Ministero dell'interno mantiene la richiesta di cancellazione del cognome della mamma intenzionale nelle coppie omogenitoriali

Ministero dell’interno mantiene la richiesta di cancellazione del cognome della mamma intenzionale nelle coppie omogenitoriali

La sentenza della Corte costituzionale apre al riconoscimento del cognome della madre intenzionale nelle coppie omogenitoriali in Italia, ma il ministero dell’interno resiste, creando tensioni con la procura generale e la Corte d’appello di Venezia.
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La sentenza della Corte costituzionale ha dichiarato incostituzionale la cancellazione del cognome della madre intenzionale nelle coppie omogenitoriali, ma il ministero dell'interno in Italia mostra resistenze nell'applicare pienamente questa decisione, creando un conflitto istituzionale in attesa della sentenza finale della Corte d'appello di Venezia. - Gaeta.it

Il dibattito sul riconoscimento dei figli delle coppie omogenitoriali in Italia subisce un nuovo capitolo a seguito della sentenza della Corte costituzionale che ha dichiarato incostituzionale la legge del 2004 relativa alla cancellazione del cognome della madre intenzionale nei registri anagrafici. La vicenda si concentra su un caso discusso recentemente alla Corte d’appello civile di Venezia, in cui il ministero dell’interno ha scelto di non adeguarsi pienamente alla decisione della Consulta.

Il caso di venezia e le posizioni discordanti tra procura e ministero

Il 2025 ha visto un acceso confronto davanti alla Corte d’appello civile di Venezia, dove sono state discusse le istanze di 39 coppie di donne, definite “mamme arcobaleno”, che hanno avuto figli tramite procreazione assistita all’estero. Queste famiglie hanno chiesto il riconoscimento integrale delle genitorialità nei registri anagrafici, opponendosi alla cancellazione del cognome della madre intenzionale, pratica promossa in precedenza dal ministero dell’interno.

A marzo 2024, il tribunale di Padova aveva dichiarato inammissibili i ricorsi avanzati dalla Procura generale e dal ministero dell’interno contro la registrazione dei nominativi anagrafici delle madri intenzionali. Tuttavia, nel successivo appello a Venezia, la Procura generale ha comunicato la propria decisione di uniformarsi alla sentenza della Corte costituzionale, rinunciando alle impugnazioni a carico delle mamme omogenitoriali.

Diversa la posizione del ministero dell’interno, rappresentato dall’Avvocatura dello Stato, che ha deciso di mantenere la richiesta di cancellazione del cognome della madre intenzionale. Di fatto, l’Avvocatura ha segnalato la mancanza di indicazioni chiare da parte del ministro dell’interno, Matteo Piantedosi, sul da farsi dopo la sentenza della Consulta. Questo silenzio ha portato a confermare una richiesta contraria ai principi espressi dalla Corte costituzionale, lasciando il caso in una situazione di stallo.

Implicazioni e attese per il futuro della normativa anagrafica sulle coppie omogenitoriali

La decisione finale della Corte d’appello di Venezia è attesa nelle prossime settimane. Il caso ha sollevato interrogativi importanti sulle procedure amministrative e sul modo in cui gli enti pubblici si uniformano alle pronunce costituzionali. La discrepanza tra la Procura, che ha scelto di allinearsi alla sentenza, e il ministero dell’interno, che mantiene una posizione opposta, evidenzia incertezza e resistenza istituzionale.

Da un lato, la sentenza della Consulta ha aperto la strada per un pieno riconoscimento giuridico delle madri intenzionali nelle famiglie omogenitoriali, modificando un sistema che finora ha creato disparità e difficoltà per molte coppie e i loro figli. Dall’altro, la cautela del ministero riflette, forse, una fase di attesa e di riflessione prima di adottare le modifiche operative necessarie.

Questa vicenda, seguita con attenzione da associazioni e operatori del settore, rappresenta una tappa significativa nel percorso di riconoscimento dei diritti civili nel nostro paese. L’orientamento del ministero dell’interno, insieme alla sentenza finale della Corte d’appello, sarà decisivo per confermare o meno la strada verso un anagrafe che non discrimini le famiglie omogenitoriali.

Il contesto giuridico dopo la sentenza della corte costituzionale

Giovedì scorso, la Corte costituzionale ha dichiarato incostituzionale una norma risalente al 2004 che consentiva la cancellazione del cognome della madre intenzionale per i figli delle coppie formate da donne. Questa pronuncia ha rappresentato un passo importante per i diritti delle famiglie omogenitoriali, aprendo la strada a un riconoscimento più completo e diretto delle genitorialità che fino ad allora erano state considerate in modo limitato.

La legge del 2004 prevedeva infatti che, in alcuni casi, l’anagrafe potesse cancellare il cognome della mamma non biologica, con implicazioni significative per i registri ufficiali e per il riconoscimento giuridico del legame tra la madre intenzionale e il figlio. Con la decisione della Consulta, però, questa pratica è stata giudicata non conforme alla Costituzione, ponendo fine a quella procedura.

Occorre ricordare che la decisione della Corte costituzionale non ha effetti immediati e vincolanti per tutte le amministrazioni, ma stabilisce un principio che deve essere applicato in tutti i casi simili. Nonostante questo, il ministero dell’interno ha mostrato resistenze nel modificare il proprio orientamento e nel recepire in modo automatico la novella giurisprudenziale.

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