Il tragico evento di San Sebastiano al Vesuvio, un comune situato nel hinterland napoletano, ha scosso la comunità locale. In questa occasione si è consumato un omicidio che ha evidenziato non solo la violenza giovanile, ma anche la presenza di dinamiche criminali nel contesto sociale. Il 17enne che ha sparato il colpo fatale a Santo Romano era già noto agli inquirenti per comportamenti violenti, destando preoccupazione per la sua condotta.
La lite mortale e il gesto fatale
La serata che ha portato all’omicidio di Santo Romano è iniziata con un litigio tra giovani, scaturito per motivi banali ma che ha avuto conseguenze drammatiche. Secondo le testimonianze raccolte, il 17enne ha estratto la pistola e ha sparato dopo una disputa riguardante un paio di costose scarpe, dall’importo di 500 euro, che erano state sporcate da un amico di Romano. Questo episodio è avvenuto in piazza, dove i ragazzi si erano riuniti per socializzare.
Poco prima di compiere l’atto, il minorenne avrebbe minacciato un altro ragazzo, puntando la pistola al suo mento, creando così un clima di tensione. Questo gesto, descritto da un testimone oculare, ha messo in evidenza la predisposizione del giovane a ricorrere alla violenza. Gli inquirenti stanno valutando queste circostanze per comprendere il contesto mentale e sociale del minorenne.
Il dopo omicidio e la fuga
Dopo aver sparato, il 17enne non ha mostrato alcun segno di remorso e ha invece richiesto alla madre 20 euro per andare in pizzeria. Questo particolare, riferito dalla madre e da un testimone, ha messo in evidenza un atteggiamento che riduceva la gravità della situazione. L’incontro con la madre si è svolto nella zona di Barra, dove successivamente il giovane è stato rintracciato dai carabinieri. La mancanza di consapevolezza del crimine commesso da parte del minorenne solleva interrogativi sulla sua reale capacità di intendere e volere.
La disposizione del giudice e le implicazioni
La decisione del giudice del tribunale dei minorenni, Anita Polito, di rinchiudere il ragazzo in una struttura carceraria, ha suscitato dibattiti. Nonostante la sua patologia psichiatrica, il magistrato ha evidenziato come il comportamento del giovane dimostri una “lucidità e scaltrezza” difficile da conciliare con una malattia mentale. La dicotomia tra la sua condizione clinica e il gesto violento commesso è al centro dell’attenzione legale, poiché costringe a riconsiderare il concetto di responsabilità in relazione alla gioventù e alla criminalità.
In aggiunta, il giudice ha rimarcato la connessione del 17enne con ambienti criminali, fattore che potrebbe aver influenzato la sua condotta. La presenza di questi elementi nella vita del minorenne rappresenta un grave campanello d’allarme per la comunità e le istituzioni, evidenziando così l’importanza di affrontare la questione della violenza giovanile in modi che possano efficacemente prevenire simili tragedie in futuro.
Ultimo aggiornamento il 7 Novembre 2024 da Donatella Ercolano