Migrante etiope salvato dopo essersi perso nei boschi tra Claviere e la frontiera francese

Migrante etiope salvato dopo essersi perso nei boschi tra Claviere e la frontiera francese

Nella notte tra il 25 e il 26 maggio 2025, un migrante etiope si è smarrito nei boschi tra Claviere e Monginevro durante un tentativo di attraversamento clandestino del confine Italia-Francia; soccorsi tempestivi hanno evitato la tragedia.
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Un migrante etiope si è perso durante un attraversamento clandestino tra Italia e Francia a Claviere, ma è stato salvato dai soccorsi in condizioni critiche, evitando una tragedia in una delle rotte montane più pericolose. - Gaeta.it

Nella notte tra il 25 e il 26 maggio 2025, un migrante di nazionalità etiope si è smarrito mentre cercava di attraversare clandestinamente il confine tra l’Italia e la Francia, nei pressi di Claviere. Il salvataggio, che ha coinvolto forze dell’ordine e soccorritori, ha evitato una tragedia che, purtroppo, non è rara in questa zona montana. I boschi tra Claviere e il Monginevro rappresentano una delle rotte più pericolose per chi tenta di entrare in territorio francese senza documenti.

La difficoltà del percorso e l’incidente notturno

Il migrante faceva parte di un gruppo, partito da Claviere, un varco molto utilizzato per attraversamenti illegali verso la Francia. Durante il cammino, però, il gruppo si è diviso e l’uomo etiope ha perso la traccia degli altri, smarrendo la strada. I boschi, fitti e scoscesi, si trovano in una zona montana che si estende tra Italia e Francia, caratterizzata da canaloni profondi, crepacci e sentieri impervi. Quesi rilievi, uniti alle condizioni meteorologiche avverse della notte, hanno reso impossibile per il migrante orientarsi e trovare una via di uscita. Quando i compagni si sono accorti della sua assenza, hanno immediatamente dato l’allarme temendo conseguenze peggiori, come incidenti o ipotermia.

L’attivazione dei soccorsi tra notte, freddo e territorio ostile

L’allarme è stato raccolto dai carabinieri e dal soccorso alpino, che hanno attivato un’operazione di ricerca in condizioni estremamente impegnative. La notte ha svuotato di visibilità la zona, mentre le temperature sono scese ben sotto lo zero. I soccorritori, supportati dal 118, hanno dovuto affrontare un ambiente montano complesso e accidentato, fatto di foreste fitte e rilievi pericolosi, dove spesso chi si perde rischia di rimanere intrappolato senza possibilità di chiamare aiuto. Dal 2020 a oggi decine di migranti hanno perso la vita proprio in questi boschi, vittime delle condizioni climatiche, della stanchezza e della conformazione del terreno.

Il salvataggio e le condizioni dell’uomo

Contrariamente a molte altre situazioni, l’uomo è stato individuato e soccorso prima che la situazione degenerasse. Era infreddolito e disorientato, ma in vita. È stato trasportato in codice verde all’ospedale di Susa per controlli e accertamenti, dove gli operatori sanitari hanno garantito cure tempestive per scongiurare ipotermia e altre complicazioni. Il tempismo e la prontezza dei soccorsi hanno fatto la differenza in questo caso, evitando di trasformare in tragedia un episodio già complicato di suo.

La rotta migratoria dai deserti alle montagne

Questa vicenda mette in luce una delle strade meno visibili e più dure che i migranti affrontano per cercare una nuova vita. La marcia, partita da luoghi lontani come l’Etiopia, attraversa paesi afflitti da guerre e povertà, passando per deserti, centri di detenzione in Libia e coste italiane. Il percorso finale prevede spesso un passaggio notturno tra boschi e montagne, dove la presenza delle autorità spinge i migranti a rischiare la vita oltre confine. Il tentativo, silenzioso e isolato, si svolge con mappe improvvisate, telefoni scarichi e un’instabilità che può diventare fatale.

Il ruolo delle istituzioni e della comunità locale

Le amministrazioni locali, le forze dell’ordine e i servizi di soccorso conoscono questa realtà da anni e organizzano regolari controlli e interventi nelle aree più a rischio. Ogni situazione coinvolge persone con una storia dietro, spesso segnata dalla disperazione e da scelte estreme. Al contempo, a dare sollievo e sostegno intervengono associazioni e volontari della zona. Le comunità alpine offrono rifugi temporanei e piccoli gesti concreti, come bevande calde e coperte, per aiutare chi supera la frontiera. Questi interventi rappresentano il cuore umano di un contesto segnato da disagio e difficoltà.

La vicenda di Claviere dimostra che i confini montani non sono solo barriere fisiche, ma teatro di conflitti umani nascosti alla vista. Il salvataggio dell’uomo etiope è una prova che anche in momenti di difficoltà estrema, è possibile intervenire in tempo e garantire sicurezza. La montagna, pur rischiosa, resta un attraversamento scelto da chi non ha alternative.

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