La questione degli ordini di protezione in Italia è al centro di un acceso dibattito, sollevato di recente dalla presidente dell’associazione Telefono Rosa, l’avvocato Antonella Faieta, durante un’audizione in commissione Giustizia del Senato. La richiesta di estendere l’uso del braccialetto elettronico agli ordini emessi dal giudice civile è stata supportata da una serie di riflessioni biologiche sulla necessità di proteggere le vittime di violenza domestica in modo più efficace e tempestivo.
Differenze tra magistratura civile e penale
Negli ultimi anni è emersa una crescente preoccupazione riguardo alla gestione degli ordini di protezione. Attualmente, i provvedimenti di allontanamento dalla residenza sono principalmente occasionati dal giudice civile, mentre il potere del giudice penale si attiva spesso in situazioni di maggiore urgenza e sotto pressione del crimine già accaduto. Tuttavia, la presidente Faieta ha sottolineato che il giudice civile deve avere la possibilità di applicare misure preventive che potrebbero ridurre immediatamente il rischio di ulteriori violenze.
La mancanza di un protocollo chiaro rispetto all’uso del braccialetto elettronico da parte dei giudici civili è stata un punto cruciale del suo intervento. Faieta ha suggerito che il consenso dell’individuo da monitorare non dovrebbe essere un ostacolo per proteggere le vittime, in considerazione della loro vulnerabilità in situazioni di violenza. L’inserimento del braccialetto nel contesto civile potrebbe fungere da deterrente e garantire un monitoraggio costante, aumentando la sicurezza delle persone interessate.
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La violenza e la sua escalation
Faieta ha evidenziato un tema particolarmente preoccupante: l’avvio della violenza, che può verificarsi addirittura prima di una denuncia, quando il soggetto minacciato richiede la separazione. Questa fase critica non è solo un momento legale ma anche un potenziale punto di esplosione per situazioni violente. Quando una persona decide di interrompere una relazione abusiva, il rischio di reazioni violente da parte dell’ex partner aumenta drasticamente, e spesso le istituzioni non sono pronte ad affrontare questa transizione.
Considerando questi dati, l’avvocato ha chiesto l’implementazione di un sistema di valutazione del rischio più completo e strutturato, che integri competenze tecniche e analisi qualitative, per comprendere meglio il contesto in cui vive la vittima. È essenziale pertanto non limitarsi a conteggiare reati passati, ma considerare anche la storia sociale e comportamentale del potenziale aggressore.
Formazione e specializzazione degli operatori
Uno degli aspetti più sottolineati nell’audizione riguarda la necessità di formazione specifica per le figure professionali coinvolte nella gestione di casi di violenza di genere. Non solo gli operatori di polizia giuridiziaria, ma anche i magistrati devono possedere competenze adeguate per una valutazione sensibile e consapevole delle dinamiche di violenza domestica.
Faieta ha chiaramente indicato che la formazione deve andare oltre le tecniche legali standard, per includere elementi di psicologia, sociologia e criminologia. Questo approccio multidisciplinare è cruciale per evitare che situazioni di rischio sfuggano al controllo delle autorità. La presidente di Telefono Rosa ha avvertito che l’attuale mancanza di competenze specialistiche sta lasciando delle lacune gravi nella protezione delle vittime di violenza.