La vicenda di Pasquale Scognamiglio, condannato a 14 anni per reati legati alla camorra, ha registrato un importante sviluppo. Il 57enne è stato scarcerato e trasferito agli arresti domiciliari a causa delle sue condizioni di salute giudicate gravi. Questo episodio si inserisce nel contesto delle indagini sulla faida tra clan nel quartiere napoletano di Miano, dove Scognamiglio figura come uno dei protagonisti principali.
La scarcerazione di pasquale scognamiglio per motivi di salute
Il giudice per le indagini preliminari Luca Rossetti ha accolto la richiesta presentata dall’avvocato penalista Domenico Dello Iacono, difensore di Scognamiglio, autorizzando il trasferimento agli arresti domiciliari per permettere al condannato di ricevere cure mediche adeguate. La decisione segue una lunga fase processuale che ha portato alla condanna definitiva dell’uomo, ritenuto responsabile di reati relativi alla sua appartenenza al mondo camorristico.
Le condizioni di salute di Scognamiglio erano state accertate in maniera dettagliata, evidenziando la necessità di un trattamento sanitario non reperibile in carcere. Nel corso del procedimento, il suo stato era apparso aggravato, circostanza che ha spinto il gip a valutare l’opportunità di una misura meno restrittiva, pur mantenendo il regime di detenzione. Questa soluzione, accolta alla fine di aprile 2025, consente a Scognamiglio di rimanere sotto controllo giudiziario ma in un ambiente più confacente allo stato clinico.
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Il trasferimento agli arresti domiciliari rientra nelle misure previste dal sistema giudiziario italiano in presenza di gravi problemi di salute accertati. In casi come questo, la priorità resta la tutela della salute del detenuto senza interrompere l’esecuzione della pena. La questione della compatibilità tra afflizione della pena e condizioni fisiche è stata al centro di numerose pronunce, e nel caso di Scognamiglio si è concretizzata concretamente con questa decisione.
Lo scontro tra i clan a milano e il ruolo di scognamiglio
L’indagine che ha portato alla condanna di Scognamiglio si concentra sulla faida nel quartiere di Miano, a Napoli, tra due gruppi contrapposti: quello guidato dalla famiglia Scognamiglio e l’altro riferito ai clan Pecorelli-Catone. La lotta tra queste realtà criminali ha provocato violenze gravi e diverse vittime, contribuendo a un clima di tensione che ha mobilitato la Direzione Distrettuale Antimafia locale.
Scognamiglio è considerato uno dei leader della nuova guerra di camorra attiva dal 2021 nella zona. I fatti oggetto d’indagine hanno riguardato omicidi, spedizioni punitive e scontri armati che hanno caratterizzato la lotta per il controllo del territorio e del traffico di droga. Il nome di Scognamiglio era già emerso più volte, collegato ad azioni violente e organizzative finalizzate a mantenere il potere all’interno delle fila criminali.
Nel giugno 2024 la DDA ha eseguito 19 misure cautelari tra arresti e divieti di dimora. Tra questi, molte persone sono finite in carcere con accuse di associazione mafiosa, traffico di stupefacenti e racket. Il ruolo ricoperto da Scognamiglio nel gruppo criminale lo ha reso uno dei principali target dell’operazione e delle indagini, che hanno permesso di ricostruire una rete complessa di affari illeciti e violenza.
I delitti chiave nell’inchiesta sulla faida e le vittime principali
Le indagini si sono concentrate sui due omicidi più significativi della faida: Salvatore Milano e Antonio Avolio. Milano era vicino al clan Lo Russo, opposto ai gruppi Pecorelli-Catone e Scognamiglio. Fu ucciso nel 2021 mentre si trovava in un bar di Miano. Secondo l’accusa, la sua presenza fu segnalata da Carlo Perfetto agli esecutori Giovanni Scognamiglio e Fabio Pecoraro, che presero di mira l’uomo sparando a distanza ravvicinata. Altri indagati per questo episodio sono Salvatore Ronga e Bernardo Torino.
Il secondo omicidio riguarda Antonio Avolio, vittima di un agguato il 24 giugno 2021. Era su uno scooter quando è stato raggiunto alla testa da un colpo di pistola sparato da Luca Isaia, ritenuto esecutore materiale dell’omicidio. Tra gli imputati principali figurano Emanuele Palmieri, Fabio Pecoraro, Salvatore Ronga, oltre ai fratelli Pasquale, Antonio e Giovanni Scognamiglio. L’inchiesta sostiene che Avolio sia stato ucciso per errore: il vero obiettivo era Oscar Pecorelli, detto ’o pastore’, protetto e difficile da raggiungere.
Questi delitti hanno segnato profondamente l’evoluzione dello scontro tra i clan nell’area di Miano. Le indagini hanno fornito un quadro dettagliato delle dinamiche di potere e delle responsabilità all’interno delle cosche coinvolte, con elementi raccolti attraverso intercettazioni, testimonianze e analisi investigative. Il processo che vede impegnati i principali imputati prosegue con momenti delicati, in particolare nella Corte d’Assise di Napoli.
Lo svolgimento del processo e le modalità scelte dagli imputati
Il processo che riguarda gli omicidi e le altre accuse si sta svolgendo in Corte d’Assise con rito ordinario. I fatti risalgono al periodo tra il 2021 e il 2022, con imputazioni che coinvolgono reati gravi e organizzati. Alcuni indagati hanno optato per il rito abbreviato, in particolare quelli accusati di associazione mafiosa, traffico di stupefacenti e racket.
La differenza di rito processuale testimonia la complessità del procedimento e le strategie adottate dalle varie difese. Il rito ordinario permette di approfondire in modo completo le prove e le testimonianze, mentre l’abbreviato può ridurre i tempi. In ogni caso, entrambi i percorsi proseguono sotto la sorveglianza della magistratura antimafia e delle forze dell’ordine, impegnate a smantellare le reti criminali attive nel napoletano.
Le udienze sono caratterizzate dall’esame di dichiarazioni, acquisizione di documenti ed eventuali confronti fra imputati e testimoni. Il peso delle confessioni e delle informazioni raccolte finora sembra decisivo per la definizione delle responsabilità . La complessità del quadro giudiziario riflette dove in maniera netta il radicamento di queste organizzazioni nella realtà quotidiana di quartieri come Miano e le difficoltà nel contrastarne l’influenza.