Pier Costanzo Brio, ex fisico nucleare torinese noto per aver sviluppato l'”onda verde” di Torino, è oggi al centro di un processo per la detenzione e la vendita di volumi antichi appartenenti a una biblioteca gesuita. La vicenda, che coinvolge anche il figlio Erasmo e la nuora Natalia, si svolge tra le vie tortuose della passione per i libri e la legge italiana sui beni culturali.
Nato a Torino, Brio ha lavorato per anni nel campo della fisica e dell’elettronica, diventando noto in città per la sincronizzazione dei semafori che ha migliorato la circolazione urbana. Dopo aver raccolto una biblioteca personale di oltre 4.000 tomi, tra cui manoscritti e rare edizioni storiche, si è trasferito in Piemonte, a Viù, dove tuttora vive con difficoltà economiche. Il processo a suo carico nasce da un annuncio pubblicato su eBay, dove sono stati messi in vendita volumi attribuiti alla biblioteca del Collegio Antonianum, patrimonio gesuita chiuso nel 2000 e considerato inalienabile secondo la normativa italiana.
La vita e le passioni di pier costanzo brio tra fisica nucleare e bibliografia antica
Pier Costanzo Brio si è distinto per la sua versatilità intellettuale e la passione per i libri rari. Laureato in fisica, ha lavorato come ricercatore nel campo nucleare. Negli anni ’90 ha depositato un brevetto per un dispositivo elettronico che migliorava la trasmissione e ricezione di segnali, riflettendo la sua conoscenza approfondita dell’elettronica.
Leggi anche:
Parallelamente allo studio e alla carriera scientifica, Brio ha coltivato un interesse marcato per la storia, in particolare quella legata a figure come Cristoforo Colombo. Secondo le sue ricerche, Colombo era un nobile piemontese appartenente alla famiglia dei Paleologi, una tesi discutibile ma sostenuta da documenti rari che ha raccolto e studiato. Ha pubblicato articoli su riviste di storia, entrando così in contatto con diversi ambienti accademici.
Una collezione unica e preziosa
La collezione personale che ha accumulato include circa 4.000 volumi, con esemplari legati all’epoca fascista e al periodo rinascimentale. Tra i suoi libri più preziosi figurano manoscritti e documenti manoscritti da ministri del Duce e persino una lettera di Colombo stampata a Torino. La sua casa a Viù, una frazione montana del Piemonte, contiene questa raccolta, frutto di decenni di passione e investimenti economici.
Il procedimento giudiziario per la vendita dei volumi preziosi attribuiti all’Antonianum
La vicenda giudiziaria si è aperta dopo che sono stati pubblicati su eBay annunci per la vendita di quattro volumi antichi, indicati come provenienti dalla biblioteca del Collegio Universitario Antonianum. Si tratta di un ente gesuita sciolto nel 2000, la cui biblioteca è considerata patrimonio inalienabile dalla legge italiana; la cessione di questi libri non è stata autorizzata dal Ministero della Cultura.
L’account eBay utilizzato era intestato alla moglie di Erasmo Brio, figlio di Pier Costanzo, che ha ammesso in aula di aver messo in vendita i volumi per necessità economiche. Alla base della decisione c’era una situazione familiare difficile: la moglie di Erasmo si era ammalata gravemente, lui non lavorava, e il padre aveva inizialmente rifiutato ma poi accettato la proposta di vendere alcuni libri.
I carabinieri del Nucleo Tutela Patrimonio Culturale hanno verificato che i volumi presentavano segnature tipiche dell’Antonianum, a conferma della loro origine. Nonostante la mancanza di una denuncia formale di furto, gli inquirenti li hanno considerati “beni culturali di provenienza delittuosa”, dato che nessuna cessione ufficiale è stata registrata.
La famiglia Brio è difesa dall’avvocato Paolo Maisto, che ha chiesto il dissequestro dei libri. L’udienza si è svolta a Ivrea davanti alla giudice Maria Claudia Colangelo, e il procedimento proseguirà con una nuova udienza fissata per settembre 2025.
I volumi antichi sequestrati e le loro caratteristiche storiche e culturali
Al centro della controversia ci sono quattro volumi di eccezionale valore storico, ciascuno legato alla cultura europea e religiosa del XVI e XVII secolo. I testi sono stati identificati con l’aiuto di esperti storici e sono considerati inalienabili dal Ministero della Cultura.
