Presunta truffa per cieca al lavoro in Romagna, assoluzione confermata dalla corte d’appello di Bologna

Presunta truffa per cieca al lavoro in Romagna, assoluzione confermata dalla corte d’appello di Bologna

Il caso della parrucchiera di Lugo, dichiarata cieca ma ripresa in attività quotidiane, si conclude con l’assoluzione grazie alla perizia del professor Pasquale Troiano che conferma la cecità totale.
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Il caso di una donna dichiarata cieca a Lugo, accusata di truffa per aver percepito indennità nonostante apparisse autonoma, si è concluso con l'assoluzione grazie a perizie mediche che hanno confermato la sua invalidità visiva. - Gaeta.it

Negli ultimi anni un caso apparso a Lugo, nel ravennate, ha attirato l’attenzione per una donna dichiarata cieca ma ripresa mentre svolgeva attività che sembravano contraddire il suo stato di invalidità visiva. I fatti risalgono al 2011, quando la guardia di finanza della tenenza locale ha raccolto immagini e prove. La vicenda ha attraversato vari gradi di giudizio fino a una sentenza di assoluzione, ma non senza passaggi che hanno fatto discutere. La storia è emblematica per come vicende giudiziarie e mediche si intrecciano in casi di disabilità e benefici pubblici.

Le riprese della guardia di finanza e la denuncia di truffa

Nell’autunno del 2011, la guardia di finanza di Lugo ha effettuato riprese segrete a una donna originaria di Bisignano , ma residente da anni in Romagna. La donna, parrucchiera di professione, risultava ufficialmente cieca e percepiva indennità per cecità totale e per accompagnamento. Quelle immagini mostrano la donna attraversare strade da sola, leggere il giornale all’aperto, fare la spesa, andare in bicicletta e perfino lavorare nel suo salone di parrucchiera con apparente autonomia. Questi elementi hanno portato la finanza a denunciarla per truffa aggravata ai danni dello stato, provocando la sospensione degli assegni di invalidità.

Questa fase del procedimento ha acceso le polemiche, perchè il sospetto di un uso improprio dei fondi pubblici suscita un’attenzione particolare. Il fatto che una persona dichiarata non vedente si muovesse facilmente ha fatto scattare l’obbligo di accertamenti, raccolta prove e denuncia all’autorità giudiziaria. Come spesso accade nei casi di presunta truffa a enti pubblici, le accuse si basano su osservazioni visive e documentali dirette.

La perizia medica chiave affidata al professor pasquale troiano

Pochi mesi dopo la denuncia, il gup ravennate ha incaricato una perizia affidata al professor Pasquale Troiano, medico specialista del policlinico di Milano. Troiano ha alle spalle esperienze importanti, tra cui valutazioni mediche di personaggi pubblici, come l’ex premier Silvio Berlusconi. La perizia ha avuto un ruolo fondamentale nello sviluppo del processo.

Lo specialista ha esaminato la retina della donna sottoponendo l’elettroretinogramma, accertando un quadro clinico definito “piatto”. Questo significa che la retina non invia alcun segnale al cervello, con un restringimento progressivo del campo visivo, confrontabile alla visione attraverso il buco di una cannuccia. Il risultato conferma quindi la diagnosi di cecità totale o quasi totale, così come prevista dalla legge per le indennità percepite.

Questa perizia ha modificato di molto l’assetto probatorio, fornendo un’autorevole conferma scientifica all’assenza di capacità visiva significativa. Il fatto che la donna riuscisse comunque a muoversi e lavorare è forse segno di altre abilità adattative, o tecniche di orientamento che non annullano il deficit fisiologico. La valutazione medica ha così contribuito a ribaltare la lettura iniziale della vicenda.

Il processo e le sentenze tra assoluzione e prescrizione del reato

Dall’inizio del procedimento, sono passati quasi dodici anni. Nel 2013 il gup di Ravenna aveva già assolto la parrucchiera con formula piena per “il fatto non sussiste”, accogliendo la tesi difensiva degli avvocati Michele Lombini ed Erica Appi. La procura generale aveva invece chiesto la condanna, sollecitata anche dall’INPS che si era costituito parte civile nel processo.

L’iter giudiziario è proseguito fino alla corte d’appello di Bologna, che ha confermato l’assoluzione, senza ribaltare la perizia medica e lo scenario clinico. Importante sottolineare che, nel frattempo, il reato ipotizzato è andato prescritto per decorso del tempo, e la donna è andata in pensione. La corte però, nonostante la prescrizione, si è comunque espressa nel merito per la presenza della parte civile.

Il risultato finale ha stabilito l’assenza di elementi per ritenere che la donna abbia truffato lo stato percependo indebitamente indennità per invalidità visiva. Questo caso offre uno spaccato sulle difficoltà di distinguere tra certificazioni mediche, invalidità reali e comportamenti osservati “all’esterno”, in particolare quando si tratta di disabilità sensoriali. La lunga durata del processo e le perizie tecniche hanno inciso sul giudizio e sulla comprensione di una vicenda complessa.

La complessità della disabilità visiva e le sfide legali nei casi di invalidità

Il caso della parrucchiera di Lugo mostra quanto sia delicato il tema delle invalidità, soprattutto quelle invisibili o parziali. Tutti i soggetti coinvolti, dai medici ai magistrati fino agli enti previdenziali, devono operare in un ambito di elevate responsabilità e rischi: da un lato i fondi pubblici che devono essere riconosciuti solo a chi ne ha diritto, dall’altro la tutela dei diritti sociali di chi convive con una disabilità seria.

I test medici, come l’elettroretinogramma piatto, rappresentano strumenti decisivi per la verifica di condizioni visive e consentono di chiarire se e come una persona sia compatibile con specifiche soglie di invalidità. Però la valutazione non sempre si traduce in una chiara corrispondenza tra condizione medica e funzioni pratiche svolte nella vita quotidiana.

Le capacità adattative e le tecniche di orientamento di chi ha una perdita della vista possono modificare molto l’esperienza personale, non sempre visibile o comprensibile da chi osserva. Nel diritto penale e amministrativo, questi aspetti si intrecciano con accuse di frode o uso improprio di risorse, richiedendo una valutazione molto precisa e basata su prove solide.

Così la vicenda di Lugo si inserisce nel più ampio dibattito medico-giuridico sulla disabilità, con le difficoltà di stabilire i confini tra reale invalidità, comportamenti osservabili e diritti spettanti. La sentenza di assoluzione è una conferma dell’importanza dei riscontri tecnici precisi nel chiarire ogni possibile dubbio.

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