Il candidato sindaco di Genova, Piciocchi, ha espresso una posizione ferma riguardo allo sciopero proclamato da una sola sigla sindacale che avrebbe potuto bloccare la prima al teatro Carlo Felice. La questione del funzionamento di questo importante luogo culturale e la critica alla precedente gestione della sinistra trovano spazio nel suo intervento, che spiega anche le misure adottate negli ultimi anni per risanare la situazione finanziaria del teatro.
Il rifiuto allo sciopero e la tutela della cittadinanza
Piciocchi ha difeso con decisione la decisione di non dar seguito allo sciopero annunciato, sottolineando che il suo ruolo di sindaco reggente impone l’attenzione al bene collettivo piuttosto che agli interessi di singole parti. L’interruzione della prima al Carlo Felice sarebbe stata un evento di grande impatto per la città di Genova, con ripercussioni sulla vita culturale e sociale. Ha detto senza mezzi termini che ha agito per evitare il blocco del capoluogo ligure, e rispetto alle critiche mosse dagli avversari politici, ha ribadito che si è orientato esclusivamente a preservare il funzionamento della città. La sua strategia ha evitato l’eventuale caos nelle strade e nei servizi, ma anche il danno d’immagine per un teatro così importante, che rappresenta un punto di riferimento per il pubblico e per chi lavora nell’ambito artistico.
La scelta di respingere lo sciopero ha fatto discutere proprio perché riguarda un contrasto tra diritto dei lavoratori a protestare e necessità di tutela dell’ordine pubblico e della continuità culturale. Piciocchi ha affermato che non si è lasciato condizionare da interessi settoriali, indicando una gestione pragmatica e orientata al servizio verso la cittadinanza intera.
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Il risanamento del Carlo Felice e il peso della gestione passata
Il candidato sindaco ha poi rivolto dure accuse alla precedente amministrazione di sinistra, sotto la quale il Carlo Felice avrebbe accumulato debiti significativi, ritardi nei pagamenti a fornitori e artisti, e irregolarità fiscali come il mancato versamento di ritenute e iva. Ha ricordato che è stato chiamato a intervenire in questi anni per correggere una situazione economica molto difficoltosa che causava un blocco nelle attività del teatro. Secondo Piciocchi, il risultato ottenuto con il recupero di equilibrio finanziario è la testimonianza di una capacità gestionale efficace, che contrasta con la paralisi attribuita all’era precedente.
Questa ricostruzione mira anche a delegittimare le critiche della sinistra, a cui non vengono riconosciuti meriti né proposte valide. L’operato a cui si riferisce Piciocchi ha previsto la rimodulazione di conti gravosi e un’attività di regolarizzazione degli obblighi fiscali e finanziari, cruciali per il funzionamento e la credibilità di un ente culturale pubblico.
La polemica politica sul futuro del contributo al teatro
L’ultimo punto toccato da Piciocchi riguarda la polemica politica che interessa il sostegno economico al Carlo Felice. È emersa la volontà da parte della sinistra di confermare il contributo statale al teatro, scelta che secondo lui non corrisponde a una strategia autonoma o innovativa. Egli sostiene che il progetto di mantenere tale contributo segue semplicemente la linea già attuata dalla sua amministrazione e segna una mancanza di visione politica originale.
Questa critica riflette un confronto acceso tra programmi elettorali, dove Piciocchi punta a differenziarsi imponendosi come portatore di scelte responsabili e lontane da un sistema di compromessi o debolezze interne. Ha evidenziato che un eventuale ritorno della sinistra al governo locale rischierebbe di riportare Genova in uno stato di disordine amministrativo e di crisi, innescando ricadute negative su tutta la comunità.
Lo scenario delineato dal candidato sottolinea una forte tensione politica che animano la campagna elettorale, con il teatro Carlo Felice che diventa simbolo di più ampi temi di gestione pubblica, cultura, e confronto tra forze politiche cittadine.