Negli ultimi mesi è emersa una nuova interpretazione riguardo ai buchi neri, quegli oggetti celesti considerati tra i più misteriosi dell’universo. Le ricerche recenti di un gruppo di fisici italiani mettono in discussione l’idea che la materia venga inghiottita senza ritorno. Invece, questa si accumulerebbe in un vortice esterno, senza mai superare un confine invalicabile. Questa scoperta impatta parecchio sulla nostra comprensione sia della gravità, sia della struttura dello spazio-tempo.
Il tempo immaginario dentro i buchi neri cambia la prospettiva
La teoria che guida queste nuove scoperte si basa su un aspetto particolare del tempo vicino ai buchi neri. Secondo il fisico Salvatore Capozziello, dell’Università Federico II di Napoli, entrando in un buco nero il tempo non si comporta più come ce lo immaginiamo, ma diventa “immaginario” in senso matematico. Ciò significa che la dimensione temporale non segue più le regole ordinarie, rendendo impossibile per qualunque forma di materia o energia attraversare davvero il buco nero. Il concetto sfugge a una lettura intuitiva, ma spiega il perché non vediamo veramente nessun oggetto sparire all’interno.
Il lavoro sviluppato da Capozziello, insieme a Silvia De Bianchi dell’Università Statale di Milano e Emmanuele Battista, punta a descrivere questa nuova visione nel dettaglio usando coordinate legate alle onde gravitazionali, strumenti cruciali per studiare la struttura dello spazio-tempo in condizioni estreme. Questi studi pubblicati su Physical Review D disegnano un quadro in cui la materia si blocca fuori dall’orizzonte degli eventi, creando un moto vorticoso ma senza mai finire sommersa.
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Il problema delle singolarità nel cuore dei buchi neri
Da sempre una delle grandi sfide della relatività generale riguarda le singolarità: punti in cui le leggi della fisica perdono ogni validità. I buchi neri e il Big Bang sono esempi di fenomeni dove spazio e tempo si comportano in modi paradossali. Fin dagli anni di Einstein, i fisici si sono trovati davanti a questa contraddizione senza riuscire a superarla con i metodi classici.
Secondo la teoria tradizionale, un osservatore fuori dal buco nero vede un oggetto cadervi dentro per un tempo infinito. Al contrario, chi cadrebbe realmente dentro il buco nero sarebbe soggetto a un tempo finito e sperimenterebbe effetti inaccessibili a chi rimane fuori. Non ci sono tuttavia prove sperimentali dirette di ciò che succede dentro, perché la natura stessa di questi oggetti impedisce misurazioni tradizionali. Il nuovo approccio suggerito dal gruppo napoletano elimina proprio la singolarità, perché dà una descrizione dello spazio-tempo dove questa non compare.
La materia ferma oltre l’orizzonte degli eventi
Partendo dalla teoria di Einstein sulle onde gravitazionali e da coordinate fisiche precise, i ricercatori hanno osservato che la velocità con cui un oggetto cade in un buco nero tende a zero e la curvatura dello spazio-tempo rimane finita. Questo significa che l’oggetto non può davvero penetrare l’orizzonte degli eventi, contrariamente all’interpretazione comune. La materia si ferma, viene trascinata in un movimento vorticoso ma non scompare oltre la superficie del buco nero.
Questo concetto, definito “atemporalità” dagli scienziati, si traduce nel fatto che il tempo cambia natura e il buco nero non può essere considerato un sistema dinamico in cui la materia si collassa all’interno. I buchi neri, secondo questa visione, funzionano piú come trappole gravitazionali che come voragini senza fondo.
Una fisica senza singolarità e le implicazioni per la meccanica quantistica
La nuova teoria elimina il problema della singolarità all’interno dei buchi neri. Se la materia non può entrare realmente, non si verifica nemmeno il collasso totale dello spazio-tempo previsto in precedenza. Questo apre la strada a una fisica che riesce a descrivere i buchi neri senza paradossi, e potenzialmente si collega a un quadro più ampio dove si integrano la relatività e la meccanica quantistica.
Questo modello potrebbe aiutare a risolvere alcune delle questioni più irrisolte della fisica moderna, legate proprio a come si conciliano gravità e fenomeni quantistici a scale estreme. La “fisica senza singolarità” riconduce il comportamento dei buchi neri a un sistema meno misterioso, sotto il profilo matematico e operativo.
L’orizzonte degli eventi come limite invalicabile
In questo contesto, l’orizzonte degli eventi racconta una storia diversa da quella diffusa. Non è più la soglia oltre cui nulla può tornare indietro o essere osservato. Al contrario, definisce il confine dove il tempo assume carattere immaginario e l’attraversamento si rivela impossibile.
La celebre immagine del buco nero scattata nel 2019 da Event Horizon Telescope finirebbe per mostrare proprio il materiale che ruota inesorabilmente davanti a questo limite. Non c’è voracità o annientamento, ma una costante presenza di materia, bloccata e trascinata nel flusso gravitazionale esterno. L’idea classica del buco nero divoratore di tutto perde così gran parte della sua forza, lasciando spazio a una visione più complessa e meno estrema.