Il mercato del lavoro nel terziario italiano segna nuovi record nelle assunzioni, ma nonostante l’occupazione sia elevata, numerosi settori faticano a trovare lavoratori specializzati. Secondo Confcommercio, nel 2025 il commercio, la ristorazione e l’alloggio avranno bisogno di oltre 260mila addetti, cifra in aumento rispetto all’anno precedente. Questa difficoltà rischia di rallentare lo sviluppo economico e di mettere in crisi alcune attività strategiche per l’Italia.
Il mercato del lavoro nel terziario nel 2025: numeri e difficoltà
Nel corso del 2025, i settori del commercio, della ristorazione e dell’alloggio hanno registrato un livello di occupazione tra i più alti in assoluto. Eppure, le imprese continuano a incontrare problemi nel reclutare manodopera specializzata. Il dato fornito da Confcommercio indica un fabbisogno di circa 260mila posizioni lavorative che non saranno coperte, una crescita del 4% rispetto al 2024. Dietro questo numero c’è una reale carenza di figure come commessi professionali, macellai, gastronomi, camerieri di sala, barman, cuochi o pizzaioli, gelatai, e personale addetto alla pulizia e al riassetto delle camere. Questi ruoli risultano difficili da trovare, specialmente in alcune zone d’Italia dove la domanda supera ampiamente l’offerta.
Specializzazione come chiave nel terziario
Il problema non risiede tanto nella domanda di lavoro in generale, quanto nella specifica capacità dei candidati di soddisfare le competenze richieste. Il settore terziario, infatti, non manca di opportunità, ma serve personale con un bagaglio tecnico e pratico che non sempre è disponibile nel mercato locale. Il rischio è che questa carenza rallenti lo sviluppo e riduca la qualità del servizio offerto, con impatti anche sull’andamento economico complessivo.
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Conseguenze economiche della carenza di personale specializzato
La difficoltà a coprire le posizioni vacanti nei settori menzionati rischia di bloccare l’espansione di attività chiave per l’economia italiana. Confcommercio parla di un’emergenza che potrebbe tradursi in un freno alla crescita non solo delle imprese nel commercio, ristorazione e alloggio ma dell’intero Pil nazionale. Meno personale qualificato significa meno capacità produttiva e, spesso, una maggiore pressione sugli operatori già presenti, con un aumento del rischio di turnover e insoddisfazione.
L’impatto sulla qualità e produttività
L’impatto economico si riflette su più fronti: la capacità di accogliere turisti, la qualità del servizio commerciale e la produttività nei ristoranti e alberghi. Se il numero di addetti resta insufficiente, la domanda di servizi può restare insoddisfatta, frenando investimenti e innovazioni. Anche la presenza di personale precario o poco formato può compromettere la reputazione delle imprese e la loro capacità di competere a livello nazionale o internazionale.
Non a caso, negli ultimi anni sono aumentate iniziative per stimolare la formazione professionale e per facilitare il lavoro di chi opera in questi ambiti. Questo sforzo risponde a una pressione ormai evidente su tutto il settore terziario che, pur crescendo nell’occupazione generale, non trova risorse umane con le capacità richieste.
Le proposte di confcommercio per superare la crisi della manodopera
Carlo Sangalli, presidente di Confcommercio, ha commentato l’allarme sulla carenza di lavoratori evidenziando che “colmare il divario tra domanda e offerta non è solo un’urgenza, ma un passo necessario per la crescita del Paese.” Sangalli punta a politiche specifiche che puntino a incrementare il tasso di occupazione delle fasce più giovani della popolazione e delle donne, due categorie fino ad oggi sotto sfruttate in molti comparti del mercato del lavoro.
Quattro pilastri della strategia
Al centro della strategia proposta ci sono quattro indirizzi precisi. Prima di tutto, si evidenzia la necessità di mettere mano a politiche demografiche e familiari per incentivare una maggiore partecipazione al lavoro. Poi, si sottolinea l’importanza di un’azione mirata per migliorare le competenze dei lavoratori, tramite formazione e aggiornamento professionale. Sangalli indica anche la valenza fondamentale di una contrattazione collettiva che sia rappresentativa e condivisa da tutti gli attori del mercato del lavoro. Infine, la proposta include la programmazione di flussi migratori che possano integrare le carenze del mercato domestico.
Queste linee d’intervento rispondono a un quadro complesso, ma necessario per invertire una tendenza preoccupante. Senza un sistema che sappia gestire domanda e offerta in modo più efficace, i settori come commercio o ristorazione rischiano di perdere competitività. Le politiche di sostegno devono guardare anche all’inclusione e all’equilibrio tra vita lavorativa e personale per attirare chi oggi resta fuori dal mercato.
Le figure professionali più scarse nel terziario e le loro implicazioni
Tra le categorie di lavoratori più difficili da trovare ci sono quelle che richiedono competenze tecniche precise, come i macellai o i gastronomi. Questi professionisti non solo gestiscono il prodotto ma ne garantiscono la qualità e la sicurezza alimentare, fattori cruciali per i ristoratori e i negozi di alimentari. Mancanze in questo ambito possono influire sulla reputazione e sul fatturato.
I camerieri di sala, i barman, i cuochi e i pizzaioli rappresentano invece il cuore del servizio diretto al cliente in ristoranti e bar. La carenza crea problemi nel coprire turni, nell’offrire un servizio puntuale e di qualità. Con un settore turistico che continua a richiedere standard elevati, la mancanza di queste figure crea vuoti difficili da colmare soprattutto nella stagionalità.
Importanza del personale per la pulizia e il riassetto camere
Il lavoro legato alla pulizia e al riassetto delle camere negli alloggi è un altro tassello essenziale. Personale insufficiente in questo ambito può tradursi in ritardi e fragilità organizzative, con effetti tangibili sull’esperienza degli ospiti. Qui si nota anche una difficoltà nell’attrarre forza lavoro, in parte legata a condizioni spesso poco apprezzate.
Sono settori dove l’esperienza e la specializzazione fanno la differenza e non si possono sostituire con figure generiche. La formazione pratica continua e la valorizzazione di questi mestieri potrebbero aiutare a chiudere il gap, ma serve un impegno concreto da parte di istituzioni e imprese per costruire percorsi di carriera chiari e attrattivi.