Nel cuore degli abissi oceanici, dove la luce solare non arriva mai, alcune ricerche hanno evidenziato un fenomeno inatteso: la produzione di ossigeno da rocce metalliche senza bisogno di fotosintesi. Questa scoperta, pubblicata su Nature Geoscience, apre scenari nuovi sulle origini della vita e sul ciclo chimico degli oceani in profondità estreme.
Il contesto geologico della produzione di ossigeno nelle profondità marine
La spiegazione parte dalla zona Clarion-Clipperton, un immenso tratto di fondale nel Pacifico orientale, fra Messico e Hawaii. Qui la ricerca si è concentrata sui noduli polimetallici, con dimensioni paragonabili a una patata, che contengono manganese, nichel e cobalto. Questi metalli sono fondamentali per batterie di veicoli elettrici e tecnologie green. La profondità raggiunge i 4.000 metri, dove la pressione è altissima e la luce solare inesistente.
La Metals Company, impresa mineraria canadese interessata all’estrazione di questi minerali, ha finanziato gli studi ecologici nei pressi di quell’area. L’attenzione era rivolta agli impatti ambientali ma, inaspettatamente, è emersa la capacità di questi noduli di generare corrente elettrica sufficiente a scindere l’acqua di mare in idrogeno e ossigeno. È un processo chiamato elettrolisi, che normalmente richiede energia esterna.
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Questa scoperta indica che l’ossigeno si può produrre in modo naturale anche senza energia luminosa, in presenza di rocce metalliche e acqua. Significa che gli ecosistemi profondi possiedono meccanismi di produzione chimica dell’ossigeno diversi da quelli finora conosciuti.
Il significato della produzione di ossigeno oscuro sotto i 4.000 metri di profondità
L’ossigeno viene tradizionalmente prodotto dagli organismi fotosintetici, che con la luce solare trasformano l’anidride carbonica in ossigeno. In profondità oceaniche, senza luce, si pensava che l’ossigeno libero fosse praticamente assente, a meno di piccole quantità generate dall’ossidazione dell’ammoniaca, subito consumate dai batteri.
Il fenomeno individuato nei noduli pone una nuova ipotesi: la presenza di ossigeno libero nelle zone più buie potrebbe sostenere forme di vita in modi finora trascurati. L’elettrolisi indotta dalle correnti generate da metalli polimetallici crea un ambiente con ossigeno disponibile, che potrebbe alterare la comprensione degli habitat in profondità.
Questa “produzione di ossigeno oscuro” apre finestre sulla possibilità di ambienti ossigenati persistenti a grandi profondità, capaci di mantenere catene alimentari diverse da quelle superficiali. La comprensione di come questo ossigeno abbia influenza sugli ecosistemi marini e sulle variazioni geochimiche è ancora in fase iniziale.
Nuove riflessioni sulle origini della vita e la presenza di ossigeno primordiale
La scoperta ha scosso alcune idee consolidate sulle origini della vita sulla Terra. Finora si riteneva che la comparsa dell’ossigeno atmosferico e acquatico fosse legata esclusivamente all’attività fotosintetica di batteri e alghe, circa 2,7 miliardi di anni fa. Senza ossigeno, la vita aerobica non avrebbe potuto svilupparsi.
Ora sappiamo che l’ossigeno può essere prodotto anche in assenza di luce, in condizioni estreme e buie; questo suggerisce che la vita potrebbe essersi evoluta anche in fondali marini profondi, dove l’ossigeno fosse già disponibile grazie a processi chimici.
Scenari possibili per la vita primordiale
Tra i diversi scenari possibili viene considerata l’opportunità che le prime forme di vita abbiano trovato condizioni favorevoli nei pressi di queste fonti chimiche di ossigeno, invece che solo in ambienti terrestri o superficiali. Il meccanismo di elettrolisi naturale offerto dai noduli polimetallici potrebbe aver rappresentato una fonte locale importante di ossigeno, anticipando e integrando la diffusione dell’ossigeno prodotta dai primi organismi fotosintetici.
Questi nuovi elementi spingono le ricerche a rivedere gli ambienti marini antichi e a considerare la possibile esistenza di nicchie ecologiche profonde con ossigeno libero. Le implicazioni riguardano non solo la biologia ma anche la geochimica e la storia terrestre in senso più ampio.
La divulgazione di tale scoperta ha suscitato discussioni tra esperti di geologia marina, biologi evoluzionisti e chimici. Oltre a illuminarci sull’origine della vita, questo fenomeno potrebbe influenzare le strategie di esplorazione mineraria e l’analisi degli impatti ambientali negli oceani profondi. Le ricerche saranno cruciali per capire se e come l’ossigeno oscuro mantenga ecosistemi sottomarini ancora poco noti.