Al porto di genova si è tenuta una manifestazione questa mattina per monitorare l’arrivo della nave Contahip Era proveniente da Marsiglia. Circa un centinaio di partecipanti, tra cui membri del Collettivo autonomo lavoratori portuali Calp, volontari di Emergency e studenti del gruppo Cambiare Rotta, si sono radunati con l’obiettivo di verificare che la nave non trasportasse armamenti destinati a israele. La protesta prende le mosse dalla volontà di non essere complici nel conflitto di Gaza, tema che ha acceso forti mobilitazioni anche in altri porti europei.
Azione congiunta tra genova e marsiglia contro il carico di armi
L’iniziativa si è inserita in un contesto più ampio, coordinato tra lavoratori portuali italiani e francesi. A marsiglia, portuali locali avevano impedito il carico di 14 tonnellate di nastri per mitragliatrici a bordo della stessa nave. Gli organizzatori hanno sottolineato il successo di quella azione come una pietra miliare nella lotta contro il traffico di armi verso la regione mediorientale. Queste operazioni dimostrano come la collaborazione transfrontaliera possa ostacolare i percorsi logistici associati ai conflitti.
La nave contahip era a genova
La nave Contahip Era, arrivata al porto genovese attorno alle 5 del mattino per una sosta tecnica, ha sollevato sospetti per il possibile carico bellico. È prevedibile che riprenda il viaggio dopo aver imbarcato materiale umanitario o beni di prima necessità. La presenza di manifestanti ha posto l’accento sull’importanza della vigilanza popolare nelle attività portuali legate alle guerre.
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Dinamiche della protesta e interventi degli attivisti al porto
Un piccolo gruppo di manifestanti ha ottenuto il permesso di entrare nel porto, scortato dalla polizia, ma non è riuscito a raggiungere la banchina dove si trova la nave. Durante la presenza all’interno dell’area portuale, sono stati accesi alcuni fumogeni e si sono alternati interventi vocali al megafono per diffondere il messaggio contro il traffico d’armi. In seguito, il gruppo ha lasciato il porto passando dal varco di via Albertazzi.
La manifestazione non ha comportato scontri o momenti di forte tensione, ma ha avuto un carattere simbolico molto forte. Gli organizzatori hanno puntato a dimostrare che il controllo popolare sulle attività logistiche e militari può contrastare il conflitto, limitando la catena di rifornimenti che alimenta la guerra.
Critiche al ruolo della logistica italiana nella catena della guerra
L’Unione Sindacale di base Usb ha diffuso una nota in cui evidenzia l’importanza della protesta e denuncia il coinvolgimento della logistica italiana nei traffici militari. Secondo Usb, ogni nave della compagnia Zim rappresenta un anello nella catena che sostiene la guerra. Questi percorsi comprendono porti, scali e depositi militari, che secondo il sindacato si prestano sempre più spesso al trasporto di armi.
Usb invita i lavoratori a coordinarsi e a mobilitarsi contro il riarmo e l’economia legata agli armamenti. Si respira nelle affermazioni un appello a “alzare la testa” da parte degli operai, come strumento per bloccare i flussi di armi e costruire solidarietà. La protesta al porto di genova diventa così uno snodo importante nel disegno di una resistenza più ampia contro le connivenze militari.
Appuntamenti e mobilitazioni annunciate contro la guerra e il carovita
Usb ha fissato due date significative per le prossime mobilitazioni. Il 20 giugno è prevista una giornata di sciopero generale che unisce la protesta contro la guerra, il caro prezzi e lo sfruttamento lavorativo. Il giorno successivo, il 21 giugno, si terrà a roma una manifestazione nazionale che partirà da piazza vittorio emanuele alle ore 14:00.
Queste iniziative intendono mantenere alta l’attenzione pubblica sulla questione della guerra e sulla necessità di fermare i traffici di armi tramite azioni dal basso. Lo sciopero e la manifestazione sono chiamate a coinvolgere lavoratori e cittadini, puntando a generare una pressione sul piano politico e sociale per un cambiamento deciso. Il movimento che sta prendendo forma dimostra una chiara volontà di intaccare i meccanismi dietro i conflitti armati.