Possibile previsione della risposta all’immunoterapia nei pazienti con melanoma grazie al microambiente tumorale

Possibile previsione della risposta all’immunoterapia nei pazienti con melanoma grazie al microambiente tumorale

due studi presentati all’american society of clinical oncology a chicago evidenziano come l’analisi del microambiente tumorale e il biomarcatore timidina chinasi 1 guidino la scelta terapeutica personalizzata nel melanoma metastatico con mutazione braf
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Due studi presentati al meeting ASCO evidenziano come l’analisi del microambiente tumorale e il biomarcatore timidina chinasi 1 possano guidare la personalizzazione delle terapie immunitarie nel melanoma metastatico con mutazione Braf, migliorando prognosi e risposta ai trattamenti. - Gaeta.it

La ricerca sul melanoma sta compiendo passi avanti importanti per capire quali pazienti traggono vantaggio dai trattamenti immunoterapici. Due studi recenti, presentati al meeting della American Society of Clinical Oncology a Chicago, mettono in luce come l’analisi del microambiente tumorale possa guidare la scelta terapeutica. Questi lavori fanno parte dello studio clinico Secombit, focalizzato sul melanoma metastatico con mutazione Braf, tipo di tumore con una particolare mutazione genetica che stimola la crescita delle cellule cancerose.

Biologia spaziale e interazioni cellulari nel microambiente tumorale

Il primo studio analizza la biologia spaziale nel melanoma. Si tratta di un metodo che studia come le diverse cellule si distribuiscono e interagiscono nell’ambiente attorno al tumore. L’analisi ha coinvolto 42 biopsie pretrattamento, su cui sono stati identificati 15 tipi cellulari, tra cui dieci popolazioni diverse di cellule immunitarie, e vari marcatori di stato cellulare.

Nel dettaglio, sono state cartografate 1.941 caratteristiche spaziali, cioè aspetti legati alla posizione e ai rapporti tra le cellule tumorali e quelle immunitarie. La ricerca ha evidenziato che certe configurazioni cellulari causano risposte meno efficaci ai trattamenti combinati. Per esempio, se le cellule tumorali interagiscono troppo strettamente con alcune componenti del microambiente, la terapia ha meno successo.

Al contrario, una maggiore interazione tra cellule tumorali e specifiche cellule del sistema immunitario, in precise zone, si associa a risposte più positive. Questo suggerisce che non basta conoscere quali cellule sono presenti, ma dove si trovano e come comunicano tra loro.

La mappatura spaziale così ottenuta può aiutare a predire quali pazienti risponderanno meglio alle terapie e personalizzare le cure. Questo approccio potrebbe migliorare molto la gestione del melanoma e di altri tumori, fornendo dati precisi sulla composizione tissutale al momento della diagnosi.

Studio secombit e le strategie terapeutiche per melanoma con mutazione braf

Lo studio Secombit valuta diverse sequenze di trattamento per i pazienti con melanoma metastatico Braf mutato. La mutazione Braf accelera la moltiplicazione delle cellule tumorali. Per fermarla si usano inibitori che bloccano l’attività del gene difettoso. In aggiunta, si impiegano farmaci immunoterapici che eliminano il “freno” immunitario, consentendo alle cellule del sistema immunitario di attaccare il tumore.

Paolo Ascierto, presidente della Fondazione Melanoma e responsabile dell’Unità di Oncologia dell’Istituto Pascale di Napoli, ha spiegato che combinare questi farmaci ha cambiato la prognosi del melanoma con mutazione Braf. La maggior parte dei pazienti risponde bene, ma alcuni no. Si cerca di capire cosa differenzia i casi in cui la terapia funziona da quelli in cui non offre benefici.

Il trial sta mettendo alla prova l’efficacia di diverse sequenze: ad esempio inibitori Braf seguiti da immunoterapia, oppure l’inverso. Questo approccio, chiamato “sandwich”, prevede anche un ritorno agli inibitori alla fine. Lo scopo è valutare quale sequenza garantisce la migliore risposta e più lunga sopravvivenza, riducendo anche gli effetti collaterali.

Ruolo della timidina chinasi 1 come biomarcatore per la prognosi del melanoma

Il secondo studio esamina la timidina chinasi 1 , un enzima legato alla sintesi e riparazione del DNA. La sua concentrazione nel sangue riflette il livello di proliferazione cellulare. Questo biomarcatore è conosciuto nei tumori ematologici, ma per la prima volta è stato valutato nel melanoma metastatico.

Sono stati analizzati 81 pazienti: 40 con livelli elevati e 41 con livelli bassi di TK1. I pazienti con TK1 alto avevano una sopravvivenza mediana a 5 anni molto più bassa, circa 19 mesi. Per quelli con livelli bassi, la sopravvivenza mediana non è stata raggiunta nel periodo di osservazione.

Un risultato interessante è che la differenza di sopravvivenza non si è mostrata significativa tra pazienti trattati con l’approccio “sandwich”, cioè prima inibitori Braf, poi immunoterapia, e ancora inibitori. Ciò suggerisce che questa sequenza funziona bene indipendentemente dai livelli di TK1.

Nei gruppi trattati invece solo con inibitori Braf o solo con immunoterapia seguita da inibitori, la differenza di sopravvivenza tra TK1 alto e basso è stata marcata. I dati stimano sopravvivenze a 5 anni del 20% per TK1 alto contro il 60% per TK1 basso in chi inizia con la terapia target, e 38% contro 78% per chi inizia con immunoterapia.

L’importanza di TK1 emerge quindi come strumento utile per prevedere l’andamento della malattia e scegliere il trattamento più indicato. I livelli di TK1 misurati nel sangue possono indicare quale sequenza terapeutica offrire per migliorare la prognosi.

Prospettive dell’immunoncologia di precisione nei trattamenti del melanoma

Questi studi confermano il valore di considerare non solo il tumore, ma anche il suo microambiente e il sistema immunitario per personalizzare il trattamento nelle strategie immunoterapiche. Oggi grazie alle analisi spaziali e ai biomarcatori come TK1, si può già orientare la cura verso la terapia più efficace per ogni paziente.

Questo approccio limita trattamenti inutili o poco efficaci, riduce gli effetti collaterali e concentra gli sforzi su terapie mirate. L’immunoterapia di precisione, quindi, si avvale di dati accurati che accompagnano la diagnosi e guidano le scelte cliniche in modo più puntuale rispetto al passato.

Lo studio Secombit rappresenta un passo verso la definizione di protocolli basati su caratteristiche molecolari e cellulari specifiche ai singoli casi. Si apre così la strada a una gestione più mirata, che potrebbe presto cambiare il percorso terapeutico per molti pazienti affetti da melanoma metastatico.

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