Il primo è il “Libro de’ Pesci Romani”, opera del 1560 del rinomato umanista Paolo Giovio. Questa copia rappresenta una delle prime descrizioni scientifiche delle specie ittica del Tevere ed è una traduzione in volgare molto rara. Esemplari simili hanno raggiunto al mercato antiquario quotazioni tra 2.000 e 5.000 euro.
Il secondo volume è “Historiarum Indicarum” di Giovanni Pietro Maffei, gesuita del XVI secolo. Il testo narra le attività missionarie in India, un documento prezioso per gli studi sulle missioni gesuitiche. Le copie di fine Cinquecento sono particolarmente ricercate e possono valere dai 1.500 ai 3.000 euro.
Descrizione del terzo volume
Il terzo testo è “Romanae Correctionis in Latinis Bibliis Editionis Vulgatae”, edito nel 1603 da Franciscus Lucas Brugensis. Si tratta di una revisione della Bibbia latina, fondamentale per gli studiosi di testi sacri. La rarità e lo stato di conservazione di questo volume possono farne aumentare il valore fino a 2.500 euro.
Questi libri non solo rappresentano un capitale storico, ma sono pure segnati da timbri e contrassegni dell’Antonianum, prova della loro provenienza e dunque della loro inalienabilità secondo la legge italiana. La mancanza di autorizzazioni per la cessione ha portato al sequestro e alle accuse mosse nel processo.
Le difficoltà economiche e personali di pier costanzo brio e la gestione della biblioteca
La situazione di Pier Costanzo Brio è segnata da un netto contrasto tra il suo passato brillante e il presente difficile. Abbandonata la vita urbana di Torino, ha scelto di vivere a Viù, in una vecchia casa di montagna ristrutturata a sue spese, che oggi fatica a mantenere. L’assegno mensile da 500 euro sostiene lui e la moglie non vedente, ma non copre neppure il costo del gasolio usato per riscaldare l’abitazione nei mesi freddi.
Nella testimonianza in aula ha raccontato di aver investito cifre considerevoli, oltre 300mila euro, nella casa di Fucine e di aver venduto l’appartamento torinese per finanziare quell’acquisto. Ha sempre considerato la sua biblioteca il suo tesoro più importante, tanto da non accettare con facilità l’idea che qualcuno vendesse i suoi libri.
Il fermo e il sequestro di buona parte del patrimonio librario rappresentano per lui una perdita enorme, dal punto di vista emotivo ma anche culturale. Brio ha raccontato di sentirsi prigioniero nella sua stessa abitazione, a causa delle difficoltà motorie e delle cure necessarie. Vivere con la moglie cieca e riuscire appena a gestire le incombenze quotidiane amplifica la sua condizione di isolamento.
Le ripercussioni legali sulla sua collezione hanno complicato ulteriormente la situazione, privandolo di ciò che definiva “la sua ricchezza maggiore”. Nonostante tutto, persevera nella sua identità di studioso, irritato ma lucido nel ricordare il suo passato e le ragioni che lo hanno portato fino a questo punto.
Il ruolo del ministero della cultura e la normativa sui beni culturali inalienabili
Il Ministero della Cultura è parte lesa nel procedimento perché tutela i beni culturali italiani, la cui cessione senza permesso è vietata dalla legge. La biblioteca del Collegio Antonianum, chiusa all’inizio del XXI secolo, aveva un patrimonio librario considerato inalienabile, con documentazione che ne vieta la vendita e la dispersione.
I volumi sequestrati riportano timbri e segnature ufficiali che ne attestano l’appartenenza a questa istituzione ecclesiastica. Questo elemento giuridico porta all’applicazione di norme severe, volte a preservare il patrimonio artistico e storico nazionale da dispersioni che ne possano compromettere il valore.
Non è stata presentata una denuncia per furto, ma la legge riconosce come illecito il possesso e la vendita non autorizzata di libri dichiarati beni culturali. In questo contesto, il processo coinvolge tutta la famiglia Brio e mette in luce i rischi legati alla conservazione privata di collezioni storiche.
Le richieste di dissequestro avanzate dalla difesa a Ivrea si basano sull’argomentazione che alcuni volumi sono stati acquisiti regolarmente o che non sono direttamente coinvolti nel presunto traffico illecito. Il tribunale dovrà ora valutare gli elementi forniti e decidere sul futuro dei testi e degli imputati.