La tragica morte di una giovane donna di 22 anni a Roma ha messo sotto i riflettori le condizioni di sicurezza delle cliniche estetiche non autorizzate. La vittima, Margaret Spada, è deceduta il 7 novembre dopo tre giorni di agonia seguiti a un intervento di rinoplastica parziale in un centro situato nel quartiere Eur. L’episodio evidenzia criticità sul piano delle autorizzazioni sanitarie e del rispetto delle norme che regolano gli interventi estetici fuori dagli ospedali.
La scelta del centro estetico e la mancanza di autorizzazioni
Margaret era arrivata alla struttura medica dopo averla scoperta sui social. Il centro, che si trovava nel quartiere Eur, non risultava abilitato per praticare interventi di chirurgia estetica vera e propria. L’autorizzazione mancava, così come le garanzie sulle professionalità coinvolte. Uno dei titolari, infatti, non era specialista né abilitato per operare su procedure chirurgiche estetiche o plastiche a scopo non ricostruttivo. Questo creava un quadro di rischio non trascurabile. La scelta del centro in base a un passaparola o a pubblicità online, senza verificare l’effettiva regolarità, si è rivelata fatale.
Senza autorizzazione, una struttura medica non può affrontare interventi delicati come una rinoplastica, che richiede competenze specifiche e attrezzature conformi alle norme sanitarie. Nel caso di Margaret, la mancanza di questi requisiti ha inciso sulla qualità dell’operazione e sulla gestione delle complicanze. Nel corso delle indagini, gli investigatori hanno accertato che il centro non possedeva i permessi né teneva la documentazione obbligatoria per interventi di quella natura, a partire dal consenso informato, documento imprescindibile per ogni trattamento chirurgico.
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Problemi durante l’anestesia e inizio dell’emergenza
La giovane ha cominciato a stare male a metà dell’operazione, circa mezz’ora dopo la somministrazione dell’anestesia. Da quel momento la situazione è precipitata. I medici del centro hanno tentato una rianimazione d’emergenza ma non sono riusciti a stabilizzare le sue condizioni. L’emergenza ha richiesto il trasferimento immediato al pronto soccorso dell’ospedale Sant’Eugenio, dove Margaret è arrivata in condizioni già critiche. Nella fase post-operatoria la gravità del quadro clinico si è confermata in modo incontrovertibile.
L’anestesia, se gestita da professionisti con esperienza e in strutture attrezzate, presenta sempre dei rischi, ma il margine di sicurezza è alto. Nel caso di Margaret qualcosa è andato storto fin da subito. Gli inquirenti hanno rivolto particolare attenzione alle modalità con cui è stata eseguita la sedazione e al tipo di sostanze impiegate, oltre alle condizioni del centro e alla presenza o meno di personale qualificato in sala per intervenire in emergenza. La rapidità con cui si è verificata l’aggravamento evidenzia difetti nella preparazione e nella gestione dell’intervento.
Le indagini giudiziarie e gli accertamenti sugli operatori
Sotto la lente della procura sono finiti due medici, entrambi iscritti nel registro degli indagati per omicidio colposo. L’accusa riguarda una serie di negligenze e violazioni delle norme sulla sicurezza sanitaria. Al momento, inoltre, gli inquirenti stanno verificando il quadro legale e la documentazione della struttura, anche perché all’interno della clinica non è stato trovato alcun documento relativo al consenso informato della paziente.
Durante la perquisizione, inoltre, non sono emerse tracce di atti contabili o pagamenti, un dettaglio che ha aumentato i sospetti sulla regolarità delle attività svolte nel centro. La mancanza di carte fondamentali come quelle di autorizzazione e contratto evidenzia una situazione gestita senza le tutele previste dalla legge. Il caso è diventato un esempio di quanto il fenomeno delle strutture estetiche fuorilegge rappresenti una minaccia reale per chi cerca interventi di chirurgia non invasiva o estetica.
Ruolo cruciale dell’ospedale sant’eugenio nelle fasi successive
L’ospedale Sant’Eugenio ha ricevuto la ragazza in uno stato compromesso già grave. Qui, il personale medico ha effettuato tutti gli accertamenti possibili per stabilizzare Margaret, pur senza successo. I tre giorni successivi all’intervento sono stati segnati dal tentativo di contenere le complicazioni nate durante la procedura effettuata nel centro non autorizzato.
La documentazione clinica di quell’ospedale è stata posta sotto osservazione per definire tempi, modalità e trattamenti seguiti. Nel racconto della vicenda emerge chiaramente come il soccorso ospedaliero, seppur tempestivo, non sia riuscito a invertire il corso degli eventi. Di fatto, la giovane è morta dieci giorni dopo l’intervento in una situazione in cui le complicanze legate alla procedura chirurgica non erano più gestibili.
L’intervento svolto nel centro dell’Eur si è rivelato l’origine della crisi che la giovane donna ha subito. Le mancanze operative e il caos documentale nello studio medico gettano ombre pesanti su tutta la gestione del caso.