Otto persone sono state fermate a Lamezia Terme nell’ambito di un’operazione contro la criminalità organizzata. Sei sono finite in carcere, due ai domiciliari. L’inchiesta ha scoperto estorsione, usura e intestazione di beni falsi collegati alla cosca Lannazzo. L’indagine ha permesso anche di bloccare una società di autonoleggio e sequestrare quasi 8mila euro.
Operazione antimafia a lamezia terme, arresti e accuse precise
Nelle prime ore del 2025, carabinieri e polizia hanno eseguito otto provvedimenti cautelari nel catanzarese. Sei persone sono state tradotte in carcere, mentre altre due sono finite ai domiciliari. L’ordinanza è stata emessa dal giudice per le indagini preliminari di Catanzaro, su richiesta della Direzione distrettuale antimafia. Le accuse contestate spaziano dall’associazione mafiosa all’estorsione, dall’usura all’intestazione fittizia di beni, fino all’uso illecito di cellulari da parte di detenuti e al possesso di armi da fuoco. I protagonisti dell’indagine sono stati individuati soprattutto a Lamezia Terme, località nota per la presenza di gruppi criminali radicati.
Le forze dell’ordine, coordinate dalla Dda di Catanzaro, hanno lavorato in sinergia per smantellare una rete che gestiva attività illegali da diversi anni. Le persone arrestate risultano coinvolte in attività criminali che hanno minato la tranquillità di diversi quartieri, principalmente Sambiase e Sant’Eufemia. La rapida esecuzione degli ordini di custodia ha rappresentato un importante passo per il controllo del territorio e la prevenzione di ulteriori reati.
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L’indagine dal 2020 al 2023: come è stata ricostruita la rete mafiosa
L’indagine, iniziata nel giugno 2020 e conclusa nel settembre 2023, si è basata su intercettazioni telefoniche, operazioni di osservazione e dati raccolti in altri procedimenti giudiziari che hanno riguardato delitti verificatisi nel 2024. Il nucleo investigativo di Lamezia Terme ha seguito con attenzione una fase nuova della cosca Lannazzo, che si è reimpostata dopo i colpi subiti nel 2015 e nel 2017 con arresti e sequestri che avevano smembrato la vecchia struttura della cosca Lannazzo – Cannizzaro – Daponte.
Nonostante l’arresto di molti affiliati, il gruppo ha continuato a operare in modo più limitato ma sempre efficace sotto la guida indiretta del capocosca detenuto. L’azione criminale si è concentrata nel controllo delle attività economiche e sociali del territorio, con pressioni su commercianti e imprenditori per estorsioni e pratiche usuraie. Gli investigatori hanno documentato inoltre come la cosca intervenisse in contese private, offrendo “servizi di protezione” spesso imposti come obbligatori e non richiesti, mantenendo così il controllo sulle comunità locali.
Il ruolo della famiglia e l’intestazione fittizia della società di autonoleggio
Un elemento determinante dell’indagine riguarda l’uso di prestanome per mascherare il reale controllo di alcune aziende. In particolare, è stata sequestrata una società di autonoleggio operante nelle vicinanze dell’aeroporto di Lamezia Terme. Qui, la proprietà formale dell’impresa è stata attribuita a un soggetto che svolgeva il ruolo di prestanome con il supporto della moglie, che lavorava nell’azienda. Ma dietro questa apparenza, la gestione e le decisioni erano nelle mani della famiglia del boss detenuto.
Questa gestione occulta consentiva ai proprietari veri di incassare dividendi mensili senza comparire ufficialmente nei registri societari. L’accertamento di questa strategia finanziaria ha permesso di dimostrare come i capitali provenienti dalle attività illecite venissero reinvestiti per mantenere la potenza economica della cosca, anche in assenza fisica dei suoi esponenti principali. È stato appurato che alcune direttive arrivavano direttamente dal carcere, grazie a un cellulare nascosto nella cella da cui il figlio del capo riusciva a coordinare l’attività del gruppo.
Comunicazioni illecite dalla prigione e capacità operativa della cosca
La scoperta dell’uso di un telefono occulto nelle carceri per mantenere i contatti con l’esterno rappresenta uno degli aspetti più gravi. Il figlio del boss, detenuto, riusciva a impartire ordini e gestire gli affari criminali della famiglia. Questo sistema di comunicazione illegale ha permesso alla cosca di continuare a interagire con i suoi affiliati e mantenere il controllo sulle attività in città, dalla gestione delle estorsioni alla risoluzione di contrasti tra privati.
Le autorità giudiziarie e di polizia hanno sottolineato come questa capacità di infiltrazione anche dietro le sbarre renda difficile fermare completamente le attività mafiose. Le nuove misure restrittive tenteranno di impedire ulteriori abusi e rafforzare la sorveglianza all’interno degli istituti penitenziari. L’azione combinata fra le diverse forze dell’ordine evidenzia l’importanza di un lavoro coordinato per contrastare le radici criminali ancora presenti a Lamezia Terme e in provincia di Catanzaro.