Il reperto chiave per l’analisi dell’impronta palmare attribuita ad Andrea Sempio, indagato nell’omicidio di Chiara Poggi, risulta scomparso. La traccia, conosciuta come “papillare 33”, era stata individuata su un muro della casa di Garlasco, dove la giovane è stata trovata senza vita. Molti si aspettavano che quel frammento di intonaco potesse fornire ulteriori elementi per chiarire la vicenda, ma gli archivi ufficiali non ne conservano più alcuna traccia.
La mancanza del reperto negli archivi della procura e dei carabinieri
Le ricerche condotte nella Procura di Pavia non hanno portato al ritrovamento del frammento di intonaco che riportava l’impronta di mano. Il Messaggero ha spiegato che anche i carabinieri del Ris di Parma, che hanno svolto indagini approfondite, non lo hanno trovato nei loro archivi. Questa assenza suggerisce che il campione potrebbe essere stato distrutto o eliminato negli anni, rendendone impossibile la riesumazione per nuove analisi. La perdita di quel pezzo elimina una fonte diretta fondamentale per gli esperti e complica la ricostruzione delle prove.
Attenzione tra esperti forensi e processo
Il fatto che tale reperto manchi proprio nei luoghi dove solitamente si conservano questi elementi ha provocato qualche attenzione tra gli esperti forensi e tra chi segue da vicino il processo. Non ci sono per ora dettagli ufficiali sul motivo di questa assenza, ma la distruzione sembra l’ipotesi più plausibile in base a quanto riferito dai responsabili degli archivi. La documentazione relativa alle indagini di Garlasco, svolte ormai da anni, resta comunque fondamentale, ma senza quel frammento risulta molto più difficile progredire con certezza.
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Il ruolo della “papillare 33” nella ricostruzione del caso
La cosiddetta “papillare 33” ha rappresentato una delle piste di approfondimento più importanti emerse nel corso delle indagini. L’impronta sul muro, localizzata in fondo alla scala dove la ragazza fu trovata, potrebbe contenere materiale biologico utile per stabilire contatti o presenze sul luogo del delitto. I consulenti legali di Alberto Stasi, condannato per l’omicidio con una pena ormai quasi compiuta, avevano puntato su questo elemento per tentare di dimostrare nuove ipotesi o aprire scenari alternativi.
Necessità del frammento originale per analisi avanzate
Per estrapolare eventuali tracce biologiche serve però il frammento originale di intonaco, che conserva meglio le particelle organiche usate nelle analisi genetiche o chimiche. Senza questo pezzo, il lavoro di recupero e approfondimento si ferma, limitando le possibilità di ottenere risultati definitivi. La “papillare 33” resta quindi un indizio potenziale, ma senza il supporto materiale necessario ha un valore ridotto dal punto di vista investigativo.
Gli esperti avevano già individuato la zona dell’impronta e proposto di avviare nuovi accertamenti con tecnologie avanzate, capaci di isolare residui biologici minuti su superfici porose come l’intonaco. Che però, come emerso, non è più disponibile. Questo ha modificato le aspettative sul prosieguo del caso e sulle possibilità di revisione, sia in ambito giudiziario che scientifico.
Impatto sull’ultimo periodo delle indagini e riflessi futuri
L’assenza del campione rende più complicata la gestione del dossier di prove ancora aperto sul caso di Chiara Poggi. I 16 anni di carcere già scontati da Alberto Stasi si basano su altre evidenze, ma gli ultimi sviluppi avevano suscitato interesse proprio per la possibilità di riaprire analisi su tracce non ancora del tutto indagate. Ora il ritrovamento impossibile del pezzo di intonaco limita fortemente queste prospettive.
La vicenda ha mostrato quanto sia delicata la conservazione delle prove materiali in processi così complessi e longevi. L’eliminazione di un reperto così decisivo può condizionare l’andamento degli accertamenti e la necessità di approfondimenti per la verità. Dalla vicenda di Garlasco arriva una lezione pratica sulle procedure di gestione di materiali investigativi fondamentali.
Le autorità continuano a monitorare ogni possibile sviluppo, ma la scomparsa del reperto palmare attribuito ad Andrea Sempio consegna un’ulteriore pagina ad uno dei casi di cronaca più seguiti degli ultimi decenni. Le indagini procedono, ma senza questo pezzo, la strada verso nuove scoperte si fa più ripida.