L’avvio della presidenza Trump ha causato notevoli turbolenze nei mercati finanziari, segnando una fase di instabilità e significative perdite. I primi cento giorni dall’insediamento hanno visto oscillazioni e scenari negativi che hanno cancellato miliardi di dollari dal mercato azionario statunitense, ponendo questa fase tra le peggiori nella storia recente.
Giornate di scambi a singhiozzo e cadute di valore nel mercato azionario
Nei primi cento giorni della presidenza Trump, i mercati hanno registrato 70 giornate caratterizzate da scambi altalenanti, con frequenti pause e riprese difficili. Su quelle, ben 32 giornate si sono chiuse con perdite diffuse, interrompendo un periodo di crescita stabile precedente. Questi andamenti hanno portato alla cancellazione di oltre 6.500 miliardi di dollari in valore di capitalizzazione di società quotate, un segnale evidente di nervosismo tra gli investitori.
L’indice S&P 500, parametro di riferimento per il mercato americano, ha sofferto una caduta del 7% in questo periodo. Questo calo in apertura di mandato presidenziale risulta il più profondo dopo quello di Gerald R. Ford, che salì alla presidenza nel 1974 in un mercato segnato da uno scandalo politico e crisi economiche annesse.
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Confronto con fasi storiche e contesto di partenza favorevole
Secondo il New York Times, la crisi vissuta durante i primi mesi di Trump supera per intensità quella registrata con l’esplosione della bolla tecnologica nei primi anni 2000. Va ricordato che, in quel caso, George W. Bush ereditò un contesto già segnato da un calo consistente. Al contrario, Trump ha preso in carico un’economia Usa in buona salute e mercati azionari che viaggiavano verso livelli record, dopo un lungo periodo di crescita.
Questa differenza rende ancora più sorprendente la rapida inversione di tendenza. Il movimento discendente è iniziato bruscamente poco dopo il 2 aprile, quando Trump ha annunciato l’introduzione di dazi commerciali. La notizia ha agitato i listini, aumentando la volatilità e accrescendo la cautela degli operatori.
Impatto della politica sui mercati e sviluppo della volatilità
L’annuncio dei dazi ha agitato i mercati globali, generando incertezza sugli effetti di possibili guerre commerciali. Nel breve termine, questa decisione ha causato picchi di volatilità mai visti da tempo; i listini hanno reagito in modo nervoso a ogni sviluppo successivo sulle politiche tariffarie.
Gli investitori hanno pesato le conseguenze sulle aziende esportatrici e su quelle dipendenti dalle catene di approvvigionamento internazionali. Nel dettaglio, il petrolio e alcune materie prime hanno subito fluttuazioni, insieme ai titoli di settore industriale e tecnologico. Il sentimento generale è diventato più prudente, i portafogli si sono spostati verso asset ritenuti più sicuri.
“Questo clima di incertezza ha inciso sulla serietà degli scambi e ha contribuito a mantenere alta la volatilità su uno dei mercati più significativi al mondo.” L’impatto si è sentito non solo a Wall Street ma anche tra gli investitori internazionali, preoccupati dai possibili effetti a cascata.
La situazione a quel punto ha posto seri interrogativi su come si sarebbe evoluta la politica economica nei mesi successivi e quali ripercussioni avrebbe avuto sui mercati finanziari globali. Gli operatori monitoravano con attenzione le mosse presidenziali, in attesa di segnali più chiari e di stabilità nei dati economici.