Nuove tensioni globali e la condanna della deterrenza armata nella dottrina sociale della chiesa

Nuove tensioni globali e la condanna della deterrenza armata nella dottrina sociale della chiesa

Nel 2025 le spese militari globali raggiungono livelli record mentre papa Paolo VI, Giovanni XXIII e Francesco denunciano la corsa agli armamenti e promuovono una pace basata sulla non violenza.
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L'articolo analizza il crescente aumento delle spese militari e dei conflitti nel 2025, evidenziando le critiche storiche e contemporanee dei papi e di figure laiche contro la deterrenza armata, promuovendo una pace autentica lontana dalla logica della guerra. - Gaeta.it

Nel 2025, i conflitti armati non diminuiscono e le spese militari mondiali raggiungono cifre senza precedenti. La crescente corsa agli armamenti, che coinvolge ormai decine di paesi, riporta in primo piano riflessioni e denunce storiche contro la logica della guerra come strumento di pace. Papi del Novecento e di oggi hanno espresso chiaramente il rifiuto della deterrenza armata, proponendo una visione alternativa basata sulla pace autentica, lontana dall’equilibrio del terrore.

Papa paolo VI e la denuncia della corsa agli armamenti negli anni della guerra fredda

Nel dicembre 1976, durante le tensioni della guerra fredda fra Stati Uniti e Unione Sovietica, papa paolo VI prese una posizione netta contro la crescente spesa militare. Nel suo messaggio per la X Giornata mondiale per la pace, criticava apertamente il motto “si vis pacem, para bellum” definendolo un falso programma che alimenta la competizione bellica. Papa Montini osservava il paradosso di uno sforzo economico immenso destinato a mantenere stati protetti da armi sempre più potenti, a discapito di settori fondamentali come l’istruzione, la sanità e l’agricoltura.

Le sue parole segnano un punto di rottura con una mentalità diffusa che considera la preparazione alla guerra come condizione necessaria per conservare la pace. La “schietta audacia” con cui papa paolo VI condannava la corsa agli armamenti puntava i riflettori su un problema che ancora oggi pesa sulle società: il costo umano e finanziario di una pace mantenuta con la minaccia continua dell’uso della forza.

Giovanni xxiii e il rifiuto della pace fondata sull’equilibrio del terrore

Nel 1963, all’indomani della crisi dei missili di Cuba, papa giovanni xxiii pubblicò la sua enciclica pacem in terris. In quel documento metteva in guardia contro la “teoria della deterrenza”, cioè la convinzione che la pace si basi sull’equilibrio tra potenze armate fino ai denti. Papa roncalli descriveva la condizione di un mondo che vive “sotto l’incubo di un uragano” pronto a esplodere e sottolineava la necessità di arrestare la gara agli armamenti.

Questa enciclica entrò nel dibattito politico con parole chiare su giustizia e umanità, ampliando la denuncia fatta dal papa precedente contro la logica di una pace fondata sullo spauracchio della distruzione reciproca. La sua posizione risuona come un monito contro un sistema in cui la minaccia violenta domina la politica internazionale, mettendo a rischio in ogni momento la vita di milioni di persone.

Papa francesco e la visione contemporanea della pace nella fratelli tutti

Nel suo documento del 2020, fratelli tutti, papa francesco ha rimesso sotto i riflettori questi temi, aggiornandoli ai rischi attuali delle armi moderne, dal nucleare a quelle biologiche e chimiche. Firmato ad Assisi, il testo evidenzia come la crescente capacità distruttiva renda la guerra un pericolo incontrollabile soprattutto per i civili.

Francesco ha sfatato l’idea che la pace internazionale possa fondarsi sulla minaccia di un annientamento reciproco o su un equilibrio di potere instabile. Ha invitato a pensare a una sicurezza diversa, che non si basi sulla paura o sugli armamenti potenti. Il richiamo di papa francesco trova eco in un momento storico segnato da nuove crisi internazionali, come il conflitto nel Medio Oriente che coinvolge Israele, USA e Iran, e le iniziative europee per rafforzare le difese.

Contestazioni laiche al motto “si vis pacem, para bellum”

Questo assunto, derivato da una massima latina antica di Vegezio, ha incontrato opposizioni anche al di fuori del mondo ecclesiastico. Già nel 1909 filippo turati, uno dei leader socialisti italiani, definiva quel motto “un gioco di parole” senza senso, esortando a preparare la pace invece di armarla. Dopo il disastro di Hiroshima e Nagasaki, mahatma gandhi ricordava che la violenza non si può sconfiggere con altra violenza.

In Italia, il filosofo antifascista aldo capitini riprese questa linea, suggerendo che la pace si ottiene solo con gesti di pace e non preparandosi alla guerra. Questi messaggi laici ribadiscono quanto sottolineato da molti papi: lo sviluppo di armi e minacce non restituisce sicurezza, ma accresce il pericolo per tutti.

Dati attuali confermano l’inefficacia della deterrenza armata

Secondo recenti dati dell’istituto SIPRI, le spese militari globali hanno toccato nel 2024 il record di oltre 2.700 miliardi di dollari. Nel mondo, sono attivi almeno 56 conflitti armati che coinvolgono più di 90 paesi: numeri non registrati dalla fine della seconda guerra mondiale. Queste cifre raccontano la realtà concreta di un pianeta in tensione, dove prepararsi alla guerra sottrae risorse a sanità, istruzione e sviluppo civico, senza fermare l’esplosione di violenze.

Il disagio provocato dalle guerre in Ucraina e Medio Oriente ricorda l’esortazione recente di papa leone xiv che ammonisce a non abituarsi alla guerra e a respingere la tentazione degli armamenti sempre più potenti. Parole che si inseriscono nella tradizione del magistero della Chiesa, mantenendo vivo un messaggio di pace da perseguire con mezzi diversi dalla violenza.

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