Oltre 122 milioni di persone sfollate nel mondo: il bilancio aggiornato delle Nazioni unite ad aprile 2025

Oltre 122 milioni di persone sfollate nel mondo: il bilancio aggiornato delle Nazioni unite ad aprile 2025

La crisi globale degli sfollati supera i 122 milioni nel 2025, con conflitti in Sudan, Siria e Ucraina che spingono milioni a fuggire; i paesi a basso reddito sostengono il peso maggiore dell’emergenza.
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Nel 2025, oltre 122 milioni di persone nel mondo sono sfollate a causa di conflitti e violenze, con la maggior parte che resta in Paesi vicini ai luoghi d'origine, soprattutto in aree a basso reddito, evidenziando una grave crisi umanitaria e la necessità di interventi internazionali urgenti. - Gaeta.it

Nel mondo, la crisi degli sfollati raggiunge numeri senza precedenti. Secondo un rapporto redatto dalle Nazioni unite, alla fine di aprile 2025 circa 122,1 milioni di persone sono state costrette a lasciare le proprie abitazioni a causa di guerre, violenze e persecuzioni. Questo dato segue un picco storico registrato nel 2024, offrendo uno spaccato sulle dinamiche che alimentano questa emergenza umanitaria continua.

Andamento globale degli sfollamenti e confronto con il 2024

Alla fine del 2024 il numero di persone costrette a fuggire aveva toccato il record di 123,2 milioni, una cifra che rappresenta il risultato di decenni di conflitti e tensioni politiche. La diminuzione registrata nel 2025, seppur lieve, è riconducibile a situazioni di parziale stabilizzazione in alcune aree, tra cui la Siria. L’UNHCR ha sottolineato come alcuni siriani siano riusciti a tornare alle loro case dopo il rovesciamento del presidente Bashar al-Assad, una delle poche notizie positive in un quadro complessivamente critico.

Confronto tra aprile 2024 e aprile 2025

Il confronto tra aprile 2024 e aprile 2025 mostra un aumento complessivo di 2,1 milioni di sfollati in un solo anno. Questo incremento prosegue una tendenza di crescita crescente nell’ultimo decennio, segnalando la difficoltà delle relazioni internazionali a fermare i conflitti che spingono queste masse a fuggire. Le crisi attuali più gravi, come quelle in Sudan, Myanmar e Ucraina, restano driver principali dei flussi migratori forzati e testimoniano l’incapacità, finora, di raggiungere accordi di pace duraturi su scala globale.

Cause principali della fuga e focus sui conflitti più gravi

La prevalenza di guerre aperte e violenze sistematiche spinge milioni di persone a trovare rifugio altrove, spesso senza poter pianificare un ritorno stabile. Il conflitto in Sudan è diventato la crisi più grave al mondo nel suo genere, con 14,3 milioni di rifugiati e sfollati interni segnalati al termine del 2024. La Siria, un tempo epicentro di questa emergenza, scende al secondo posto con 13,5 milioni, seguita da Afghanistan e Ucraina .

Sfollati interni e condizioni di precarietà

Queste cifre mostrano lo spostamento dei focus della crisi. L’alto numero di sfollati interni suggerisce che sono molte le persone che non attraversano i confini nazionali ma restano in condizioni di precarietà all’interno del proprio Paese. L’incapacità degli attori politici e militari coinvolti di fermare i combattimenti aggrava le condizioni della popolazione civile, costretta a lasciare case e territori dove la sicurezza è ormai assente.

Distribuzione geografica e impatto sulle regioni più povere

Contrariamente a quanto si potrebbe pensare, la stragrande maggioranza dei rifugiati non trova accoglienza nei Paesi più ricchi, ma resta nelle aree confinanti ai Paesi di origine. Il 67% rimane vicino alle zone di conflitto, e i Paesi a basso e medio reddito ospitano il 73% del totale dei rifugiati nel mondo. Molti di questi Stati già affrontano problemi di povertà, scarsità di risorse e infrastrutture limitate.

Peso dei paesi a basso reddito

Nonostante rappresentino solo il 9% della popolazione globale e lo 0,6% del Prodotto interno lordo mondiale, i Paesi a basso reddito sopportano il peso di quasi un quinto del numero totale di rifugiati. In particolare, Ciad, Repubblica Democratica del Congo, Etiopia, Sudan e Uganda sono tra i Paesi che hanno accolto le comunità più numerose, affrontando sfide gravose nel gestire questi flussi.

Questa situazione evidenzia un divario concreto tra la distribuzione della popolazione mondiale e quella dei profughi, con tensioni che influenzano la stabilità e la capacità di assistenza in vaste aree dell’Africa e dell’Asia. La scarsità di fondi, aggravata dai tagli internazionali, rischia di peggiorare ulteriormente le condizioni di chi è già in fuga.

Dichiarazioni delle Nazioni unite e scenari futuri per il 2025

Filippo Grandi, Alto Commissario delle Nazioni unite per i rifugiati, ha sottolineato la complessità del momento attuale, segnato da una “intensa volatilità nelle relazioni internazionali” e da guerre che lasciano un’eredità di sofferenza e instabilità. La sua richiesta è chiara: aumentare gli sforzi per fermare le crisi armate e dare risposte efficaci alle persone coinvolte, per evitare che il numero degli sfollati cresca ulteriormente.

Nei prossimi mesi, l’evoluzione del fenomeno dipenderà da diversi fattori fondamentali. Tra questi, l’effettiva possibilità di accordi di pace, le condizioni che permetteranno il ritorno sicuro nelle zone d’origine e soprattutto l’impatto delle risorse destinate a sostegno di rifugiati e sfollati. I tagli ai finanziamenti potrebbero incrementare la difficoltà nel gestire queste emergenze, lasciando milioni di persone senza protezione e assistenza.

Scenari e ruolo internazionale

Il rapporto dell’UNHCR mostra anche quanto continua a essere massiccio il numero di persone costrette a convivere con l’incertezza dello sfollamento, facendo del 2025 un anno cruciale per il futuro di milioni di famiglie. Sul piano internazionale, la sfida resta quella di tradurre le dichiarazioni di impegno in interventi concreti, capaci di ridurre i drammi umani sul campo.

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