Nuovi dazi Usa rischiano di colpire centinaia di miliardi di esportazioni europee da agosto 2025

Nuovi dazi Usa rischiano di colpire centinaia di miliardi di esportazioni europee da agosto 2025

Gli Stati Uniti introdurranno dazi al 30% su molte importazioni dall’Unione europea dal 2025, mettendo a rischio settori chiave come automotive, agroalimentare e lusso, con forti ripercussioni economiche e diplomatiche.
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Gli Stati Uniti introdurranno dazi al 30% su molte importazioni europee dal 2025, minacciando settori chiave dell’economia Ue e intensificando le tensioni commerciali con possibili ripercussioni su imprese e mercati. - Gaeta.it

Le misure annunciate dagli Stati Uniti a partire dal primo agosto 2025 mettono a rischio i commerci europei con dazi al 30% su molti prodotti. Questo intervento, voluto dalla presidenza americana per ridurre il cosiddetto squilibrio commerciale tra Usa e Ue, può provocare forti ripercussioni su numerosi settori chiave dell’economia europea. Le autorità europee si preparano a rispondere, mentre le imprese monitorano gli sviluppi per capire come adattarsi.

Le conseguenze dei nuovi dazi Usa sulle esportazioni europee

Il governo statunitense ha confermato l’intenzione di applicare dazi del 30% sulle importazioni provenienti dall’Unione europea. La decisione cerca di correggere un deficit commerciale percepito dagli Usa nei confronti dell’Europa. Nel 2024, il commercio di beni e servizi tra Ue e Stati Uniti ha superato i 1.680 miliardi di euro, una cifra che rende evidente la portata dell’impatto potenziale.

La Commissione europea, chiamata a tutelare gli interessi europei, ha già fatto sapere di volersi impegnare per evitare l’escalation del conflitto commerciale. Allo stesso tempo, ha annunciato che non esiterà a prendere contromisure qualora la situazione dovesse aggravarsi. Questa posizione rappresenta un segnale chiaro della tensione diplomatica in corso fra Bruxelles e Washington. La scadenza del primo agosto, data di entrata in vigore dei dazi, impone un’accelerazione nei negoziati tra le parti.

Criticità per le catene di approvvigionamento e i costi

Il timore principale riguarda un’interruzione significativa delle catene di approvvigionamento e l’aumento dei costi per imprese e consumatori. Gli investimenti e i rapporti commerciali consolidati potrebbero subire uno stop o rallentamenti, con riflessi diretti su occupazione e produzione industriale all’interno dell’Unione europea. Questo clima di incertezza si riflette già nei mercati finanziari e nelle decisioni strategiche delle aziende europee.

I paesi europei più esposti ai dazi e le caratteristiche delle loro esportazioni

Il calcolo dell’impatto varia molto da paese a paese, in base alla struttura del loro commercio con gli Stati Uniti. L’Irlanda si trova al centro delle criticità principali, essendo la nazione europea con il maggiore surplus commerciale verso gli Usa, pari a circa 86,7 miliardi di dollari. Questo risultato deriva soprattutto dalla presenza in Irlanda di grandi aziende farmaceutiche e tecnologiche statunitensi, come Pfizer, Apple e Meta, che realizzano lì gran parte della loro produzione destinata al mercato americano.

La Germania segue a ruota con un surplus vicino agli 85 miliardi di dollari. Il suo export verso gli Stati Uniti si basa soprattutto sulle esportazioni di automobili, prodotti siderurgici e macchinari. Il cancelliere tedesco Friedrich Merz ha evidenziato questi comparti come prioritari da proteggere esplorando ogni possibilità nei negoziati.

Francia, Italia e altri paesi

Francia e Italia rimangono coinvolte in misura rilevante, benché secondarie rispetto a Irlanda e Germania. L’export italiano, per esempio, è legato all’agroalimentare, ai vini e alle auto, mentre quello francese coinvolge anche i settori dell’aeronautica, dei cosmetici, di vini e cognac di alta gamma. Altri paesi come Austria e Svezia hanno surplus minori ma comunque significativi, con circa 13 e 10 miliardi di dollari rispettivamente.

Gli effetti si rifletteranno su aziende e lavoratori di questi paesi, alcuni dei quali già stanno pensando a come diversificare la loro presenza sul mercato americano o a spostare parte della produzione direttamente negli Stati Uniti.

Settori industriali e commerciali in prima linea davanti ai dazi Usa

Gli effetti dei nuovi dazi Usa si manifestano in modo diverso a seconda del settore industriale coinvolto. Il comparto farmaceutico europeo copre oltre il 22% delle esportazioni verso gli Stati Uniti nel 2024, rimanendo il settore con maggiore valore, anche se per ora è escluso dalle nuove imposte doganali. Molte aziende stanno avviando o ampliando la produzione su territorio americano per limitare i danni potenziali, chiedendo al contempo una semplificazione normativa a Bruxelles.

L’automotive resta uno dei settori più vulnerabili. L’Unione europea ha esportato verso gli Usa circa 750.000 veicoli nel 2024, con un valore che sfiora i 38,5 miliardi di euro. Le principali marche coinvolte sono tedesche, come Bmw, Mercedes, Porsche e Audi, che dipendono in modo sostanziale dal mercato americano. Volkswagen ha già detto di aver registrato un calo nelle consegne, attribuito alle prime ondate di dazi.

Industria aeronautica e altri settori

L’industria aeronautica subisce ancor oggi dazi del 25% su materie prime come acciaio e alluminio, oltre a imposte del 10% sui prodotti finiti. La nuova stretta minaccia di aumentare i costi di produzione. Airbus e Boeing si erano già mossi per chiedere la rimozione di tali barriere, ma senza esito. L’aumento delle tariffe rischia di rallentare gli ordini e di alterare la competitività globale del settore.

Anche cosmetici e profumi, soprattutto di origine francese e italiana, sono coinvolti. Gruppi come L’Oréal hanno incassato il 38% del proprio fatturato 2024 negli Stati Uniti e importano gran parte dei prodotti da Europa. Per mantenere margini di guadagno, molte aziende valutano di spostare la produzione negli Usa o di aumentare i prezzi.

Il lusso, un segmento importante soprattutto per la Francia, potrebbe subire contraccolpi con i dazi al 30%. Lvmh, per esempio, ottiene circa un quarto dei suoi ricavi dal mercato americano; alcolici e vini rappresentano inoltre oltre un terzo delle esportazioni francesi verso gli Usa. L’imposizione americana rischia di far lievitare i prezzi, mettendo alla prova la domanda su alcuni prodotti iconici.

Agroalimentare particolarmente colpito

Infine, l’agroalimentare potrebbe essere il comparto più duramente colpito. Prodotti come formaggi, vini, conserve e marmellate italiani potrebbero subire aumenti delle tariffe fino al 45%. Coldiretti, principale associazione agricola italiana, ha definito il provvedimento “una mazzata” per il Made in Italy. Simili preoccupazioni arrivano dalla viticoltura francese, dove gli Usa rappresentano il principale mercato estero per esportazioni del valore di quasi 4 miliardi di euro nel 2024.

Il confronto commerciale tra Europa e Stati Uniti entra in una fase tesa e complessa, con riflessi non solo economici, ma anche politici e diplomatici. Le prossime settimane saranno decisive per capire se si potrà evitare un’escalation o se si aprirà un nuovo capitolo di tensioni con impatto sul mercato globale.

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