Il procedimento giudiziario noto come “Rimborsopoli” si è concluso dopo un lungo iter durato più di dieci anni. L’inchiesta, avviata nel 2015 con il nome “Erga omnes”, coinvolgeva consiglieri regionali calabresi accusati di irregolarità nella gestione dei rimborsi tra il 2010 e il 2012. Il tribunale di Reggio Calabria ha emesso la sentenza definitiva che ha visto condanne pesanti, numerose assoluzioni e due casi di prescrizione.
Il nucleo delle accuse e i provvedimenti iniziali
L’inchiesta “Erga omnes” ha preso forma nel 2015 dopo segnalazioni e controlli sulle spese dei consiglieri regionali calabresi. Nel mirino erano finite le richieste di rimborso tra il 2010 e il 2012, considerate irregolari dalla procura. Le accuse principali riguardavano presunte frodi legate a certificazioni di spese non effettivamente sostenute o gonfiate.
Subito dopo l’apertura dell’inchiesta, alcune misure cautelari erano state adottate. Tre indagati vennero posti agli arresti domiciliari e cinque colpiti dal divieto di dimora in Calabria. Questi provvedimenti miravano a evitare che i sospettati interferissero con le indagini o con le persone coinvolte. Gli arresti domiciliari e il divieto di dimora sottolinearono la gravità delle accuse e fecero emergere un quadro giudiziario complesso.
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Le condanne e le pene stabilite dal tribunale
La sentenza del tribunale di Reggio Calabria, presieduto da Silvia Capone, ha riconosciuto responsabilità penali in sei casi. La condanna più severa è stata inflitta a Luigi Fedele, ex presidente del Consiglio regionale della Calabria, con una pena di cinque anni. Fedele era considerato al centro delle decisioni inerenti la gestione dei rimborsi.
Tra gli altri condannati ci sono l’ex senatore e consigliere regionale Giovanni Bilardi, a cui sono stati inflitti quattro anni e otto mesi, e il suo collaboratore Carmelo Trapani, condannato a tre anni e sei mesi. Sono stati condannati anche gli ex consiglieri regionali Giovanni Nucera e Alfonso Dattolo , più l’ex assessore regionale Pasquale Tripodi .
Il tribunale ha disposto, eccetto per Tripodi, l’interdizione perpetua dai pubblici uffici e l’incapacità permanente di stipulare contratti con la pubblica amministrazione per i primi cinque imputati condannati. Queste misure limitano la possibilità di ricoprire incarichi pubblici o di avere rapporti contrattuali con enti pubblici, rafforzando l’impatto delle condanne su questi ex amministratori.
Gli assolti e la gestione delle posizioni giudiziarie di altri imputati
Il tribunale ha assolto diciotto imputati con la formula “perché il fatto non sussiste”. Tra questi figurano personaggi di rilievo come l’ex governatore Agazio Loiero e l’ex presidente del Consiglio regionale Giuseppe Bova. Sono stati assolti anche molti ex consiglieri regionali, tra cui Demetrio Battaglia, Antonino De Gaetano e Alfonsino Grillo.
Questi assolti erano stati coinvolti nell’inchiesta ma, a distanza di anni, il tribunale ha ritenuto che le accuse contro di loro mancassero di fondamento concreto. Le pronunce sono arrivate dopo un processo complesso, e hanno scagionato molti politici da ipotesi di frode o malversazione. Le assoluzioni comprendono i nomi di esponenti che avevano un ruolo significativo nella politica calabrese, segnalando come non tutte le contestazioni siano risultate confermate in aula.
I casi di prescrizione e le implicazioni finali
Nel corso del procedimento, per due imputati il tribunale ha dichiarato la prescrizione dei reati contestati. Si tratta di Diego Fedele, figlio dell’ex presidente Luigi Fedele, e di Giovanni Franco, membro della struttura dell’ex assessore Pasquale Tripodi. La prescrizione comporta che i fatti contestati sono ormai decaduti dal punto di vista penale, per il trascorrere dei termini previsti dalla legge.
Questi casi dimostrano come il lungo tempo trascorso tra le indagini e la sentenza definitiva possa influire sull’esito penale, lasciando irrisolte alcune accuse. La prescrizione in questo contesto ha fatto sì che alcune pendenze giudiziarie non siano sfociate in condanne, condividendo con l’ordinanza definitiva un ruolo importante nel bilancio complessivo del processo.
Rimborsopoli si chiude così, con un mix di condanne severe, assoluzioni che liberano molti protagonisti e prescrizioni che segnano l’epilogo di alcune posizioni. Il processo ha fatto emergere un quadro giudiziario articolato sulla gestione dei fondi pubblici calabresi nel primo decennio degli anni 2000.