Meloni anticipa la posizione sui referendum del 8 e 9 giugno senza ritirare la scheda elettorale

Meloni anticipa la posizione sui referendum del 8 e 9 giugno senza ritirare la scheda elettorale

Giorgia Meloni annuncia che voterà ma non ritirerà le schede ai referendum dell’8 e 9 giugno, suscitando critiche da Giuseppe Conte, Riccardo Magi e Angelo Bonelli sul valore democratico del voto.
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Giorgia Meloni annuncia che voterà al referendum dell’8-9 giugno ma non ritirerà le schede, suscitando critiche dalle opposizioni che invitano alla piena partecipazione per difendere diritti e lavoro. - Gaeta.it

A pochi giorni dal voto referendario previsto per l’8 e 9 giugno, la presidente del consiglio Giorgia Meloni ha chiarito la sua intenzione di partecipare alle votazioni senza però ritirare le schede riferite ai 5 referendum in programma. Questa dichiarazione è arrivata il 2 giugno, durante le celebrazioni della festa della Repubblica a Roma, dopo la deposizione della corona d’alloro all’Altare della patria da parte del capo dello Stato. Le sue parole hanno subito suscitato reazioni politiche molto nette e contrastanti.

Come si posiziona Giorgia Meloni sul voto e il ritiro delle schede

Giorgia Meloni ha detto chiaramente che si recherà ai seggi per il voto ma, ha aggiunto, “non ritirerà la scheda”. Questo significa che pur entrando nel seggio, non parteciperà al voto sui referendum, esprimendo quindi una forma di astensione consapevole. Non è la prima volta che un politico assume una posizione di questo tipo, ma la sua dichiarazione arriva proprio nel giorno in cui si celebra la nascita della Repubblica italiana e il diritto di voto come esercizio fondamentale della democrazia. La scelta di Meloni ha un valore simbolico forte, perché avviene in un contesto solenne, davanti alle telecamere e ai cronisti.

I temi del disinteresse

Il messaggio di Meloni ha lasciato intendere un chiaro disinteresse rispetto ai contenuti referendari, che riguardano diritti dei lavoratori, sicurezza sul lavoro, e condizioni di precariato. La sua posizione apre infatti un dibattito profondo sul ruolo della maggioranza e sulla volontà politica di sostenere o meno queste tematiche. Nessun ritiro della scheda, dunque, significa una manifesta volontà di non favorire la vittoria dei quesiti referendari, che richiedono il raggiungimento di un quorum minimo per essere validi.

Le reazioni contro la posizione di Meloni

Le parole di Meloni hanno provocato un’immediata ondata di polemiche da parte delle forze di opposizione. Giuseppe Conte, presidente del Movimento 5 stelle, ha contestato duramente la decisione della premier attraverso un post social il 2 giugno. Conte ha definito vergognosa l’astensione suggerita da una figura istituzionale nel giorno dedicato alla Repubblica e al diritto di voto. Ha richiamato la storia di Teresa Mattei, più giovane eletta dell’assemblea costituente del 1946, che si batté per rendere reale l’uguaglianza e la libertà sancite dalla Carta. Conte ha ricordato come i lavoratori e i giovani precari subiscano ancora condizioni difficili, che i referendum mirano a migliorare. La sua richiesta è stata netta: piena partecipazione e voto per rafforzare tutele e diritti.

Le critiche dagli altri schieramenti

Dal fronte di +Europa, Riccardo Magi ha segnalato che non è possibile andare a votare senza ritirare le schede, sottolineando quindi che la posizione di Meloni equivale a incoraggiare l’astensione. Magi ha definito la dichiarazione “furba ma falsa” e ha sottolineato quanto sia destabilizzante un messaggio confuso in un giorno così simbolico, come il 2 giugno. Ha rivendicato la libertà degli elettori di esprimersi e ha invitato a votare sì, soprattutto sul referendum relativo alla cittadinanza, che sta particolarmente a cuore al suo movimento.

Anche Angelo Bonelli, parlamentare di Alleanza Verdi e Sinistra, ha espresso una dura critica. Bonelli ha accusato i vertici della maggioranza di sabotare il referendum con atteggiamenti di astensione strategica, facendo riferimento a precedenti atteggiamenti simili di altri membri del governo. Secondo lui tutto ciò è motivato dal timore di essere minoranza in un Paese che vorrebbe dare più diritti a lavoratori e persone che vivono in Italia da tempo senza cittadinanza. Bonelli ha rivolto un appello ai cittadini, soprattutto a quelli che solitamente non votano, esortandoli a partecipare e a opporsi all’indicazione di non votare che arriva da chi governa.

Il quadro politico e il referendum

Il voto dell’8 e 9 giugno riguarda cinque referendum importanti per il mondo del lavoro, la sicurezza nei luoghi di lavoro, la protezione contro il licenziamento e la cittadinanza per chi risiede in Italia da lungo tempo. Questi temi coinvolgono milioni di persone e sono al centro di un confronto che mette in gioco diritti fondamentali. Il quorum di partecipazione resta essenziale per la validità delle consultazioni, e i segnali politici che arrivano dalla maggioranza possono influenzare fortemente l’esito.

Astensione come strumento politico

L’astensione è stata usata spesso come strumento di contrasto ai referendum, ma la dichiarazione di Meloni, essendo il capo del governo, assume una valenza particolare. Arrivando proprio il 2 giugno, festa nazionale, la posizione rischia di far sembrare il tema referendario come una questione marginale. Con la maggioranza in difficoltà sui quesiti referendari, la tentazione di scoraggiare la partecipazione appare evidente.

Le opposizioni cercano di trasformare questo momento in un appello alla cittadinanza attiva, ricordando il valore democratico del voto e l’importanza di modificare alcune norme che inquinano il lavoro e la vita di tanti italiani. Il clima politico resta teso mentre ci si avvicina al voto, e gli occhi restano puntati sugli equilibri dentro Parlamento e sul risultato finale delle urne.

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