposta su vasta scala impossibile, limitandola a circa cento missili lanciati contro aree intorno a Tel Aviv, alcuni dei quali hanno provocato danni e vittime.
Reazioni della popolazione e interventi mediatici
La popolazione civile ha reagito con apprensione e timore. Subito dopo gli attacchi, molte persone sono uscite per fare scorte di cibo, acqua e carburante, temendo una possibile escalation del conflitto e la difficoltà negli approvvigionamenti. Le strade delle città principali hanno visto code ai distributori e ai negozi alimentari, mentre gli attacchi israeliani si sono proseguiti nelle ore successive, alimentando una sensazione di crisi permanente.
Anche l’intervento mediatico ha avuto rilievo, con l’ayatollah Ali Khamenei trasferito in una località segreta e apparso in una breve trasmissione tv. Nel suo discorso ha definito l’attacco “una dichiarazione di guerra” e ha promesso una risposta forte e immediata, confermando la gravità della situazione. Le dichiarazioni in pubblico e i raid in corso mostrano che il confronto fra i due Paesi resta acceso e pericoloso.