Oltre 100mila firme per la liberazione di alberto trentini, cooperante italiano detenuto in venezuela

Oltre 100mila firme per la liberazione di alberto trentini, cooperante italiano detenuto in venezuela

La petizione su Change.org supera 100mila firme per il rilascio di Alberto Trentini, detenuto in Venezuela; famiglia, avvocato Alessandra Ballerini e sostenitori chiedono interventi urgenti a Italia, Onu ed Europa.
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La petizione online per il rilascio di Alberto Trentini, cooperante italiano detenuto in Venezuela da novembre 2024, ha superato le 100mila firme, chiedendo un intervento urgente delle autorità italiane, europee e internazionali per garantire i suoi diritti e la sua libertà. - Gaeta.it

La mobilitazione per il ritorno di Alberto Trentini in Italia, detenuto in Venezuela dallo scorso novembre, ha raggiunto numeri importanti. La petizione online su Change.org ha superato di recente le 100mila firme, segno della forte attenzione sul caso. L’appello chiede un intervento immediato del governo italiano, delle istituzioni europee e delle Nazioni Unite per garantire i diritti del cooperante e facilitare il suo rilascio. Le famiglie, i sostenitori e i rappresentanti legali seguono con attenzione ogni sviluppo, puntando a mantenere alta la pressione sulle autorità.

La petizione: obiettivi e numeri oltre quota 100mila firme

Lanciata a gennaio, la petizione per la liberazione di Alberto Trentini ha raccolto in poche ore oltre centomila firme, attestandosi ora a 102.545. Questo risultato evidenzia il coinvolgimento di cittadini provenienti da diverse città italiane e non solo. La richiesta principale si concentra sulla restituzione immediata della libertà al cooperante italiano, arrestato in Venezuela da novembre 2024, ma non solo. I promotori sottolineano la necessità di garantire assistenza consolare, legale e sanitaria, oltre a permettere ad Alberto di mantenere contatti regolari con familiari e avvocati. Si rivolgono direttamente al governo italiano, alle istituzioni europee e all’Onu, sperando in un’azione rapida e concreta.

Un appello oltre il sostegno individuale

Il tema riguarda la tutela dei diritti umani in un contesto delicato e complesso, dove le motivazioni dietro la detenzione del cooperante sono legate a questioni politiche internazionali. La campagna si presenta quindi come un appello che supera il semplice sostegno individuale per trasformarsi in una questione di rappresentanza diplomatica e rispetto delle regole internazionali.

L’intervento della famiglia e la reazione del pubblico

Domenica scorsa, l’appello ha ricevuto una spinta decisiva grazie alla testimonianza della madre di Alberto durante una trasmissione televisiva. La donna ha lanciato un messaggio in cui definisce l’Italia “orgogliosa di suo figlio” e racconta le difficoltà che la famiglia sta attraversando, soprattutto per la salute del marito. Ha ammesso, con una punta di commozione, il timore di “non riuscire più a vedere Alberto libero.”

Le parole della madre hanno smosso molti, non solo sul piano emotivo ma anche nel richiamare l’attenzione delle autorità. Ha chiesto un’accelerazione nelle procedure di intervento, sollecitando tutti a fare qualcosa per riportare Alberto a casa.

Solidarietà e commenti dalla rete

Tra chi ha firmato la petizione, si leggono commenti di solidarietà e identificazione, come quello di una mamma di un altro cooperante impegnato a Bogotà che conferma l’angoscia che si prova a distanza. Suggerisce che chi va in Paesi strani per portare aiuti finisce spesso per essere usato come “merce di scambio in giochi politici.” Questi messaggi evidenziano una rete di sostegno che va oltre la famiglia di Trentini, evidenziando una questione più ampia di sicurezza per i cooperanti italiani all’estero.

Il ruolo della famiglia e dell’avvocato nelle iniziative di sostegno

La famiglia di Alberto Trentini, insieme all’avvocato Alessandra Ballerini, ha pubblicato un aggiornamento sulla stessa pagina della petizione. Ringraziano chi sta aderendo alla mobilitazione e invitano a continuare a spingere per una risoluzione rapida. L’appello è rivolto a quanti vogliono aiutare, suggerendo che solo una forte pressione pubblica potrà mettere le autorità di fronte all’urgenza del caso.

Iniziative pubbliche e comunicazione social

L’impegno si concentra, oltre che nelle firme, anche in iniziative pubbliche come il digiuno a staffetta avviato il 5 marzo scorso. Questo gesto testimonia la determinazione del comitato promotore e tiene alta l’attenzione mediatica sull’accaduto. Sono in corso diversi fronti di attività, monitorati e narrati sulla pagina Instagram del comitato, dove si trovano aggiornamenti continui sull’evoluzione della vicenda, i prossimi appuntamenti e le iniziative di sensibilizzazione.

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