La vertenza intorno all’azienda Iscot, attiva nell’indotto Stellantis a San Nicola di Melfi , ha portato a una manifestazione a Potenza. I lavoratori e i sindacati Filcams, Filcom e Uil Trasporti hanno protestato per i trasferimenti disposti dall’azienda a danno di chi ha contratti part-time. La questione riguarda spostamenti delle maestranze verso cantieri distanti anche 250 chilometri dal loro luogo di lavoro. Il nodo centrale è la riduzione del personale e le condizioni che si prospettano per i dipendenti, che denunciano una forma di licenziamento mascherato.
La protesta dei lavoratori e delle sigle sindacali
Nella mattinata di oggi, davanti alla sede di Confindustria Basilicata a Potenza, i lavoratori di Iscot, accompagnati dai rappresentanti sindacali di Filcams, Filcom e Uil Trasporti – rispettivamente i segretari Rocco Casaletto, Donato Rosa e Gerardo Ligrani – hanno organizzato un sit-in volto a denunciare la situazione difficile che stanno attraversando. Al centro della protesta ci sono i trasferimenti disposti dall’azienda per lavoratori con contratti di 25 ore settimanali, spostati forzatamente verso altri siti produttivi distanti fino a 250 chilometri.
Questa scelta ha scatenato forti critiche da parte dei sindacati, che parlano di licenziamenti mascherati. In pratica, spostare lavoratori così lontano comporta per loro costi e difficoltà economiche tali da rendere insostenibile la prosecuzione dell’attività lavorativa. Molti dipendenti rischiano così di trovarsi costretti a lasciare il lavoro.
Leggi anche:
I sindacati chiamano in causa le istituzioni regionali, sottolineando la necessità di interventi a salvaguardia dei posti di lavoro. Da parte sua, l’assessore regionale allo sviluppo economico, Franco Cupparo, aveva convocato un tavolo tecnico il 21 maggio, durante il quale sono stati messi sul tavolo progetti per attivare percorsi di formazione continua. Questi percorsi erano destinati a mantenere occupati i lavoratori in vista di una possibile ripresa delle attività produttive legate allo stabilimento Stellantis.
Le posizioni dei sindacati e la situazione dell’indotto stellantis in basilicata
I rappresentanti sindacali hanno ribadito le difficoltà crescenti dell’indotto Iscot, che negli anni ha passato da una forza lavoro superiore alle 200 persone agli attuali 119. Si tratta di una contrazione notevole che riflette la crisi del settore automotive in Basilicata. Rocco Casaletto ha sottolineato come proprio la crisi della filiera automotive influisca sulla contrazione di posti di lavoro nell’indotto.
Donato Rosa ha ricordato come la situazione fosse già stata segnalata più di tre anni fa, quando si sperava che l’ingresso di Tavares in Stellantis avrebbe portato innovazioni e opportunità ma in realtà ha generato un declino per diverse realtà collegate. Le preoccupazioni attuali confermano quanto previsto all’epoca: un peggioramento delle condizioni dei lavoratori e la progressiva sparizione di diversi posti di lavoro.
Gerardo Ligrani ha invece mostrato un quadro sul rischio di un processo che porterà a licenziamenti indotti. Trasferire lavoratori part-time a centinaia di chilometri di distanza significa dargli davanti spese e impossibilità pratiche tali da spingere a dimettersi. In questo modo il numero di persone impiegate continuerà a calare, come sembra essere l’obiettivo reale dell’azienda.
Gli sviluppi possibili e il ruolo delle istituzioni regionali
Il tavolo convocato dall’assessorato regionale allo sviluppo economico il 21 maggio ha segnalato alcune strade da percorrere per limitare gli effetti della crisi. È stato discusso un progetto di formazione continua rivolto ai dipendenti Iscot, con l’obiettivo di evitare licenziamenti immediati e creare prospettive di ripresa.
Questa iniziativa risponde anche alla previsione di una ripresa produttiva presso gli stabilimenti Stellantis, dove si sta preparando il lancio di modelli nuovi come la Jeep Compass. In questo contesto, mantenere attivi i lavoratori con un aggiornamento continuo potrebbe rappresentare un modo per gestire la transizione più delicata per i dipendenti.
Nonostante ciò, la risposta aziendale sembra dura e poco incline ad accettare le proposte di mediazione avanzate dai sindacati e dalle istituzioni. Il muro innalzato da Iscot alimenta timori di un ridimensionamento ulteriore, lasciando i lavoratori in una situazione di incertezza e disagio crescente.
L’impatto economico e sociale sui lavoratori trasferiti
I trasferimenti imposti dall’azienda mettono in crisi le famiglie degli interessati. Spostarsi per lavorare a centinaia di chilometri da casa, con stipendi intorno ai 700 euro al mese, significa affrontare spese di trasporto e soggiorno difficilmente sostenibili. Questo crea una pressione insostenibile sui dipendenti, costringendoli a scelte drammatiche.
Molti si trovano a dover decidere se accettare condizioni inaccettabili o rinunciare all’impiego. La prospettiva di dover abbandonare il lavoro per motivi economici rischia di trasformare i trasferimenti in veri e propri licenziamenti forzati, con conseguenze sul tessuto sociale locale.
Il caso Iscot racconta un fenomeno più ampio che coinvolge l’indotto legato alla produzione automobilistica nel sud Italia. Il calo degli investimenti, la crisi di mercato e la riduzione delle commesse provocano ripercussioni immediate sui lavoratori con contratti flessibili e meno protetti. La protesta di oggi a Potenza riflette queste tensioni, diventando un segnale da non sottovalutare per il futuro del comparto in Basilicata.